giovedì 23 maggio 2019

Salario minimo contro lavoro povero. I piedi nel piatto

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L’introduzione del salario minimo per legge provocherebbe lo spostamento di 10,8 miliardi di redditi dal capitale alla platea dei lavoratori.
Questa sarebbe una cifra in grado di incidere sulla questione salariale (e su quella dei bassi e bassissimi salari, ndr) che in Italia viene segnalata come cruciale ormai da tutti gli organismi internazionali, inclusa la Bce.
In questo modo si spingerebbero i consumi, crescerebbe la domanda aggregata e l’Italia tornerebbe a crescere.
È questo in sintesi il ragionamento fatto dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico al convegno organizzato dall’Unione Sindacale di Base su “Salario minimo contro lavoro povero”.


Nel suo intervento Tridico ha parlato anche della necessità di riduzione dell’orario di lavoro come leva per intervenire sui livelli di occupazione. Le imprese hanno investito poco perché hanno potuto agire tenendo bassi i salari. Quando sindacati e lavoratori spingono sui salari le imprese sono invece costrette a innovare e quindi a ridurre l’occupazione sostituendola con l’automazione. A questo punto l’unica soluzione per tenere il sistema diventa la riduzione dell’orario di lavoro che lo redistribuisce in una platea di lavoratori che a quel punto verrebbe ridotta dall’innovazione.

Il convegno, in una sala gremita, era stato aperto da una relazione di Guido Lutrario, seguita dalle relazioni di Viviana Ruggeri (Usb) e Carlo Guglielmi (Forum Diritti Lavoro) che hanno ribadito il sì convinto dell’organizzazione sindacale all’introduzione del salario minimo per legge fissato a 9 euro e il no all’accordo sulla rappresentanza sindacale del 10 gennaio 2014.
Il presidente dell’Inps ha ricordato come dalla fine degli anni Ottanta a oggi, sulla quota redditi del Pil, i salari siano scesi dal 64% al 53%. Una cifra decisamente rilevante e indicativa a nostro avviso. Con l’accordo sindacati-governo-imprese del 1993, la contrattazione salariale si è spostata sempre più su quella decentrata che su solidi parametri nazionali, e lì è iniziato il calvario che tutti conosciamo. Il salario minimo per legge dunque è diventata una necessità indifferibile, la barriera in grado di fermare la corsa al ribasso dei salari, l’arma per uscire da una situazione nazionale in cui i lavoratori poveri aumentano senza soluzione di continuità mentre Cgil Cisl Uil scelgono di occuparsi di altro: cioè concertare con Confindustria, difendere le loro posizioni di rendita, sbarrare la strada alle organizzazioni conflittuali come USB attraverso leggi blindate sulla rappresentanza sindacale democratica nei luoghi di lavoro.
Un salario minimo a 9 euro è ovviamente una base di partenza, che va accompagnata da altri provvedimenti come il limite al part time involontario non inferiore a 30 ore settimanali; i contratti a tempo determinato non inferiori a un anno; i controlli e sanzioni alle aziende che non rispettano i limiti di legge e praticano la discriminazione salariale sulla base di genere, etnia ed età.
Non da ultimo, Giorgio Cremaschi ha sottolineato come sia indispensabile che il salario minimo sia legato a un nuovo sistema di indicizzazione automatico che faccia scattare aumenti in stretta correlazione con gli aumenti del costo della vita.

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