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martedì 19 dicembre 2017
Spot elettorali e supporto mediatico al neofascismo: “I dieci comandamenti” di Domenico Iannacone (ovviamente su Rai 3)
collettivo militant
Casapound gode di un invidiabile status mediatico-elettorale: è l’unico movimento politico a cui viene svolta (gratis) la campagna elettorale. Domenica è andata in onda l’ennesima trasmissione-propaganda, un lungo spot elettorale in prima serata e sulla più “antifascista” delle reti televisive: Rai 3. Protagonista, Casapound. Senza contraddittorio, senza confronto, senza attinenze con la realtà, senza vergogna. Esempio, fra i molti e forse ancor più sfacciato dei precedenti, della natura strumentale dell’antifascismo liberale, che da un lato permette e organizza il “pericolo fascista”, e dall’altra grida al nuovo fascismo come assicurazione elettorale.
I meccanismi narrativi utilizzati sono ormai smascherati. In primo luogo, il contesto: la periferia degradata di Tiburtino III. Poco importa che i fascisti, nel quartiere, non esistano, siano elemento esterno, cacciati dalla popolazione del quartiere e non più rientrati se non in piccoli gruppi provenienti, per l’appunto, da altri quartieri. Il prode Iannacone, senz’ombra di dubbio di provata fede antifascista, cammina per il quartiere, e lo fa accompagnato proprio da loro: dai fascisti. A quale titolo, non si capisce, visto che i due accompagnatori (Antonini&Di Stefano), non risiedono al Tiburtino III. L’importante non è allora farsi garantire da “gente del luogo”, ma presentare una realtà degradata oltre l’inverosimile, e proporre Casapound come unico soggetto politico “presente nel quartiere”. E allora torniamo al contesto. Immagini e interviste descrivono il solito scenario post-atomico: gente che vive nelle fogne (letteralmente, forse un omaggio ai due camerati presenti); banditi in vena di confessioni; palazzi che cadono a pezzi. Elementi che sono presenti al Tiburtino III, ma che non raccontano la normalità sociale del quartiere. Una borgata di case popolari, dove a mancare è il lavoro. E invece il racconto vira immediatamente sui temi del razzismo e dell’antirazzismo, temi inutili a capire i problemi sociali di Tiburtino III ma utilissimi alla costruzione dicotomica “antimigranti=bravi ragazzi che lavorano nel quartiere” Vs “filomigranti=gente dalle belle idee ma che non vive i veri problemi della gente”. Poco importa che al Tiburtino III di migranti praticamente non ce ne siano. I problemi del quartiere, raccontati da due o tre personaggi scelti ad arte, sono “gli immigrati”. Tanto basta per presentare Casapound come soluzione, anzi: come unica alternativa. Forse non la soluzione desiderata, quella più auspicabile ideologicamente, ma nel deserto sociale appena raccontato presentata come “unica forza politica al fianco degli italiani”.
Il racconto è poi condito con notevoli perle di saggezza popolare. «La malavita italiana non ammazzava, da quando sono arrivati gli immigrati si è cominciato ad ammazzare». Al Tiburtino III non si vede un migrante neanche a dargli i famigerati 30 euro al giorno e l’iphone gratis: niente. Ma il problema è sempre e comunque lui: il negro, diretto responsabile della disoccupazione cronica, dell’abusivismo edilizio, del disastro urbanistico, della speculazione palazzinara, della privatizzazione dell’economia, dell’assenza di servizi pubblici dignitosi. Anzi no: di tutti questi temi non c’è traccia nella trasmissione. Il confronto non è tra i problemi sociali e i suoi responsabili, ma tra italiani poveri e fascisti, non presentati in alternativa – attenzione – ma ambedue vittime di qualcos’altro (cosa, non è dato sapere, forse la Casta, sicuramente “gli immigrati). Tutto, invariabilmente, secondo copione: «non sono fascista, ma non se ne può più degli immigrati», dice l’italiano; «non ce l’abbiamo con gli immigrati, ma qui non c’è posto», risponde il fascista. E il giornalista antifascista, dove si è cacciato?
Il punto di vista del giornalista emerge dal racconto stesso. Gente che muore di fame – stacco – Casapound che regala pasti gratis alle vecchine del quartiere – stacco – domanda folgorante del giornalista: «e se vi dicessi che questo è fascismo?» – stacco – «certo!» (e grazie al cazzo). Fine. Proprio così: il fascismo presentato come mensa popolare per italiani. Se Casapound avesse pagato esperti di marketing elettorale e girato il proprio spot autopromozionale, non sarebbe mai riuscita a costruire una narrazione tanto edificante. Per fortuna che c’è Rai 3, la rete antifascista, che rimuove l’ostacolo dei costi elettorali. Salvo poi chiamare all’adunata antifascista in nome dei sacri valori liberali, quando a rimetterci il naso è qualcuno della casta (questa si effettiva) dei giornalisti. Questo l’antifascismo da cui prendere le distanze, in tutto e per tutto speculare al fascismo vero, perché di questo megafono vitale.
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