controlacrisi Autore:
fabio sebastiani
Il recente DEF non sembra prevedere risorse
economiche aggiuntive per il rinnovo dei contratti rispetto a quanto già
finanziato nella Legge di stabilità. Un incremento medio dello 0,2%
della massa salariale di circa 3,3 milioni di pubblici dipendenti
rischia di limitare la trattativa sul recupero di efficienza e
produttività del settore.
Si prevede un taglio di 3,5 miliardi nel 2017 e
di 5 miliardi dal 2018. Per quanto riguarda la spesa sanitaria pubblica
sul PIL scenderà al 6,5% nel 2019, un livello di allarme per l’OMS
perché si associa ad un peggioramento della salute della popolazione e
dell’aspettativa di vita. E quindi, sebbebe il fabbisogno Sanitario
Nazionale sia stato rideterminato, sulla base delle quota d’accesso
definita in sede di riparto per l’anno 2015, in 113.062 milioni di euro
per l’anno 2017 e in 114.998 milioni di euro per l’anno 2018 e sebbene
vi sia comunque un incremento del Fondo di 2 miliardi rispetto all’anno
precedente, emerge chiaramente una progressione quasi geometrica degli
tagli sui bilanci pluriennali regionali. Ai contributi alla finanza
pubblica previsti dalla Legge di stabilità 2016, si sommano infatti
anche i tagli derivanti dalle precedenti manovre pari a 4.202 milioni
(di cui 2.000 milioni coperti con la riduzione del FSN). Insomma, i 116
miliardi di euro per il Fondo sanitario nazionale non sono stati
stanziati, così come si era impegnato il Governo, e non è stato
aggiornato l’elenco delle malattie croniche e rare esenti dal ticket e
quello di protesi ed ausili; non è stato aggiornato l’elenco dei LEA;
non è stato varato il Piano nazionale delle Cronicità; non si è
provveduto alla revisione dei ticket; non è stata varata la normativa
per le cure domiciliari. I dati, provenienti da più fonti mostrano che
la qualità ed accessibilità dei servizi sanitari, sono drammatici: un
cittadino su quattro in Italia non riesce ad accedere a servizi e
prestazioni sanitarie, a causa di liste di attesa e ticket (Pit
Salute-Cittadinanzattiva, 2015). Il 41% delle famiglie ha rinunciato ad
almeno una prestazione sanitaria nel corso dell’anno (Censis, 2015) e
sono quasi 4 i miliardi di euro sborsati privatamente dagli italiani per
ticket e prestazioni in intramoenia (Corte dei Conti, 2016). Solo 8
regioni garantiscono al momento il rispetto dei livelli essenziali di
assistenza (Ministero della salute, 2014).
Ecco alcune delle storie
raccolte ieri durante le proteste nella giornata europea dei diritti del
malato. Francesco, 30 anni, a causa di un incidente ha subito lesioni
alla colonna vertebrale e sta su una sedia a rotelle. La Asl ha detto di
scegliere tra letto articolato o carrozzina. Aspetta da 490 giorni che
sia rispettato il Patto per la salute. Andrea, 60 anni, convive da anni
con il Parkinson. Gli hanno ridotto le ore di fisioterapia gratuita da
90 a 30 ore l’anno e spende annualmente 12.960 euro per farla a casa.
Aspetta da 479 giorni che sia rispettato il Patto per la salute. Giulia,
mamma di Aurora di 8 anni: per gli esami di controllo per la bambina,
ha speso 16,17 euro per l’esame delle urine, mentre nel privato le
sarebbe costato 2,17 euro; e 20,89 euro per l’emocromo che nel privato
le sarebbe costato 9,89 euro: è l’effetto superticket. Aspetta da 520
giorni che sia rispettato il Patto per la salute e vuole l’abolizione
del superticket. “Oggi certifichiamo e denunciamo il mancato rispetto da
parte di Governo e Regioni del Patto per la salute dei cittadini e come
questo abbia effetti diretti sull’accesso alle cure, sui diritti dei
malati, sull’aspettativa di vita e sulle diseguaglianze sempre più
laceranti nel nostro Paese. E non capiamo proprio come il DEF 2016 possa
riportare nero su bianco che il Patto per la salute non solo è stato
già implementato, ma persino rafforzato”. Queste le dichiarazioni di
Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i Diritti del
malato. “È il momento di passare a fatti concreti: si cominci
dall’abolizione del superticket di 10 euro, una risposta concreta per
porre un freno alla rinuncia alle cure e per rilanciare il Servizio
Sanitario pubblico, bene comune e conquista irrinunciabile per i
cittadini. E trovare le risorse è fattibile: servono solo 834 milioni di
euro. Ben poca cosa rispetto agli 8 miliardi e mezzo per il Fondo
Sanitario ai quali Governo e Regioni hanno rinunciato per gli anni
2017-2018: insomma una cosa possibile, basta solo volerlo”.
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giovedì 5 maggio 2016
Sanità, ecco i numeri del disastro e delle fandonie di Renzi sull'incremento del fondo. "Vergogna!!!"
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