https://thevision.com
Pochi giorni fa è stata data notizia che a luglio un medico obiettore di Napoli è stato licenziato dalla
Asl in cui lavorava dopo che si è rifiutato di prestare cure mediche a
una donna alla 18esima settimana di gravidanza. La donna è arrivata al
presidio in travaglio, con il feto già privo di battito cardiaco e
necessitava di un aborto farmacologico, che il ginecologo non ha voluto
praticare appellandosi all’obiezione di coscienza. La paziente è stata
salvata da un altro medico, chiamato di urgenza da un’ostetrica. L’Asl
di Napoli ha licenziato l’obiettore per omissione di assistenza, e
presto il caso passerà alla Procura e all’Ordine dei Medici. In Italia, 7 ginecologi che operano negli ospedali su 10 sono obiettori.
La percentuale di obiezione
supera l’80% in ben sette regioni, arrivando al 96,9% in Basilicata,
senza contare gli anestesisti (48.8%) e il personale non medico (44%). A
questo si aggiunge la galassia sommersa di “farmacisti obiettori”. Le
virgolette sono obbligatorie, dato che secondo la legge 194/78
(la legge che ha depenalizzato l’aborto in Italia, promulgata nel
1978), “L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed
esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle
attività specificamente e necessariamente dirette a determinare
l’interruzione della gravidanza”. Ma, come specificato dall’OMS, la
pillola del giorno dopo e dei cinque giorni dopo – che spesso i
farmacisti si rifiutano di vendere adducendo fantasiose giustificazioni
su ricette mancanti (che non sono obbligatorie per le maggiorenni) o il grande classico: “Mi spiace ma l’abbiamo finita”, guarda caso quando serve a te – non ha alcun effetto abortivo, pertanto l’obiezione non si può applicare. In Germania gli obiettori sono il 6%, in Francia il 3% mentre in Svezia e in Finlandia non esistono nemmeno.
Il problema dell’obiezione di coscienza è che rende molto difficile per
una donna ottenere l’IVG (interruzione volontaria di gravidanza) entro i
tempi previsti dalla legge, cioè entro 90 giorni dal concepimento,
conteggiati dal primo giorno dell’ultima mestruazione. Posto che non
tutte le donne si accorgono subito di essere incinte e che la legge
prevede la cosiddetta “pausa di riflessione” di sette giorni tra il
rilascio del certificato medico che autorizza l’IVG e la conferma
dell’appuntamento, tre mesi non sono poi così tanti, soprattutto se
tutto questo percorso già abbastanza complesso da un punto di vista
psicologico e pratico viene ostacolato da medici, infermieri, psicologi,
personale sanitario e sistema burocratico. Per non parlare di quelli
che si mettono fuori dagli ospedali o dalle università
con vangeli, immagini di feti photoshoppati male e crocifissi per
terrorizzare le donne che vogliono praticare un aborto. Per quanto la
legge 194 tuteli l’obiezione di coscienza, essa sancisce chiaramente che
“Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni
caso ad assicurare l’espletamento delle procedure”. Questo, però,
spesso non avviene. L’antropologa Silvia De Zordo ha condotto una ricerca negli ospedali di Roma e Milano per cercare di spiegare le cause della diffusione dell’obiezione di coscienza in Italia. I motivi religiosi,
infatti, giustificano solo in parte questo fenomeno. La religione
cristiana, ponendo l’accento sulla sacralità della vita sin dal
concepimento, equipara l’aborto all’omicidio. Ma in casi come quello di
Napoli, l’ostinazione a preservare la vita del feto (per altro già privo
di battito cardiaco) ha quasi causato il decesso della madre. La legge
194 protegge l’obiezione di coscienza, ma ancor più la sicurezza delle
donne. È stata fatta innanzitutto per contrastare le tecniche di aborto
clandestine, a cui le donne ricorrevano per disperazione e che prevedevano pratiche molto pericolose come l’inserimento di ganci nell’utero,
l’intossicazione tramite farmaci o erbe velenose, che in molti casi
potevano portare a infezioni, perforazioni e quindi a emorragie e non
difficilmente alla morte. L’accesso a tecniche mediche sicure per
interrompere la gravidanza ha salvato moltissime vite. Ci sono molte
altre specializzazioni di medicina altrettanto remunerative che un
medico obiettore può intraprendere, se non ha a cuore la vita delle
persone che esistono già perché preferisce quelle che devono ancora
nascere. Dopotutto, un cristiano ortodosso che considera immorale
prelevare organi dai cadaveri non si specializza di certo in trapianti.
Storicamente, l’obiezione di coscienza era un atto di coraggio per
contrastare un divieto o una legge che si riteneva sbagliata, e le
conseguenze potevano essere molto pesanti. Un uomo che rifiutava la leva
obbligatoria, ad esempio, veniva punito come un disertore: in tempo di guerra,
rischiava la fucilazione. In Italia, l’obiezione di coscienza diventa
un diritto dal 1972, anno in cui viene introdotta la legge n. 772. Da
questo momento il concetto cambia: il servizio civile (quindi il modo in
cui si esercita l’obiezione) è un’alternativa al servizio militare, una
scelta. Semplificando, il danno procurato alla collettività per non
aver svolto la naja, veniva ripagato con un altro lavoro di utilità
sociale. Nel caso dell’aborto, però, non c’è un’alternativa, ma soltanto
un enorme squilibrio. Chi fa obiezione per l’aborto non offre
un’alternativa all’IVG, ma sottrae a una donna un diritto che per legge
le è garantito.
Non solo: l’obiezione di coscienza del singolo ricade anche sulla
gestione del lavoro dell’intero reparto, con conseguenze gravi anche sui
non obiettori. L’IVG infatti è una pratica abbastanza semplice e
monotona e viene considerata generalmente un lavoro poco gratificante.
Questo è dovuto al fatto che i pochi ginecologi non obiettori si
ritrovano a praticare da soli tutti gli aborti, che vengono percepiti
come un lavoro “accessorio”, nonostante siano la pratica
medico-ginecologica più diffusa
dopo il parto. I medici intervistati da De Zordo aggiungono anche il
fatto che manchi un’adeguata formazione sulle nuove tecniche di aborto,
come la D&E
(dilatazione ed evacuazione strumentale) che all’estero viene praticata
in anestesia totale dopo la diciassettesima settimana, mentre in Italia
si preferisce ancora il travaglio indotto, obbligando la donna a un
parto che non vuole fare. In generale, secondo De Zordo, il lavoro dei
ginecologi che esercitano nell’ambito prenatale enfatizza molto il ruolo
del feto e dell’embrione, che diventa quasi l’unico “paziente” a
discapito della madre. Per questo motivo, molti medici si avvicinano a
posizioni obiettanti. In alcuni ospedali, poi, l’obiezione è una scelta
di comodo. Molti medici non obiettori si sentono stigmatizzati o esclusi
da parte dei colleghi anti-abortisti. Quando questi ultimi occupano
posizioni di prestigio all’interno degli ospedali, la carriera dei non
obiettori può arenarsi proprio sulla pratica dell’IVG. Negli ospedali
del Nord Italia, ad esempio, gli esponenti cattolici hanno un potere vastissimo:
gran parte della sanità lombarda è dominata dal gruppo Comunione e
Liberazione, che in alcuni casi, come la discussione sull’adozione della
pillola abortiva Ru486, ha interferito con le decisioni del Pirellone,
allora guidato da Roberto Formigoni, esponente di CL. All’interno di sei
strutture lombarde, inoltre, è presente una sede del Movimento per la
vita che sulla porta espone un’immagine di un feto con la scritta:
“Mamma, ti voglio bene, non uccidermi”. Molte donne hanno raccontato di essere state indirizzate nei loro uffici dopo aver richiesto un IVG in un ospedale pubblico.
C’è poi la questione economica. L’IVG si può praticare in ospedali
pubblici, gratuitamente, sia in cliniche private. Per la sanità
pubblica, l’aborto non può rientrare nelle procedure ospedaliere intra moenia,
cioè nelle prestazioni di libera professione erogate nelle strutture
ambulatoriali dell’ospedale. Questo legittima molti medici a dichiararsi
obiettori per il SSN, ma poi eseguire l’IVG a pagamento nei propri ambulatori.
Secondo i medici intervistati da De Zordo ci sarebbe una situazione
fuori controllo per quanto riguarda gli “obiettori di comodo” o “falsi
obiettori”, e inserire l’aborto tra le pratiche intra moenia
potrebbe effettivamente incentivare molti ginecologi obiettori per
motivi non religiosi (quindi quelli che rinunciano a praticare IVG per
non restare indietro con la carriera) a prestare questo servizio anche
nelle strutture pubbliche. A quarant’anni dalla sua approvazione, la
legge 194 dovrebbe essere aggiornata. Quel testo fu l’esito di una
lunghissima negoziazione con le forze cattoliche, evidente sin dal primo
articolo (“Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e
responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la
vita umana dal suo inizio”). Le cose nel nostro Paese sono molto
cambiate dal 1978: calano i cattolici praticanti, mentre aumentano gli obiettori e, come denuncia LAIGA
(Libera Associazione Italiana Ginecologi per l’Applicazione della legge
194/78), l’età media dei non obiettori è alta e non sta avvenendo un
ricambio generazionale. Questo perché, evidentemente, l’obiezione non è
dettata tanto dalla coscienza, ma da interessi di altro tipo.
L’obiezione andrebbe quindi regolamentata in modo chiaro e la
specializzazione in ginecologia sconsigliata a chi non vuole praticare
aborti: l’Italia ha già ricevuto
due sanzioni dall’Unione Europea perché, nonostante la 194 imponga la
garanzia del diritto all’IVG anche in presenza di medici obiettori,
questo nei fatti non viene garantito. Una soluzione potrebbe essere
quella di assicurare il 50% di personale non obiettore in tutte le
strutture, oppure quella più drastica, già attuata dall’ospedale San Camillo di Roma,
di non assumere medici obiettori. Finché avremo questo governo, pensare
di cambiare la legge è un’idea un po’ troppo ottimistica. Visto
l’attuale clima reazionario, ultracattolico e nemico dei diritti, è già
tanto se riusciremo ancora ad avere diritto all’interruzione di
gravidanza.
Rete per l'Autorganizzazione Popolare - http://campagnano-rap.blogspot.it
Pagine
- Home
- L'associazione - lo Statuto
- Chicche di R@P
- Campagnano info, news e proposte
- Video Consigliati
- Autoproduzione
- TRASHWARE
- Discariche & Rifiuti
- Acqua & Arsenico
- Canapa Sativa
- Raspberry pi
- Beni comuni
- post originali
- @lternative
- e-book streaming
- Economia-Finanza
- R@P-SCEC
- il 68 e il 77
- Acqua
- Decrescita Felice
- ICT
- ECDL
- Download
- हृदय योग सारस
giovedì 23 maggio 2019
L’obiezione è un’incoscienza. Se non vuoi praticare aborti, puoi fare il dermatologo.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento