venerdì 24 maggio 2019

Note su “Psicologia di massa del fascismo” di Wilhelm Reich

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Una premessa
0.0. Sono qui raccolte alcune considerazioni a margine della redazione del blog “Psicologia di massa del fascismo” (https://psicologiadimassadelfascismo.wordpress.com/) il cui scopo è introdurre ed invitare alla lettura del libro di Wilhelm Reich, di cui viene utilizzata l’edizione Einaudi-PBE, del 2002, traduzione di Furio Belfiore e Annelise Wolf .
0.1. Libro più citato che studiato, scritto a ridosso dell’avvento del nazismo in Germania (1933) e profondamente rielaborato, in occasione dell’edizione in lingua inglese, negli anni intorno alla fine della seconda guerra mondiale (1942-1946).
La pubblicazione del libro valse all’autore numerosi riconoscimenti, alcuni prevedibili altri decisamente funesti per chi li espresse ancor più di chi li subì:
– i nazisti mandarono il libro al rogo e costrinsero Reich all’esilio;
– la Società Internazionale di Psicoanalisi espulse Reich (che ne era uno dei massimi rappresentanti) diffamandolo in tutto il mondo come pazzo;
– il Partito Comunista Tedesco (KPD) espulse Reich e le sue opere vennero bandite in URSS con l’accusa di “freudianesimo“, ovvero di “idealismo piccolo-borghese“.
– infine, un tribunale americano ordinò la distruzione di tutte le copie come frode pseudoscientifica.
Tutte accuse, lo si capisce, oltremodo ingiuriose, che consegnarono l’opera a scaffali polverosi fino all’esplosione rivoluzionaria del ’68, quando il tema della liberazione sessuale attraversò i movimenti studenteschi e giovanili, senza trovare però più di tanto interesse nei teorici della “nuova sinistra”.

0.2. Oggi, l’interesse per Reich è confinato in ambienti “new-age”, che speculano con toni misticheggianti sulle intuizioni visionarie dei suoi ultimi anni (energia orgonica e sue sperimentazioni tecnologiche, superimposizione cosmica, ecc.) o in relativamente ristrette cerchie psicoterapeutiche e naturopatiche, per lo più condizionate dall’approccio “riduzionistico” di Alexander Lowen (a cui vanno comunque riconosciuti numerosi meriti nella diffusione e nella sperimentazione di validi strumenti terapeutici).
0.3. Rimane in ombra il valore politico e filosofico della ricerca di Reich, la cui attualità è tragicamente confermata dal riemergere di movimenti fascisti in tutto il mondo. In particolare, che simili movimenti riemergano con virulenza in paesi che appartenevano all’Unione Sovietica od erano suoi alleati, conferma l’analisi di Reich sul “fascismo rosso” e sulla necessità di arricchire il materialismo dialettico attraverso l’analisi critica delle ricerche scientifiche in ambito psicologico ed antropologico.
0.4. Accanto alle citazioni da Psicologia di massa del fascismo ed altri scritti di Reich, nella categoria “altri autori” sono compresi scritti su Reich e scritti sul fascismo di orientamento affine.
Le mie riflessioni sono raggruppate nella categoria “commentari al fascismo“.
1. Politicanti
1.0. Il rapporto di Reich con le organizzazioni politiche fu, come è noto, assai tormentato. Ne conseguì una radicale critica della politica in toto, a cui però Reich non seppe dare altra alternativa che una generica “democrazia del lavoro“, fondata sulla naturale socialità umana, sulla funzionale cooperazione lavorativa, sulla razionalità della scienza. Fondamenti utili a non chiudersi in un totale pessimismo ma di ben scarsa efficacia contro l’isolamento decretato, con significativa convergenza, dai partiti di ispirazione marxista e dalla Società psicanalitica.
Durante l’esilio americano, nonostante boicottaggi e diffamazioni, Reich potette godere di un lungo periodo di tranquillità, in cui sviluppare le sue ricerche, l’attività terapeutica, i suoi laboratori, da qui una fiducia (non certo acritica) verso il sistema politico statunitense che gli si rivelò fatale.
Durante la lunga rielaborazione della Psicologia di massa del fascismo, la critica reichiana alla politica si sviluppa su più strati, che possono generare letture a prima vista contraddittorie, occorre dunque procedere con cautela.
1.1. Di fronte al fallimento dei partiti di ispirazione marxista, incapaci di impedire l’avvento del fascismo, Reich individua con precisione il punto archimedeo che manca alla rivoluzione sociale e su cui si fonda la reazione fascista: la morale sessuale coercitiva.
Il funzionalismo orgonomico si presenta costantemente nelle sue opere come un arricchimento del materialismo dialettico e non manca mai di tributare Marx, Engels e Lenin come maestri predecessori, verso cui non muove mai le critiche radicali che rivolge allo stesso Freud.
Al marxismo manca qualcosa che l’applicazione del materialismo dialettico alle scoperte della psicologia e dell’antropologia (Freud e Malinowski) può integrare. Viceversa, il misticismo fascista eredita millenni di sessuofobia patriarcale e li mette al massimo profitto.
Di fronte all’ostracismo più totale decretato da tutti gli ambiti del marxismo ufficiale, Reich non avanza la pretesa di sostenere il marxismo “autentico”, non aderisce neppure alle frazioni minoritarie trotskiste o consiliariste (con cui pure si può rilevare una maggiore sintonia) ma opta per un abbandono formale del gergo marxista, mantenendo il nucleo della critica allo stato di cose presenti.
1.2. Lo Stato borghese deve essere abbattuto e sostituito con la dittatura proletaria, che crei le condizioni per l’autogoverno. In questo, Reich segue rigorosamente il pensiero di Engels e Lenin e la loro critica all’anarchismo ed alla socialdemocrazia.
La critica alla costruzione dello Stato socialista in URSS merita una trattazione a sé, basti per ora sottolineare che non è tanto agli arretramenti imposti dalla situazione oggettiva che Reich rivolge la sua critica, quanto al fatto che un arretramento venga presentato come un avanzamento.
1.3.  La critica alla democrazia rappresentativa, al liberalismo politico, alla stessa “libertà di opinione”, è drastica: in questo ambito ha potuto crescere e vincere il fascismo “in modo perfettamente legale“, segno che qualche cosa deve essere sbagliato concettualmente.
1.4. Ecco quindi che la politica si rivela come menzogna arbitraria, quintessenza della peste emozionale, che deve essere abolita con lo Stato. Il politicante non è altro che un parassita nocivo, indipendentemente dalla bandiera sotto cui si nasconde: se la bandiera è rossa, non avremo altro che un fascista rosso.
1.5. A 70 anni di distanza, non si può che rilevare come le previsioni più pessimistiche di Reich si siano rivelate implacabilmente esatte, mentre la flebile speranza nella “democrazia del lavoro” sia rimasta un auspicio.
Ogni futuro movimento di liberazione, se vorrà ottenere dei risultati, non potrà prescindere dall’affrontare questo problema, liberandosi in primo luogo dai politicanti.
2. Il nostro fascismo quotidiano
2.0. Dunque, le ipotesi più pessimiste prefigurate in Psicologia di massa del fascismo si sono avverate: il fascismo è presente ed egemone internazionalmente.
Questo è vero non solo riguardo al riemergere di movimenti di dichiarato orientamento fascista, razzista e xenofobo, ma alla persistente mobilitazione bellica dell’opinione pubblica, contro cui sempre meno i movimenti pacifisti riescono a sviluppare iniziative efficaci.
Fenomeni come l’identificazione con un “capo”, l’esaltazione della famiglia tradizionale e della “tradizione” in generale, un diffuso misticismo (dal fondamentalismo islamico alla new age al restyling papale…) forniscono rassicurazioni nella crisi sistemica che investe l’economia e la società, fornendo linfa vitale alle organizzazioni fasciste (vedi family day).
2.1. In Italia, vista la mancata de-fascistizzazione dello Stato, come in Germania, visto il ruolo mantenuto nel polo imperialistico europeo, una serie di motivazioni politiche ed economiche potrebbero sembrare sufficienti a giustificare il fatto.
Più problematico comprendere come movimenti fascisti abbiano preso piede fino ad arrivare al governo in paesi che furono repubbliche sovietiche o conobbero un quarantennio di “socialismo reale”. Certamente, anche in questi casi si possono addurre motivazioni politico-economiche (manovre imperialiste) o geopolitiche (dando legittimità al nazionalismo) lasciando però irrisolta la questione fondamentale posta da Reich:
Perché “sono state le masse impoverite che hanno contribuito alla presa del potere da parte del fascismo”?
2.2. Due generazioni sono state sottoposte ad una educazione di Stato improntata al più stentoreo antifascismo, al ricordo delle sofferenze provocate dalla guerra ed all’aspirazione alla pace come valore supremo, senza sradicare il fascismo che ha ritrovato espressione politica arrivando non di rado al potere.
Tutta la retorica antifascista ha dimostrato di essere inefficace, se non controproducente. Tutte le analisi storiche, sociologiche, economiche, filosofiche, di carattere accademico o militante, hanno lasciato inesplorata o quasi la sorgente energetica del fascismo, che ha continuato a sgorgare, nelle democrazie occidentali come nel socialismo reale, nei paesi industrializzati come nel terzo mondo, facendosi sempre più impetuosa con l’estendersi della guerra su scala planetaria.
2.3. Considerando il fascismo dal punto di vista della psicologia di massa, ovvero di una psicologia informata dall’antropologia e dalla sociologia, che si ponga il fine politico dell’autogoverno, dell’”autonomia delle masse”, Reich ci offre una soluzione che implica prioritariamente l’ampliamento della prospettiva temporale: se la durata del capitalismo si misura in secoli, quella dell’imperialismo in decenni, la durata del patriarcato si misura in millenni.
La morale sessuale coercitiva, accanto alla famiglia, alla proprietà privata ed allo Stato, segna l’origine delle società divise in classi, del lavoro coatto, della separazione dalla natura, senza una radicale rivoluzione culturale nell’ambito dei rapporti sociali più intimi, porteremo in noi stessi il germe del fascismo e lo riprodurremo all’interno delle organizzazioni politiche più rivoluzionarie, dei sindacati più classisti, dei circoli intellettuali più creativi. L’esito di quasi tutte le rivoluzioni sociali che hanno attraversato il Novecento sta lì a ricordarcelo. Il “quasi” si riferisce a Cuba: se ha saputo resistere al “bloqueo” dopo il 1989 è anche perché si è saputa rendere indipendente dal petrolio ed ha sviluppato un piano di educazione sessuale di massa (vedi: http://www.cenesex.org/)
2.4. Negli anni attorno al 1968, movimento femminista ebbe il merito storico di porre all’ordine del giorno questi problemi: divorzio, contraccezione, aborto, ma anche diritto all’orgasmo, politicizzazione del privato, ecc. portando sul piano di massa le intuizioni reichiane. Contemporaneamente, i movimenti giovanili scardinarono l’intangibilità dell’autorità paterna, rompendo tradizioni consolidate.
Solo alcune componenti di questi movimenti, che non divennero mai maggioritarie, videro queste istanze interne al movimento di classe, le organizzazioni tradizionali del movimento operaio restarono sorde e diffidenti. Questo a causa di persistenti tare ideologiche, alimentate da politicanti opportunisti, riflesso di una situazione ancora immatura, solo agli inizi.
A partire dagli anni ’80 del secolo scorso, una profonda controrivoluzione ha ribaltato la situazione sul fronte della lotta di classe, la rivoluzione sessuale è stata mercificata e ridotta a pornografia, il movimento femminista è stato ampiamente istituzionalizzato e strumentalizzato ed oggi contempliamo solo rovine.
2.5. Un padre autoritario resta tale, anche se in gioventù fu partigiano, come una madre castrante resta una madre castrante, anche se in gioventù innalzò i pollici e gli indici congiunti, entrambi diffondono la peste psichica loro malgrado, educano figli ad essere gregari sottomessi, potenziali fascisti.
Se vogliamo rompere questo circolo vizioso, dobbiamo cominciare dal basso, nella consapevolezza che il fascismo è dentro di noi.
3. Tutti i colori del nero
3.0. L’accezione con cui Reich intende il fascismo è molto ampia e articolata, al tempo stesso essa viene riassunta in poche parole: “Il fascismo non è un partito politico ma una concezione della vita e un atteggiamento nei confronti dell’uomo, dell’amore e del lavoro.”
Non vengono fatte distinzioni fra il fascismo italiano (a cui sono dedicati solo brevi cenni) e nazismo tedesco (su cui verte la maggior parte del materiale storico-documentario) mentre vengono inclusi fascismi “spagnolo, anglosassone, ebreo e arabo” e si danno “democratici fascisti” e “fascisti rossi”.
3.1. Il fascismo è il punto di approdo di 4000-6000 anni di repressione sessuale, famiglia autoritaria, patriarcato, misticismo, gregarismo, coincidenti con la fase imperialistica del capitalismo.
Esso è radicato nel profondo della struttura caratteriale di ognuno di noi, incarnato nelle nostre rigidità muscolari, perché inculcato già nella primissima infanzia, rafforzato dall’educazione familiare e scolastica, imposto dalle leggi dello Stato e dalle convenzioni della società.
Non si tratta di un metafisico “male assoluto”, fondato su una immutabile “natura umana”, ma il prodotto di una storia di lunga durata, per questo neppure interpretabile adeguatamente in maniera volgarmente economicistica.
Hitler e Mussolini condividono ed esaltano la mediocrità del burocrate, del sergente, del prete, del piccolo proprietario, del caporeparto, del funzionario di partito; la piccola borghesia entra prepotentemente nell’arena politica, giocando il proprio ruolo storico di custode della tradizione patriarcale, la sua visione del mondo conquista la piena egemonia: sottomissione a chi sta sopra e sopruso a chi sta sotto.
3.2. Il fascismo nasce all’interno delle società liberali e grazie agli strumenti del liberalismo, suffragio universale compreso.
Finanziato dagli industriali e dagli agrari, si mantiene costantemente asservito ai loro interessi, occultandoli con una demagogia populista.
Eredita e diffonde il misticismo, mantenendo costantemente un rapporto strettissimo con le istituzioni religiose.
Incarna la quintessenza del militarismo, delle ambizioni imperialistiche e dello sciovinismo nazionalistico.
Le democrazie liberali ed il fascismo sono complementari.
3.3. Il fascismo rosso comprende le due grandi correnti del marxismo novecentesco: la socialdemocrazia e lo stalinismo (URSS e partiti a lei legati).
Sulla socialdemocrazia, Reich sostiene la critica che i comunisti le avevano rivolto: aver aiutato il fascismo a vincere, fondandosi sul conservatorismo delle masse, in primo luogo sul legame con il capo, e deludendole con il fallimento del riformismo.
Più articolata e partecipe la critica all’involuzione dell’URSS e, di conseguenza, dei partiti comunisti. Reich prende come riferimento le teorie di Engels e Lenin sullo Stato e la dittatura del proletariato, il programma del PCUS del 1919 e, nel confronto con la “democrazia sovietica” proclamata dal congresso dei Soviet nel 1935, riconosce l’obbiettiva necessità di un arretramento rispetto agli obbiettivi rivoluzionari, comprende appieno la gravità dei problemi che l’URSS si trovava ad affrontare e considera Stalin “uno strumento delle circostanze”, ma non accetta che tali arretramenti vengano presentati come conquiste, stravolgendo il senso del processo rivoluzionario:
– invece di un semi-stato che, attraverso una dittatura transitoria, sviluppa l’autogoverno, dissolvendosi, abbiamo uno Stato che si rafforza e si caratterizza sempre più in senso nazionalistico e burocratico;
– invece di una rivoluzione sessuale, avviata con la legislazione in materia negli anni immediatamente successivi alla rivoluzione ma presto arenata, abbiamo una forma di moralismo proletario che ancora vincola la sessualità alla procreazione, quando non assume connotazioni schiettamente ascetiche;
– invece della liberazione dal lavoro coatto, abbiamo l’esaltazione degli “sportivi del lavoro” (stakhanovismo) ed un sistema autoritario di direzione della produzione.
Tutti elementi che portano ad una strutturazione caratteriale del tutto affine a quella fascista.
3.4. L’identificazione con il “capo”, dal “culto della personalità” staliniano alla “personalizzazione della politica” attuale al “leaderismo” movimentista, la delega fideistica e rassicurante ad una autorità centrale che deresponsabilizza le masse, perpetrando il patriarcato e manifestandone la natura politica, è l’esatto contrario dell’autonomia, dell’autogoverno verso cui un reale movimento emancipatorio deve tendere.
Ogni capo, ogni caporale, è un fascista.
Finché non riusciremo a farne a meno, riprodurremo il fascismo in ogni forma associativa.
4. Zeitgeist
Se mettiamo in fila un po’ di cose: l’estendersi ed intensificarsi della guerra imperialista,  l’attacco al diritto di sciopero, l’attacco al diritto di manifestazione, l’attacco alla libertà di parola, i provvedimenti giudiziari a mitraglia e la sempre più violenta repressione poliziesca, lo stravolgimento della costituzione, i mass media (dai mainstream ai social) e la politica (istituzionale e di massa) saturati di sciovinismo nazionalista, patriarcale e razzista, solo per sintetizzare gli elementi più macroscopici, ci rendiamo conto che il fascismo non riguarda un tragico passato, non incombe come minaccia sul futuro, il fascismo è lo spirito del nostro tempo.

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