contropiano sergio cararo
Toglietevi
dalla schiena la scimmia della sconfitta. E’ questo che vogliamo dire,
in questo scorcio di fine anno, alle tante e ai tanti che ormai si
accontentano del troppo poco.
E
lo diciamo sulla base delle tante conversazioni avute in piazza San
Giovanni, sabato scorso, con tanti soggetti di quel popolo della
sinistra, sui quali sembra aver funzionato in profondità quel senso di
sconfitta che ci ha portato a parlare di generazione perduta.
A tanti in piazza abbiamo chiesto. Ma sei mai stato ministro o sottosegretario? “No”.
Sei mai stata deputata o senatore? “No”.
Sindaco o consigliera comunale? “No”.
Hai
mai approvato o fatto approvare quelle misure antipopolari e ipocrite
che hanno spezzato in mille punti la connessione tra partiti della
sinistra e settori popolari? “No”.
Sei stato un dirigente sindacale che ha sottoscritto accordi-bidone che hanno danneggiato i lavoratori? “No”.
E
allora perché caricarsi sulle spalle, quasi a voler espiare una pena,
delle responsabilità non proprie e adagiarsi in questa demoralizzazione
che porta ad accettare il niente o il “meno peggio” come la migliore
soluzione possibile?
Certo
la nostra gente ha visto peggiorare la propria condizione, i propri
diritti, viviamo una regressione complessiva sul piano sociale e civile,
ma separiamo le responsabilità e guardiamo con autonomia di giudizio a
quello che ci aspetta e ci si para davanti.
Cacciare
via dalla schiena la scimmia della sconfitta è il primo passo che va
fatto, individualmente e collettivamente, per ritrovare oggi le ragioni
del riscatto sociale, del conflitto e della rimessa in campo
dell’ipotesi del cambiamento di fronte alla miseria che il sistema
dominante mette a disposizione oggi.
In secondo luogo occorre cominciare a sbaraccare lo scetticismo che l’avversario di classe e i suoi agenti di influenza
tra le nostre file hanno disseminato a piene mani in questi anni,
ostacolando, ridicolizzando, ignorando, sbeffeggiando ogni ipotesi di
ricomposizione sul piano politico e del conflitto di classe.
In terzo luogo
occorre cominciare ad lavorare sul recupero di’autostima della nostra
gente, dei settori popolari disgregati e incattiviti da crisi e
impoverimento. Un popolo che non ha stima delle proprie capacità di
riscatto o viene strumentalizzato dalla destra, oppure marginalizzato – e
disprezzato – dai ceti medi “riflessivi, progressisti, perbenisti e
liberali” fino ad esserne totalmente depotenziato sul piano politico,
elettorale, ideologico, di classe.
Infine, ma non per importanza,
occorre bastonare ogni tentativo di trasferire la scimmia della
sconfitta sulle spalle delle nuove generazioni politiche. Su chi oggi ha
meno di trent’anni, che questa scimmia non la conosce e, giustamente,
non ne vuole sentir parlare.
Le
nuove generazioni politiche sono nate e stanno crescendo dentro la
crisi. Non hanno mai visto periodi di “crescita”, vedono il loro futuro
peggiore del passato dei propri padri. Le illusioni ancora oggi diffuse a
piene mani dal capitalismo non reggono al confronto con la realtà messa
a disposizione dal sistema dominante. Hanno obiettivamente una spinta al conflitto più forte di chi pensa di averne già viste troppe.
I diffusori del senso di sconfitta, anziché spingerle in avanti, cercano di socializzare i propri fallimenti rendendo immutabile l’orizzonte.
Anzi, adattandolo alla logica del meno peggio e del “niente come se
fosse qualcosa”. In questo modo si rimuove e si affossa ogni spinta alla
rottura e al cambiamento.
Le nuove generazioni politiche hanno il diritto e il dovere di tenere a distanza i portatori di scimmia,
di separare con rigore la messa a disposizione di esperienze di lotta
contro i tentativi di cooptazione nel “senso comune” dell’immutabilità
del presente.
Se
e quando ci fosse la necessità di sbarrare la strada ai fascisti, è
ovvio che serviranno energie diverse da quelle più “logorate”. Ma se
queste saranno fianco a fianco se ne ricaverà un senso di sicurezza
comune assai più esteso ed efficace del populismo “buonista” diffuso a
piene mani negli ultimi venti anni.
Se
e quando proveranno di nuovo a metterci davanti il meno peggio o il
nulla come male minore a causa delle “sconfitte” precedenti, sarà bene
respingere questo ricatto che ha portato al posto di comando i Prodi, i
Monti, i Renzi, i Conte, i tecnocrati e la grande borghesia italiana ed
europea, e sempre e solo per la paura di Berlusconi prima e dei Salvini
poi (che comunque al governo ci sono stati, e a lungo). Per far questo
hanno inventato le Sardine.
Un ricatto eterno e ripetuto come un inganno.
Quell’aria
di sconfitta che porta ad accontentarsi del poco e del pochissimo
(tanta gente insieme, ma senza un vero scopo comune, come ad un
“evento”) respirata tra la “generazione perduta” vista in piazza San Giovanni sabato,
o nelle piazze di varie altre città, occorre cominciare a scrollarsela
di dosso. A meno di non volerla usare come giustificazione per un
prossimo passaggio ad altro campo ed altre idee.
Ce
ne sono molti già disponibili a “liberarsi” di questo fardello e
passare di campo. E non rinunceremo né a un giorno né a una riga del
giornale per dar loro una mano a togliersi di torno, ma tra costoro e le
nuove generazioni politiche occorre erigere una “barriera di
sicurezza”. Prima si getta via la scimmia, si torna a guardare questo
paese e il mondo con occhi diversi ed a respirare con la dignità di chi
ha lottato e continua a farlo, meglio è per tutti, per i giovani e meno
giovani che nelle piazze sono di casa, da sempre.
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