Archiviate le trivelle e il referendum tradito, cestinata la festa retorica della Liberazione, digerita anche l’accusa al Presidente del Pd campano di concorso esterno mafioso, Renzi si presenta in tv con De Luca, quasi mandando un messaggio subliminale a tutti i suoi detrattori per scongiurare la paura di essere peggio di quelli che l’hanno preceduto.
micromega p.farinella - prete
I
suoi predecessori a palazzo Chigi, infatti, non hanno eliminato una
sola delle circa trenta leggi «ad personam» emanate da Berlusconi per
suo unico uso e consumo personale, mentre Renzi riesce ad andare anche
oltre: sceglie Berlusconi, lo vuole, lo desidera come partner per fare copia fissa, senza dirlo in pubblico espressamente perché gli interessi sono comuni.
La scelta di Berlusconi di sacrificare (si
fa per dire) Bertolaso a favore di Marchini per le elezioni
amministrative di Roma, ha un solo obiettivo politico: fare vincere il
PD, smembrando i residui brandelli che restano della destra brancaleone.
Chi annusa anche i minimi segmenti della politica nostrana, aveva
capito da sempre che la candidatura di Bertolaso era una «civetta» per
permettere a Berlusconi di tenere per un po’ il boccino sulle tv e sui
giornali come è avvenuto. Ora, al momento giusto, zac! il colpo da
maestro: Bertolaso che già faceva finta, si ritira sul serio e «avanti
Marchini», cara la mia sora Cesira!
Tutti sanno che così la destra sarebbe
andata a gambe all’aria, per cui è lecito chiedersi: o sono
auto-eviranti o c’è uno scopo. Accantonata l’auto-evirazione che è
naturale perché propria dell’età, non resta che lo scopo. Questo non può
essere che uno solo e soltanto uno: fare vincere il Pd con Giachetti.
Andando alle elezioni da solo e con la destra unita, Il Pd avrebbe
dovuto misurarsi al ballottaggio o con il M5S o con la destra. In tutte e
due i casi avrebbe perso (è il senso diffuso delle proiezioni, ormai
stabilizzate). Con una destra abbastanza unita, e una parte di essa, per
ripicca e contestazione, che vota Pd, Renzi-Giachetti rischia di
vincere anche nel ballottaggio con 5Stelle.
A Berlusconi non interessa nulla di Roma,
come non gli è mai importato del governo e dell’Italia, perché a lui
interessano sempre e solo gli affari suoi che il Pd di Renzi gli sta
garantendo oggi, mantenendo fede alla promessa dichiarata solennemente
in Parlamento dall’allora presidente dei deputati DS (poi PD), Luciano
Violante, il 28-02-2002, quando rispondendo a una interrogazione, disse
testualmente a nome di quello che oggi è il PD di Renzi: «Onorevole
Anedda, la invito a consultare l’onorevole Berlusconi perché lui sa per
certo che gli è stata data la garanzia piena – non adesso, nel 1994,
quando ci fu il cambio di governo – che non sarebbero state toccate le
televisioni. Lo sa lui e lo sa l’onorevole Letta... Voi ci avete
accusato di regime nonostante non avessimo fatto il conflitto
d’interessi e avessimo dichiarato eleggibile Berlusconi nonostante le
concessioni... Durante i governi di centrosinistra il fatturato di
Mediaset è aumentato di 25 volte!» Più chiaro di così! (video
esilarante: https://www.youtube.com/watch?v=_stxOSyxE7k
). Da ciò emerge che il PD violò più di una legge per spianare la
strada a Berlusconi. Parola di un ex magistrato ed erede di Berlinguer!
Berlusconi è terrorizzato perché dai
processi ancora in corso potrebbero venire noie grosse, visto che ormai è
fuori gioco come politico e degradato anche da cavaliere; Renzi, dal
canto suo, non può permettersi di perdere Roma perché sarebbe l’inizio
della fine. Passi Napoli, passi Milano (forse), ma Roma è un simbolo, un
punto di non ritorno. In altre parole, Renzi deve vincere a tutti i
costi e si alleerebbe non solo con le mafie di terra, di cielo e di
aria, ma anche con Verdini che ormai è parte integrante del PD, per
ordine di Berlusconi (la scissione è una finzione che solo gli allocchi
possono bere). Berlusconi ha bisogno come l’aria che respira che vinca
il Pd perché solo così può cementarsi l’alleanza per il partito unico o
della Nazione o del Nazareno. Renzi perché pensa come B., sogna come B.,
è come B., anzi è B. clonato.
A Roma inizia la IV Repubblica delle banane
col passaggio del Rubicone dell’accoppiata Renzi-Berluska, eliminando
ciascuno la propria base e mettendo su una piattaforma, modello
«Endemol», per organizzare le finte elezioni al fine di dare una
spruzzata democratica apparente alla nomina dei fedelissimi.
Inizia la marcia su Roma da due fronti, da
Berlusconi e da Renzi, Arcore e Rignano, per proseguire verso la
conquista dell’Italia con le truppe scelte dei voltagabbana, dei
mafiosi, dei camorristi e del dopolavoro di Alfano che appena sente
«aumento dei tempi della prescrizione» minaccia la caduta del governo
perché è lì a garanzia non della legalità, ma della tutela di chi è
perseguito dalla Legge.
Per Roma, a questo punto, nonostante i limiti, nonostante le contraddizioni, nonostante i tentativi di sminuire il proprio curriculum,
non resta che tifare per la vittoria della Raggi dei 5Stelle che è
l’unico argine possibile allo stato delle cose. Se non altro per dare
una lezione e un «ciaone» al sig. Renzi che fece dimettere Marino per
una manciata di scontrini fiscali, mentre lui non ha ancora pubblicato
(né pubblicherà) quelli ben più gravi, da sindaco di Firenze e per
ricordargli che il suo partito non fu da meno nel sacco di Roma, ma
imparò da Alemanno e dai barbari fino a superarli alla grande: «Quod non
fecerunt barbari, fecerunt Barberini», dove Barberini non è la potente
famiglia papale dell’XI secolo in poi, ma fa rima con PiDini e con
Renzini e Boschini.
Paolo Farinella, prete
(1 maggio 2016)
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