Il Niger e il concetto di ‘democrazia alimentare’: bisogna pur dare da mangiare alla famiglia.
Nel Niger tutto si vende e
tutto si compra. Lo diceva ieri un politico amico in procinto di andare
in pensione. Conosce bene il suo Paese e non ha timore di dirlo tra
amici.
Mauro Armanino Missionario, dottore in antropologia culturale ed etnologia
Sindaci e capi tradizionali, uomini politici, partiti e distinti
attori della società civile, venduti e comprati dal potere. Anche i
deputati del Parlamento dell’opposizione non sfuggono alla legge dominante:
sono acquistati prima, durante e dopo le votazioni. Quanto agli
intellettuali e ai principali leader dei pochi movimenti sociali che
ancora sopravvivono, si inventa a misura per loro una nomina a
consiglieri presidenziali o incaricati di non meglio specificate
missioni. I ministeri sono affidati a chi offre le migliori garanzie di
fedeltà al regime. Lo ricordava l’amico in un modo che non lasciava
spazio alla contestazione: bisogna pur dare da mangiare alla famiglia.
Ed ecco che il concetto di ‘Democrazia Alimentare’ trova il senso, la
spiegazione e la giustificazione. Il potere del popolo e per il popolo
si coniuga con la ‘politica del ventre’ che François Bayard aveva
descritto con acuta perizia gli anni scorsi. La democrazia alimentare è
una forma di distribuzione riservata ai membri o simpatizzanti di chi,
per un tempo indefinito, si ostina a rimanere al potere.
Le ideologie sono transitorie e così pure gli ideali
che nel recente passato muovevano e motivavano folle di militanti per
le indipendenze post-coloniali. Le macro-economie sono in buona salute
e la crescita economica dell’Africa sub-sahariana è oggi additata come
un modello non esportabile. La strategia però non cambia affatto:
mantenere i poveri come ostaggi permanenti e dunque comprabili da chi ha
il potere di farlo. Gli aiuti umanitari hanno come scopo principale
quello di fare in modo che tutto cambi perché, in realtà, nulla cambi. I
dispositivi di conservazione del potere hanno portato i loro frutti e
non si cambia l’ideologia vincente che perpetua la miseria per affidarla
ad interessati benefattori. La democrazia alimentare si sostiene e si
rafforza proprio grazie al mercato di compravendita dei poveri che si avvale della loro cronica vulnerabilità. La manipolazione della democrazia non è affatto nuova
e ognuno tenta di adattarla alla situazione e al contesto. Altrove si
troveranno motivazioni populiste o legate alle norme di un’economia che
tutto riduce alla quantità di denaro che naviga da una parte all’altra
del globo. Almeno nel Sahel la politica è chiara, lineare e soprattutto ‘alimentare’. In Occidente è una democrazia da supermercato.
Nel Sahel le Carte Costituzionali si adattano e si
riscrivono perché sono flessibili come i confini dei mandati
presidenziali, da sempre labili e incerti nel numero e la durata. Anche i
movimenti insurrezionali che si moltiplicano nelle Regione hanno una
componente ‘alimentare’. Anni di sfruttamento delle risorse agricole e
minerarie, di investimenti dirottati altrove e di sostanziale abbandono
educativo, hanno reso appetibile l’offerta di denaro dei gruppi
terroristi. E’ nelle centinaia di giovani frustrati e derubati del
futuro che, in queste zone, si trovano addetti e terreno fertile per il
reclutamento armato che prepara e propaga seminatori di morte. Le armi,
invece, arrivano dappertutto tramite commerci, prestiti, investimenti e
consiglieri militari. L’appetito democratico dell’Occidente e
dell’Oriente si trovano uniti nel desiderio sincero di non privare mai i
conflitti di armi e le ami di conflitti.
Il discorso si chiude sulla democrazia che l’Occidente esporta ormai da anni con le cannoniere.
Quanto al Sahel, dove il terrorismo ha preso a ostaggio un’ideologia
teocratica salafita, rimanda al mittente la stessa democrazia con gli
interessi. Ad ognuno la propria politica ‘del ventre’, e dunque
nutritiva, che poi è fattore essenzialmente culturale. Continente che
vai democrazia che trovi e quella ‘alimentare’ si trova a casa propria dappertutto. Proprio a questo serve, com’è noto, la globalizzazione dei mercati.
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