domenica 19 maggio 2019

Ambiente. 9 mila tonnellate l’anno di lana appena tosata finiscono in discarica

La tosa delle pecore da formaggio non viene usata perché considerata di bassa qualità. Ma esistono percorsi sostenibili per recuperarla.


recyclingpoint.info
Una buona parte di tutta la lana tosata in Italia finisce sotterrata o in discarica. La paradossale situazione è emersa dallo studio “Filare, tessere, colorare, creare. Storie di sostenibilità, passione ed eccellenza”, pubblicato dall’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
In Italia, spiega l’Ispra citando i dati Istat del 2015, 7 milioni di pecore sono destinate alla produzione di latte per formaggi. La loro lana non trova uso, in quanto viene considerata di bassa qualità. La lana appena tosata, sempre stando ai dati Istat, si aggira intorno alle 8.700 tonnellate, un dato probabilmente sottostimato, visto che molti operatore, per evitare i costi di smaltimento, la distruggono in vario modo.
Eppure studi condotti dal CNR stimano che dal totale della lana proveniente dalla tosa non utilizzata si potrebbero ricavare oltre 5 mila tonnellate di fibra e 15 milioni di metri quadri di tessuto, creando una filiera sostenibile del tessile. E ci sono anche buone pratiche tutte italiane per il riciclo della lana.
Oggi quella lana viene considerata rifiuto. Da tutti, o quasi. Quel quasi è l’oggetto dell’analisi dell’indagine di Ispra, che assieme a Donne in Campo, rete della Confederazione Italiana Agricoltori, ha censito quelle poche realtà che danno valore a quel che l’industria considera scarto.

Il volume di Ispra studia la produzione sostenibile ed eco-compatibile di fibra da fonti naturali e/o di recupero. Qui vengono citati i casi di recupero della lana in genere non utilizzata, che dimostrano che delle possibilità di impiego esistono.
Al fine di implementare con azioni concrete i propri obiettivi, Donne in Campo ha creato una rete attiva di donne sul territorio rurale che hanno contribuito a questo studio sulla sostenibilità della filiera. Tali processi produttivi, generalmente, implicano la conservazione di piante tintorie – vegetali che forniscono pigmenti naturali – e di antiche varietà fornitrici di fibre tessili e comportano la valorizzazione di un’importante eredità culturale e sociale tramandata, in molti casi, dalle donne.
In questo contesto, va sottolineata l’importanza della conservazione di antiche varietà di lino perfettamente adattate localmente, come descritto in una delle storie del volume, poiché nel corso del XX secolo, con l’avvento delle fibre sintetiche, la coltivazione del lino ha subito un forte declino con conseguente perdita di varietà di pregio.
“Le attività che si descrivono nello studio, dimostrano che la sostenibilità in questa filiera esiste e che può essere un mezzo di tutela ambientale e valorizzazione del territorio attraverso l’impiego intelligente delle risorse locali”, conclude l’Ispra.

Nessun commento:

Posta un commento