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Sarà stata pure una svista, ma quel che il
ministero dell’Interno egiziano intende fare coi giornalisti sta scritto nero
su bianco su una email che un computer
del dicastero diretto da Abdel Ghaffar, fedelissimo di Sisi, ha inviato “per
errore” a tutte le redazioni dei media nazionali. Le note nel cyberspazio
dicono che: “la cricca dei giornalisti e
il sindacato coprono due criminali ricercati dalla procura”. Molto più
esplicitamente parlano i fatti. Al Cairo nella notte di domenica agenti di
polizia hanno fatto irruzione nella sede del Sindacato dei giornalisti
portandosi via Amr Badr e Mahmoud al-Saqqa, i presunti criminali della email
ministeriale. Le accuse sono: incitazione alla violenza, destabilizzazione
della sicurezza nazionale, manifestazione non autorizzata (come sono da due
anni tutti gli assembramenti in Egitto). I due, assieme a decine di colleghi e
centinaia di attivisti avevano manifestato il 25 aprile scorso contro la
cessione all’Arabia Saudita delle isole del Mar Rosso Tiran e Sanafir, uno dei
favori con cui il generale-presidente ripaga la dinastia Saud per il prestito
di 12 miliardi promesso per sostenere l’economia e soprattutto la restaurazione
securitaria da lui praticata. L’irruzione è avvenuta durante la ricorrenza del ‘Giorno
della libertà di stampa nel mondo’ indetto proprio in solidarietà di Paesi come
l’Egitto, dove il mestiere dell’informazione è di fatto fuorilegge e getta i
reporter dritti in galera.
Durissimo il comunicato diffuso dal presidente
del Sindacato dei giornalisti d’Egitto Qalash, che accusa il ministero
dell’Interno di commettere un errore dietro l’altro e praticare una
sopraffazione continua della categoria e della libertà d’espressione
dell’intera cittadinanza. Secondo le leggi costituzionali vigenti e la stessa legge
sulla stampa le imputazioni e il mandato devono essere esibiti al presidente
del sindacato di categoria, tutto questo non è stato rispettato. Badr e
al-Saqqa sono stati prelevati in maniera illecita, come si fosse trattato di un
sequestro. Per ora si sa solo che verranno trattenuti per 15 giorni, ma
potrebbero vedersi calare addosso altri addebiti, finendo nella spirale
conosciuta da tanti attivisti fermati: ricevere nuove imputazioni e restare
detenuti a tempo indeterminato. Il portavoce di Ghaffar ha sostenuto che la
grave colpa del sindacato è quella di avere ospitato e nascosto due fuggiaschi
inseguiti da un mandato di cattura. Invece un cenno di solidarietà ai fermati è
giunto da un ex ministro della Cultura, Asfour, anche lui sostiene che questi
prelevamenti rappresentino un gesto giuridicamente illegale e un grave errore
politico (“l’azione ha il sapore di Stato
di polizia e il mondo inizia a parlare di una nostra continua violazione dei
diritti umani”). E un massmediologo, il professor Khalil, rincara la dose,
sottolineando come il silenzio sull’argomento di Al Sisi significhi chiara
compenetrazione coi passi compiuti dal suo ministro dell’Interno.
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