Patrizia Gentilini Medico oncologo ed ematologo, membro di Isde e Medicina Democratica
Purtroppo così non è stato
perché, nonostante il voto contrario di paesi importanti come Francia e Italia, grazie invece al voto favorevole della Germania l’autorizzazione all’uso del glifosato è stata rinnovata per altri 5 anni.
La posizione della Germania è stata davvero sconcertante perché nelle
precedenti votazioni si era sempre astenuta e questa volta, dopo che il ministro Schmdit aveva espresso il voto determinante del suo paese al rinnovo dell’autorizzazione, la cancelliera Angela Merkel si è affrettata a smentirne l’operato dichiarando che questa non era la decisione del governo.
La cosa appare abbastanza ridicola e sembra più un “balletto” delle parti per uno scarico di responsabilità:
sta di fatto però che ancora una volta l’Ue ha perso una buona
occasione per dimostrare di essere dalla parte della salute dei suoi
cittadini e dell’ambiente. Non ci vuole molto ad ipotizzare che nella
scelta della Germania abbiano avuto un peso preponderante le trattative in corso per una fusione fra Bayer e Monsanto.
La battaglia contro questa molecola ha visto in tutta Europa ed anche nel nostro paese una mobilitazione davvero enorme: oltre 1 milione e 300.000 firme sono state raccolte per mettere al bando la molecola con l’Ice (Iniziativa Cittadini Europei) e nel nostro paese la Coalizione Stop Glifosato, costituitasi nel 2015,conta oggi l’adesione di 51 associazioni.
Tuttavia l’azione di sensibilizzazione ed informazione che ha preso lo
spunto dalla battaglia contro il glifosato – diventato il simbolo del
contrasto all’agricoltura industriale – non è certo stata vana perché,
oltre alla maggior consapevolezza dei cittadini, numerose
amministrazioni comunali e regioni, come Calabria e Toscana, hanno già preso provvedimenti concreti per la sua messa al bando, escludendo ad esempio dai sussidi economici le aziende che continuano ad utilizzarlo.
Al di là degli effetti sulla salute umana e sull’ambiente – di cui a più riprese ho riferito – è interessante quanto espresso da Riccardo Valentini, scienziato
del CMCC (Centro Euromediterraneo per i Cambiamenti climatici) che, a
proposito della proroga al glifosato concessa dalla Ue, ha affermato che
tale decisione “si rivelerà un boomerang perché
rallenterà la diffusione di un’agricoltura di qualità, non più
dipendente dall’abuso di fertilizzanti e altri prodotti chimici. E
questo sarà un problema anche dal punto di vista della lotta ai
cambiamenti climatici… la sua proroga è di fatto un incentivo a rinviare
l’adozione di nuovi modelli agricoli, più sostenibili e più attenti a
salute e ambiente”.
L’agricoltura industriale, come oggi la conosciamo, contribuisce per circa il 20% alle emissioni globali di gas clima alteranti, ma una agricoltura conservativa, radicalmente diversa, può, viceversa, essere un fattore decisivo
per contrastare i cambiamenti climatici. E’ noto infatti che se aumenta
la fertilità dei suoli, oggi gravemente compromessa proprio a causa
della chimica utilizzata in agricoltura, si realizza il sequestro di CO2 dall’atmosfera attraverso l’incremento di carbonio organico nel suolo. Ci siamo dimenticati che il suolo è “la radice della vita” e rappresenta il più grande serbatoio terrestre di carbonio; ma ormai gran parte dei suoli italiani è in via di desertificazione – se non già desertificata – con tutto ciò che ne consegue. L’incremento di carbonio organico in terreni coltivati in modo biologico è infatti pari a 3,5 t/h, rispetto all’1,98 t/h dei terreni non coltivati.
L’agricoltura conservativa – di cui sempre più si parla ed in cui il controllo delle erbe infestanti
viene fatto senza usare la chimica – non è un ritorno al passato ma la
strada concreta per permettere la vita (compresa quella di noi umani)
sul pianeta.
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