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(Tommaso Merlo) – La mummia berlusconiana è ormai marrone ma emette ancora suoni. L’hanno tirata fuori dal sarcofago perché si vocifera di mettere in galera i grandi evasori. Si è sentito in dovere di difendere la sua categoria. Lui ha rubato centinaia di milioni di euro allo stato che dirigeva e non si è fatto neanche mezza giornata in galera. Vorrebbe congedarsi con la certezza di aver fottuto il prossimo in aeternum. Lui è una vittima, già, della giustizia, altro che delinquente recidivo. La mummia emette ancora suoni, peccato che le sue funzioni cerebrali siano ferme agli anni novanta. Dal palco del rinato centrodestra a trazione salviniana, la salma si vanta dei disastri che ha combinato quando faceva finta di governare e dei processi a cui è scampato. Mentre lui era impegnato a scappare dalla galera, il paese stava finendo nel baratro. Quello finanziario ma soprattutto quello delinquenziale. Evasori, mafiosi, massoni, perfino la categoria dei papponi e dei puttanieri con la salma al potere ha vissuto una stagione gloriosa. Una sorta di Rinascimento del malaffare e della gnocca. Il pubblico di Piazza San Giovanni è in gran parte leghista e ascolta la salma con un misto di nausea e compassione. Pensavano anche loro di essersela levata di torno, pensavano che il loro Capitone volesse davvero il cambiamento ed invece si ritrovano impantanati nel vecchio centrodestra schiacciati tra la rediviva mummia e i fascisti guidati da quel fenomeno umoristico della Meloni che come cabarettista ha un indubbio talento. Scrive delle battute efficaci e le recita con maestria.
Toni, tempi, facce da commediante di razza. Talento che la Meloni ama esibire. Appena vede un palco ci monta sopra a dar spettacolo. E’ in parlamento che non la si vede neanche col binocolo. Invece di fare quello per cui è pagata, la Meloni sta a casa in pantofole a scrivere i suoi testi e fare le prove davanti allo specchio. Già, a spese del contribuente. Ma per ora la Meloni deve accontentarsi di fare la spalla del protagonista indiscusso della resurrezione del vecchio centrodestra. Quel genio politico e strategico di Salvini che a Piazza San Giovanni si esibisce nel suo tradizionale assolo di rutti. Sonorità e atmosfere che ormai più che schifare annoiano a morte. Salvini è politicamente fermo. Si era spacciato come il paladino del cambiamento populista, come la novità politica continentale e si ritrova a fianco della mummia di Arcore e dei meloni fascistoidi a ruttare sempre le stesse cose. Ma con Salvini è così, non conta quello che rutta, conta quello che non rutta. Gli italiani stanno ancora aspettando la verità sulla crisi e sulle sue ambizioni putiniane. Stanno ancora aspettando la verità sullo scandalo russo e di sapere cosa ne sarà del sovranismo nero che doveva conquistare l’Europa a furia di sputare sui negri baciando il rosario. Ed invece appare sempre di più come un nascondere la testa sotto la sabbia lasciando fuori il sedere. A Firenze intanto Renzi ha scelto il logo del Vagisil per il suo nuovo fans club. Un tempo c’era lui nel gelido cuore della mummia di Arcore, oggi ci torna Salvini. All’insegna del vecchio e penoso centrodestra.
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