Si studia la riformulazione per
superare la soglia nazionale, si pensa ad ammettere "liste coalizzate"
che superino il 3 per cento in almeno 3 Regioni.
Alessandro De Angelis
Politics reporter, L'Huffington Post
Eccola, l'operazione politica che aumenta la
frammentazione, apre il mercato dei "cacicchi" e dei tanti piccoli
Verdini in tutta Italia, per tagliare fuori dal gioco la sinistra e i 5
Stelle. Un "piccolo imbrogliellum" affidato a un emendamento,
nell'ambito del grande Imbrogliellum (
così la chiamò subito l'HuffPost), ovvero la legge martedì arriva in Aula.
In Commissione, dove si sta discutendo e trattando in queste ore,
sono stati "accantonati", come si dice in gergo, una serie di
emendamenti "salva cespugli". Accantonati significa che vengono messi al
riparo dai riflettori, poi al momento opportuno si affrontano e
passano. E così accadrà, ma andiamo con ordine. Quello cruciale è a
firma Maurizio Lupi, il coordinatore nazionale di Ap, partito che
secondo i sondaggi su scala nazionale a stento raggiunge il 3 per cento.
Prevede che "vengano ammesse liste che abbiano conseguito almeno il 3
per cento dei voti validi nella regione". Tradotto, basta superare la
soglia del 3 in Lombardia o Sicilia e si passa. Altri emendamenti a
firma del fittiano Antonio Distaso sono ancora più generosi.
Un partito che è contro la frammentazione e a favore della stabilità
dovrebbe respingerli, senza pensarci più di tanto. Invece attorno alla
sopravvivenza dei piccoli è in atto il "grande scambio" con il Pd. Alla
Camera i cespugli hanno più di cento parlamentari, tra Ap, Ala, Scelta
civica, fittiani e vari nel misto. Sono cento potenziali franchi
tiratori se sentono di non avere chance avendo la matematica certezza
che i partitini saranno fuori dal gioco. E molti sono evidentemente
fuori dal gioco con una soglia unica nazionale.
L'idea del Pd, al momento, è di riformularli un minimo per salvare la
forma ed evitare il pubblico ludibrio. Giusto un minimo. La
riformulazione che si sta studiando prevede che, solo al Senato, passano
liste "coalizzate" che ottengono il 3 per cento in almeno tre regioni.
Benedetta da Matteo Renzi che, diversamente da quando dicono i suoi
spin, sta seguendo i lavori della commissione in tempo reale. E anche da
Silvio Berlusconi, il cui partito non sta facendo le barricate, anzi.
La norma salva centri e centrini aiuta e non poco ad ammazzare sinistra e
Cinque stelle nel maggioritario. In Puglia c'è la lista che vuole fare
di Emiliano, in Sicilia c'è quella di Crocetta, e magari ne fanno una
assieme da presentare in tutto il Sud, in Campania c'è De Luca e con i
suoi esperti di fritture e clientele "come Cristo comanda". Fai una
lista un po' civica, un po' di amministratori, un po' di cacicchi, la
coalizzi col Pd, garantisci l'elezione di questi responsabili alla
bisogna e senza partito, e il gioco è fatto. Nel maggioritario vince chi
arriva primo e così fai male a chi non è coalizzato, come Mdp e 5
Stelle. Vale per il Pd, vale per Forza Italia e per la coalizione di
destra che, a sua volta, evidentemente dovrà imbarcare tutti per vincere
nei collegi.
Pare un dettaglio, ma questo emendamento che trasforma il Sud in un
"Suk" è politicamente lo snodo della legge elettorale che martedì
approda in Aula. E che non ha nulla a che fare con la legge scritta a
inizio degli Anni Novanta dall'attuale capo dello Stato, molto citata in
questi giorni. Che era maggioritaria vera. In questo caso, invece, il
grosso dei parlamentari viene nominato col proporzionale su liste
bloccate. Non essendoci il voto disgiunto di fatto vengono calati
dall'alto e "nominati" anche quelli eletti col maggioritario. Punto
secondo: il maggioritario c'è come strumento per arraffare voti, ma non
come logica politica. Nel senso che la legge su cui è in corso la
trattativa non prevede, e non è un dettaglio, l'obbligo di un programma
comune e l'indicazione di un candidato premier. Addirittura, se passa
l'emendamento dei cespugli anche le alleanze sono a geometria variabile,
perché magari qualcuno presenta liste in alcune regioni sì, in altre
no. Il trionfo del trasformismo, come al Senato.
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