Ha aperto il fuoco sulla folla da una stanza al 32esimo piano del Mandalay Bay Resort and Casino, a Las Vegas. Raffiche di spari durate venti minuti, che hanno colpito il pubblico al concerto country di Jason Aldean, nel corso del Route 91 Harvest Festival. Venti minuti di follia in cui Stephen Paddock, un 64enne bianco che non aveva precedenti penali e viveva in un complesso residenziale per anziani a Mesquite, a 130 chilometri da Las Vegas, è stato protagonista della maggiore sparatoria di massa della storia americana, uccidendo 59 persone e ferendone 527. Il primato negativo spettava finora all’attacco del 12 giugno del 2016 contro il Pulse, un night club gay di Orlando, in Florida, dove il 29enne Omar Mateen, uccise 49 persone e ne ferì altre 53. Al momento il movente è sconosciuto, ma l’Isis ha rivendicato la strage. E il Site, sito che monitora le attività jihadiste sul web, riferisce che secondo Amaq – il giornale di propaganda dell’autoproclamato CaliffatoPaddock si era convertito all’Islam qualche mese fa e il suo nuovo nome era Samir Al-Hajib. Ma l’amministrazione Usa non ritiene che ci sia alcun “segnale che indichi un legame del killer di Las Vegas con gruppi del terrorismo internazionale”.

Le stesse fonti, invece, hanno sottolineato che c’è ragione di ritenere che il 64enne avesse alle spalle problemi psicologici. Il mancato legame con lo Stato Islamico è stato anche confermato dal Fbi, che in conferenza stampa a Las Vegas ha sottolineato come al momento non ci sia nessuna connessione con organizzazioni terroristiche internazionali. Il suo nome, poi, non compariva in nessun database di sospetti terroristi. Paddock aveva acquistato varie armi in passato, alcune delle quali in California, ma nessuna di queste figura tra la decine di quelle trovate nella sua camera al Mandalay Bay hotel. Lo ha detto una fonte investigativa alla Cnn. Per ora gli investigatori credono che le armi siano state acquistate legalmente. C’è il sospetto, basato sulle prime informazioni, che alcune di quelle usate per la strage, tra cui una calibro 223 e una calibro 308, siano state alterate per funzionare come armi automatiche.
Il killer si è suicidato prima che la polizia entrasse nella stanza di hotel al 32esimo piano dalla quale ha sparato. Si trovava lì dal 28 settembre. Lo sceriffo Joe Lombardo sottolinea che al momento gli inquirenti “non sanno se l’uomo ha impedito al personale di entrare nella stanza” dove aveva un vero e proprio arsenale, almeno 10 fucili. Quando gli è stato chiesto perché non si considera questo massacro come terrorismo interno, ha risposto: “Dobbiamo stabilire prima quale fosse il movente, ci sono dei moventi legati al terrorismo diversi dall’azione di una persona disturbate che vuole fare un massacro”. Paddock, a parte alcune violazioni stradali minori e una causa intentata ad un casinò nel 2014, non aveva precedenti. L’uomo, nato il 9 aprile del 1953, viveva a Mesquite dal giugno 2016. Secondo il ritratto pubblicato dal Washington Post, gli piacevano le scommesse, la musica country e prima del massacro viveva una vita tranquilla, inframmezzata da frequenti visite ai casinò di Las Vegas. Secondo le testimonianze raccolte era un nonno, aveva una licenza di pilota d’aereo, ha posseduto due velivoli e aveva anche una licenza di caccia ottenuta in Alaska. In precedenza, dal 2011 al 2016, aveva vissuto a Reno, sempre in Nevada, mentre dal 2013 al 2015 a Melbourne in Florida. Presso la sua abitazione a Mesquite, cittadina di circa 18mila abitanti nei pressi della frontiera tra Nevada e Arizona, sono state ritrovate molte armi da fuoco e munizioni.
Suo padre, Benjamin Hoskins Paddock, era un rapinatore di banche che finì nella lista degli Fbi Most Wanted nel 1969 quando evase dalla prigione federale del Texas mentre scontava una pena di 20 anni. Rimase poi nella lista per otto anni e quando l’agenzia federale aveva perso le speranze di trovarlo e l’aveva tolto dalla lista fu catturato, nel 1978, fuori da un sala di bingo dell’Oregon. L’agenzia segnalava che il ricercato era stato diagnosticato come “psicopatico” ed aveva possibili “tendenze suicide”.
Il figlio, invece, non aveva alcuna affiliazione politica o religiosa e “non c’era alcuna indicazione che potesse fare una cosa del genere”, ha detto in un’intervista al Mail on line Eric Paddock, il fratello di Stephen. La polizia, che chiede di consegnare i video della sparatoria perché potrebbero aiutare nelle indagini, ha rintracciato Mary Lou Danley (a sinistra), la donna asiatica 62enne che viveva con lui. La polizia “al momento” ritiene che la donna, che è stata localizzata all’estero, non abbia nessun ruolo nel massacro. “Le abbiamo parlato e crediamo, allo stato attuale, che non sia coinvolta. Ma ovviamente l’inchiesta va avanti”, ha spiegato Lombardo. “Non era con Paddock al momento in cui ha preso la stanza in albergo”, ha aggiunto, sottolineando che è stato scoperto che l’uomo stava utilizzando documenti della donna, cosa che aveva fatto pensare agli inquirenti che lei l’avesse accompagnato.
Trump: “Atto di pura malvagità” – Quanto successo a Las Vegas “è un atto di pura malvagità”, per il quale proviamo “tristezza, dolore e shock”. Lo ha detto il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, in una dichiarazione dalla Casa Bianca. “L’Fbi ed il dipartimento per la Sicurezza interna stanno lavorando strettamente con le autorità locali per assistere nelle indagini e forniranno aggiornamenti sulla base degli sviluppi”, ha detto il presidente, che ha ringraziato la polizia di Las Vegas ed i soccorritori per la rapidità con cui “hanno agito, rapidità che ha del miracoloso”. “L’aver trovato l’aggressore così velocemente dopo che sono stati esplosi i primi colpi è qualcosa per cui saremo sempre grati”, ha sottolineato Trump. Che poi, rivolto ai parenti delle vittime, ha detto: “Non possiamo immaginare il loro dolore, non possiamo immaginare la loro perdita. Preghiamo per voi, siamo con voi”. Quindi il presidente ha disposto che, in onore delle vittime, le bandiere americane siano esposte a mezz’asta: “Nei momenti di tragedia e orrore, gli americani si uniscono. È sempre stato così”.
Il fratello del killer: “Deve avere perso la testa” –  “Non abbiamo idea di come sia successo. È come se un asteroide si fosse abbattuto sulla nostra famiglia”. Eric Paddock fatica a trovare le parole per descrivere suo fratello. Parlando al Las Vegas Review-Journal, il 55enne afferma che nessuno avrebbe “mai immaginato che Stephen commettesse un tale atto. Tutto quello che possiamo fare è esprimere le nostre condoglianze alle famiglie delle persone che sono morte. Non c’è ragione, nessun preavviso“. In un’intervista concessa al Daily Mail dalla sua casa di Orlando, in Florida, Eric Paddock ha spiegato che “Stephen era un tipo normale, non era legato ad organizzazioni politiche o religiose, almeno per quanto ne sappiamo. Non è stato un atto terroristico. Deve essere successo qualcosa, deve aver perso la testa”, ha detto. I rapporti con il fratello 64enne, che viveva in Nevada lontano dal resto della famiglia, non erano frequenti. “È mio fratello, non abbiamo una relazione molto stretta ma ogni tanto parlavamo, ci sentivamo. In tutto questo non c’è alcuna logica, alcuna ragione. Non ha senso”, ripete. Secondo Eric, inoltre, la 62enne Marilou Danley, compagna del killer non c’entra nulla con la strage.