Intervista a Levent Gedik, co-presidente della sezione di Smirne del partito SYKP, uno dei partiti che, insieme a diversi movimenti, ha appoggiato la costituzione dell'HDP. «L'unione delle ragioni del popolo curdo e di quelle della lotta di classe può portare la democrazia in Turchia».
• Viaggio in Turchia, che succede dopo il referendum? Prima tappa
Qual è il vostro giudizio sul referendum? Cosa succederà adesso in Turchia?
Nonostante
l’enorme repressione e tutti gli ostacoli, possiamo dire che il
processo referendario, da un punto di vista sociale, è stato un
successo. È stato dichiarato che il “sì” ha vinto, ma sono state
conteggiate dal Consiglio Elettorale Supremo (YSK) circa 2-2,5 milioni
di schede non timbrate, che si può affermare fossero tutte per il “sì”.
Sotto l’aspetto sociale il referendum ha sviluppato due assi. Il primo è
stato l’aumento della repressione e delle violenze statali, nell’ultimo
anno e mezzo, nel Sudest del Paese. Sono stati sollevati dall’incarico e
poi incarcerati gli amministratori locali eletti dalla gente.
Nonostante tale contesto, il risultato del referendum in queste zone è
stato comunque un enorme “no”. Questo dimostra come, per quanto sia
aumentata la repressione contro i curdi, la lotta sociale che si è
organizzata per farle fronte si è manifestata nelle urne con il “no”.
Il
secondo asse è rappresentato dalla vittoria del “no” nelle grandi città
dell’Ovest. Questi sono posti in cui, grazie alla massiccia presenza di
industrie, la lotta di classe è maggiormente sentita. Ma sono anche
luoghi in cui il livello di istruzione è più alto. Questi due settori
sociali hanno spinto verso il “no”. Non c’è mai stato alcun Paese in cui
si sia tenuto un referendum sotto la dichiarazione dello Stato di
Emergenza (OHAL), in un periodo in cui si sono susseguite torture e
repressioni di ogni genere, in cui è stato vietato persino di cantare
una canzone di propaganda per il “no”. Nonostante ciò, dal voto è emerso
il radicamento nella lotta sociale dei lavoratori e degli altri settori
impegnati. Nel periodo che ci aspetta chi lotta per la democrazia e la
libertà vincerà. Il potere che prova a instaurare da 15 anni il fascismo
islamico e tutte le forze imperialiste perderanno.
Dopo il referendum quale deve essere il compito delle organizzazioni politiche di sinistra e delle forze sindacali?
Nella
domanda precedente, mentre commentavo il risultato del referendum, ho
toccato due temi molto importanti. Il primo riguarda il popolo curdo, la
cui resistenza è sotto un duro attacco dello Stato fascista. Nonostante
ciò in molte aree del Sudest del Paese il “no” ha ottenuto tra il 70 e
l’80 % delle preferenze. Allo stesso tempo, se vediamo i dati delle
grandi città della Turchia, anche lì il “no” ha vinto. Quindi, nel
futuro che ci attende bisogna trovare un accordo unitario tra le
rivendicazioni del popolo curdo e quelle legate alla lotta di classe.
Bisogna incentivare l’organizzazione e la lotta comune, politica,
tattica e strategica, che condivida le ragioni del popolo curdo oppresso
e le ragioni di classe. Tramite questa unione in Turchia si otterranno
sicuramente democrazia, libertà e giustizia. Allo stesso tempo, la
conseguenza di ciò sarà il successo delle lotte dei popoli della Turchia
contro il capitalismo e l’imperialismo. Se volessimo riassumere con due
parole ciò di cui abbiamo bisogno nel prossimo futuro potremmo dire:
lotta di classe contro capitalismo e imperialismo! Un fronte popolare
ampio e unito contro il fascismo! In questo modo, nel periodo successivo
al referendum, i popoli della Turchia riusciranno a vincere. La Turchia
ha una lunga storia dal punto di vista della lotta di classe. Questa
storia deve tornare ad essere protagonista. È possibile sconfiggere il
fascismo con un fronte ampio e unito che si organizzi tramite assemblee
popolari.
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