lunedì 8 febbraio 2016

Roma, mai fare indispettire i costruttori.







Tra varianti e Olimpiadi è sempre il mattone che governa, e Marino l’ha capito troppo tardi. Per anni milioni di metri cubi sono piovuti nelle periferie con il meccanismo delle compensazioni. Bloccarle è difficile, e se ci provi ti fanno la guerra.

L'Espresso Luca Sappino
Roma, mai fare indispettire i costruttoriMai fare indispettire i costruttori, è la regola. Un po’ ovunque, ma soprattutto a Roma. L’ha capito a sue spese anche Ignazio Marino che, fuori tempo massimo, già defenestrato, proprio in una questione urbanistica aveva individuato una delle ragioni della fine della sua esperienza amministrativa. «A far traboccare il vaso e dunque a prendere la decisione di cacciare il sindaco eletto democraticamente dai romani», ha detto a Andrea Carugati in una recente intervista sull’ Huffingtonpost , «ha contribuito in modo pesante il fatto che io mi sia opposto all’idea di Giovanni Malagò e di Luca di Montezemolo di realizzare il villaggio olimpico in un’area verde di Tor Vergata». Nel caso specifico - almeno secondo Marino e secondo il suo assessore all’Urbanistica, il professore Giovanni Caudo - sarebbero così spiegati gli attriti con Renzi - che sposa la linea di Malagò - e con i Caltagirone, che hanno fatto la guerra all’ex giunta, con il Messaggero, anche sull’affare del nuovo stadio della Roma, previsto da Marino su aree e progetti di un altro costruttore, Parnasi.
Secondo Marino il progetto olimpico su cui stava lavorando la sua giunta non rispondeva ai desiderata del comitato e del Coni. Malagò e Montezemolo, infatti, (come racconta anche l’inchiesta sul numero in edicola dell’Espresso) vogliono che il più delle strutture siano realizzate a Tor Vergata, nell’area dell’Università, dove c’è l’incompiuta delle Vele di Calatrava. Perché l’idea piace a Caltagirone? Perché la Vianini vanta un contratto preferenziale con la seconda università della Capitale. Marino e l’assessore Giovanni Caudo, invece, erano più orientati su un’area a nord, tra la via Flaminia e la Salaria, lungo il Tevere, a poca distanza dallo Stadio Olimpico e dal Foro Italico, dove si assegnano 139 delle quasi 300 medaglie olimpiche. Solo 17 invece sarebbero a Tor Vergata. In più le nuove cubature non sarebbero diventati appartamenti, né studentati, ma avrebbero - sempre nei sogni di Marino - dovuto ospitare la cittadella giudiziaria di Roma, riunendo i tribunali che oggi caratterizzano il quartiere Prati.


Ma nei giorni dello “scandalo” affittopoli («Il commissario di palazzo Chigi è astuto, ma i dati li ho messi io online a marzo scorso», rivendica ancora Marino, intervistato da Repubblica.it), è forse utile ricordare un’altra delle partite fondamentali del mattone romano: lo potremmo chiamare il gioco dei cubi, un gioco bellissimo e molto redditizio, almeno in termini di muri tirati su e cemento gettato per terra. Meno, invece - ma pare non esser poi importante - in termini di reale vendita degli immobili che restano spesso e volentieri vuoti, come è possibile notare con un semplice giro in macchina sul raccordo anulare “ammirando” il panorama.

La parola chiave del gioco è compensazione. Se tenere buoni rapporti con tutti i costruttori, spesso in guerra tra loro, è difficile, l’unica norma che li aveva messi tutti d’accordo era infatti quella inserita nel piano regolatore approvato come ultimo atto della giunta Veltroni, il controverso strumento delle compensazioni. In sostanza, finalmente approvato il piano regolatore nel 2008, chi vantava cubature in aree che si è stabilito dovessero invece essere destinate a verde, poteva spostarle altrove. Per pari valore, però, con il risultato che se spostati in periferia i metri cubi aumentano.

Caso che fa ancora molto discutere è quello del parco di Tor Marancia, un lembo di quello dell’Appia Antica, istituito acquisendo 24 diverse proprietà. Le cubature sono andate a finire un po’ ovunque (dall’Olgiata, 120mila metri cubi, alla Magliana, 650mila), e anche però proprio a dieci metri dal nuovo parco, con l’intervento di Grottaperfetta, noto in città come I-60. Lì ai 180mila metri cubi previsti dal piano regolatore del 1962, se ne sommano così altri 220mila. E mentre i lavori per le palazzine stanno andando avanti, però, quelli per la realizzazione del parco, a cui le compensazione erano in parte vincolate, sono fermi per l’intervento della magistratura. Cantieri sotto sequestro per supposti danni ambientali, per lavori - un parcheggio, un parco giochi, le fognature - non effettuati con l’attenzione che alberature e reperti archeologici avrebbero meritato. E se Marino sulle compensazioni è stato più cauto dei predecessori, i costruttori coinvolti sono grandi e piccoli, Gianni, Bonifaci, e ancora Parnasi (con il progetto Pisana Estensi, questo andato avanti).

Per capire l’entità del fenomeno, ancora da compensare, in giro per la città, ci sono tre milioni e mezzo di metri cubi. Che si sommano ai 6 milioni e 400mila metri cubi già compensati - e dovevano essere quattro milioni in tutto. Perché il numero è lievitato così? Perché per anni i costruttori hanno presentato progetti di recupero delle cubature in aree sempre più periferiche: lì il valore a metro quadro scende e la cubatura dunque schizza. Delle 84 pratiche, più di 60 sono state approvate con voti rigorosamente bipartisan, sotto l’amministrazione Alemanno. Per le restanti, bloccare il meccanismo è molto difficile, anzi è impossibile: bisognerebbe risarcire economicamente le cubature e sarebbe un salasso.

Quello che si può fare è dire no alle aree più esterne - i cui oneri concessori non bastano per fornire i servizi, gravando così sul Comune - e spostare le cubature verso la città costruita, dove servono meno servizi e le cubature calano. In parte è stato il principio applicato dalla giunta Marino ad esempio nel caso di Piccola Palocco, area verde, la cui storia è finita anche in parlamento, con un’interrogazione rimasta senza risposta. Il progetto era andato avanti e Alemanno aveva approvato la variante voluta dai costruttori che cambiava la destinazione dei terreni da “verde privato attrezzato” a “tessuto prevalentemente residenziale”. A luglio 2015 è arrivato lo stop definitivo, e le cubature dovranno andare lì dove creano meno problemi. Ma non contenti sono però i proponenti, tra cui c’è questa volta la Cogei della famiglia Petrassi.

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