Il 12 maggio scorso, lo stesso giorno in cui è stata emessa la sentenza definitiva di condanna per 6 dirigenti della ThyssenKrupp, è improvvisamente mancato Luigi Mara, strenuo difensore della salute nei luoghi di lavoro (e non solo) e fondatore con Giulio Antonio Maccacaro, nel 1976 di Medicina Democratica.
Patrizia Gentilini Medico oncologo ed ematologo, membro di Isde e Medicina Democratica
Credo che il nome di Luigi Mara sia ignoto ai più e ricordo che lo stessa nome “Medicina Democratica” è stato commentato con ironia da più di un lettore.
Eppure proprio questa dizione “Medicina Democratica” e Luigi Mara, unitamente a Giulio Maccacaro, hanno segnato una svolta culturale e scientifica degli stessi concetti di “Medicina e Salute”, svolta che non è esagerato definire epocale, iniziata negli anni 60 e proseguita negli anni 70, fino alla approvazione della riforma sanitaria del 1978. Era il tempo dei movimenti che anteponevano la dizione democratica proprio per sancire una differenza dalle associazioni “tradizionali” (Magistratura Democratica, Psichiatria Democratica ecc).
Luigi Mara era stato vittima di un grave incidente sul lavoro che gli aveva procurato la perdita di entrambe le braccia e da allora aveva rivolto tutta la sua attenzione verso la sicurezza sui luoghi di lavoro occupandosi in modo approfondito delle condizioni operaie, della prevenzione dei rischi, delle nocività e dell’inquinamento ambientale.
Alla fine degli anni 60, insieme ad altri lavoratori aveva dato vita al “Gruppo di Prevenzione ed Igiene Ambientale” del consiglio di fabbrica della Montedison di Castellanza, una vera e propria fucina di idee, in cui i concetti di Medicina e Salute avevano acquisito una diversa valenza, non erano più patrimonio esclusivo degli addetti ai lavori, ma patrimonio condiviso e costruito anche con coloro che nella fabbrica lavoravano, conoscendone in dettaglio fasi e cicli produttivi.
Proprio questo concetto di “saperi condivisi” è riassunto nell’aggettivo “democratico”: la salute non era più un bene da delegare all’”accademi”, ma un bene che si costruiva dal basso, innanzitutto con la prevenzione e che doveva vedere l’integrazione fra le diverse competenze: dall’operaio, al medico, al cittadino. Solo così si poteva garantire il realizzarsi di condizioni idonee a tutelare la salute non solo all’interno della fabbrica ma anche fuori, perché le sostanze tossiche non cessano di essere tali una volta uscite dai confini della fabbrica stessa.
Sono passati esattamente 40 anni da quando queste idee si facevano strada e trovavano un ampio consenso nella società civile ed anche in buona parte del mondo scientifico e davvero stringe il cuore nel vedere come questo patrimonio oggi – in un mondo pericolosamente frammentato e sprezzante dei più elementari diritti – si sia apparentemente disperso quasi fossero passati anni luce!
Luigi Mara era persona rigorosa e ineccepibile sotto il profilo scientifico e nel contempo severa nel denunciare, al pari di Lorenzo Tomatis, le tante ambiguità di una “scienza” che trincerandosi dietro una pretesa neutralità, di fatto spesso negava il riconoscimento della tossicità delle sostanze o della pericolosità dei processi produttivi, rimandando l’adozione di misure atte a tutelare la salute, come ormai purtroppo sistematicamente emerge dalla cronaca quotidiana.
Luigi Mara è stato un difensore strenuo ed instancabile del diritto alla salute, diritto che non può essere mai barattato con il diritto al lavoro ed è stato testimone attivo in tutti i più importanti processi che si sono svolti nel nostro paese in cui Medicina Democratica si è sempre costituita parte civile, senza accettare mai transazioni o accordi di alcun tipo, pur di far emergere le responsabilità arrivando molto spesso a sentenze storiche, quale quella della ThyssenKrupp appena ricordata per affermare che la mancata prevenzione è un crimine.
Luigi era una figura alta, seria, imponente che trasmetteva una sensazione profonda di forza, mi piace paragonarlo ad un ulivo o una quercia secolare che nella tortuosità del loro tronco conservano la memoria delle tante vicissitudine della vita, eppure in grado di continuare a dare riparo a tante forme di vita con la frescura delle loro fronde.
Caro Luigi, il vuoto che hai lasciato è immenso, perché unica – e temo irripetibile – è stata la coerente testimonianza di tutta la tua vita: spero che almeno tutti noi che abbiamo goduto della tua amicizia sappiamo mantenere e consolidare il tuo insegnamento e il tuo esempio.
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