Sui
gravi fatti avvenuti a Casalbruciato abbiamo avuto la conferma che
dentro le tensioni e i conflitti sociali nel nostro paese, l’Arma dei
Carabinieri sta giocando una partita in proprio e con obiettivi mirati
piuttosto evidenti.
Cominciamo
dagli ultimi eventi e andiamo a ritroso. Su quanto avvenuto a
Casalbruciato (e prima ancora a Torre Maura), la magistratura romana ha
chiesto una relazione alla Digos e alla Polizia di Stato. Questa ha
individuato alcuni nomi di fascisti di Casa Pound e Forza Nuova (spesso
gli stessi) sia nell’assedio al centro che doveva ospitare i rom a Torre
Maura sia nella gazzarra contro una famiglia rom a cui era stata
assegnata una casa popolare a Casalbruciato.
I
fatti sono noti, fotografati, ripresi in decine di video (e non solo
quelli ufficiali delle forze dell’ordine). Eppure la magistratura di
Roma si è trovata davanti ad una “anomalia” che ha suscitato qualche
irritazione. ma che dovrebbe suscitare molti, inquietanti,
interrogativi.
Ad
aver colpito di più gli inquirenti è stato il fatto che oltre alle
informative attese da giorni da parte di Digos e commissariato di zona,
c’è stata, autonomamente,
anche un’altra informativa: questa volta da parte dei Carabinieri (che,
almeno in divisa, non risultavano presenti a Casalbruciato).
Un’informativa con nomi e cognomi, ma dedicata esclusivamente al comportamento dei militanti di sinistra presenti
in piazza a Casal Bruciato: 16 gli identificati per un sit-in
autorizzato in piazza ma che, questa è l’accusa, avrebbero tentato di
muoversi in corteo. Quest’ultimo, però, alla fine era stato autorizzato.
C’era stato solo un tentativo di fare pressione per far partire il
corteo prima possibile, ma nulla di straordinario, almeno da quanto
segnalato dalla Polizia di Stato e Digos.
I
Carabinieri, invece ed in incognito, hanno puntato i loro riflettori
solo sui militanti della sinistra presenti in piazza. Non solo. Hanno
immediatamente e autonomamente fornito la lista non al
loro ministro di competenza (Difesa) per la trasmissione formale, ma
direttamente ad un ministro non di loro competenza (Interni) per
consentire a Salvini di rispondere al question time alla
Camera rispolverando l’antica tesi degli “opposti estremismi”, mettendo
sostanzialmente sullo stesso piano le aggressioni fasciste alle
famiglie rom a Torre Maura e Casalbruciato (tese ad impedire insediamenti legalmente disposti dall’amministrazione locale) e la presenza in piazza degli antifascisti.
Fin qui potremmo dire che siamo in presenza di una procedura politica consueta, ma con una modalità investigativa anomala da parte dei Carabinieri (evidenziata persino da due articoli su La Repubblica e il Corriere della Sera),
la quale sembra aver creato qualche imbarazzo e irritazione tra i
magistrati che hanno aperto le indagini sui fatti di Casalbruciato che,
secondo le leggi dello Stato, sono i titolari delle inchieste. Ma
l’informativa dei Carabinieri sarebbe arrivata a prima a Salvini e solo dopo ai magistrati.
Alcuni
giornali riferiscono che il giorno dopo, il procuratore aggiunto
Francesco Caporale e il pm Eugenio Albamonte, una volta compreso
l’accaduto, hanno deciso di avviare tutte le indagini, ma non senza
manifestare anche irritazione e stupore nei confronti dei Carabinieri.
L’informativa
di questi ultimi arrivata agli inquirenti, infatti, non cita nessuno
dei gravi episodi avvenuti a Casal Bruciato – né la madre rom con la
bambina in braccio minacciata, né il presidio dei fascisti per impedire a
legittimi assegnatari di entrare nell’alloggio popolare – ma si
concentra solo sui militanti di sinistra. E, per di più, solo di questa
informativa è stata data notizia al ministro dell’Interno, direttamente
dal comando provinciale dei Carabinieri. Un po’ troppi passaggi
“anomali” per poter parlare di un banale “disguido”…
Le “attenzioni” dei Carabinieri verso la Rete dei Comunisti
Come
mai questo accanimento “mirato” dei Carabinieri verso i militanti di
sinistra presenti a Casalbruciato per contrastare i fascisti?
Alcuni
indizi e diverse conferme dicono che da tempo i Carabinieri hanno
aperto un fascicolo di inchiesta sull’area politica che fa riferimento
alla Rete dei Comunisti. Come noto, Casalbruciato è il quartiere da cui questa esperienza trae le sue origini, mantenendovi una presenza politica storica e consolidata.
Non sfugge il fatto che, tra il luglio 2018 e il maggio 2019, i fascisti per ben tre volte (due delle quali su “imbeccata” di complici nelle
istituzioni) abbiano cercato di penetrare nel quartiere, sempre
rintuzzati – con maggiore o minore efficacia – ma indubbiamente mai “a
costo zero”. Un segnale che merita la dovuta attenzione sulle mai
esaurite connessioni tra fascisti e alcuni “corpi separati” istituzionali.
Così come lo merita il recente accanimento verso il centro sociale Intifada, anch’esso a
Casalbruciato, per una festa antiproibizionista – la prima! – alla
vigilia della Million March. Iniziative simili sono notoriamente assai
diffuse – e da molto tempo – in moltissimi centri sociali (e non solo)
di tutta Italia.
Ma
prima ancora ci sono stati altri episodi che hanno visto protagonisti i
Carabinieri (non la Digos). I giovanissimi studenti dell’Osa, per
esempio, da mesi vengono “marcati a uomo” dai Carabinieri, con fermi e identificazioni anche per iniziative banali come l’affissione di uno striscione; tra le domande agli studenti fermati molte vertono proprio sulla Rete dei Comunisti.
Da qui la domanda: ma cosa vogliono i Carabinieri dalla Rete dei Comunisti?
Delle
due l’una. Se vogliono costruire a tavolino una montatura tesa a
criminalizzare una esperienza politica pubblica, nota, attiva da venti
anni, è bene che sappiano che a manipolare i fatti si rischia il
classico “granchio” (la memoria non può che andare alla clamorosa e fallimentare montatura contro Iniziativa Comunista nel 2001).
Se invece intendono condurre una operazione di “monitoraggio
informativo” sui militanti e i simpatizzanti della Rete dei Comunisti,
possono anche rinunciare a iniziative intimidatorie verso i più giovani o
ad operazioni palesemente strumentali come quella di Casalbruciato.
I
militanti della RdC sono noti, pubblici, lottano da sempre a viso
aperto e volto scoperto, lo fanno da molti anni e le responsabilità
della loro attività politica se le sono assunte sistematicamente. Lo
diciamo chiaro e forte, oggi e a futura memoria.
21 maggio 2019
Rete dei Comunisti
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