lunedì 30 novembre 2015

Aziz, cacciatore di scafisti e kebabbaro: “I trafficanti usano le nostre prigioni come alberghi fra un viaggio e l’altro”.

“Se non conosci lo scafista lui ti frega”. Sembra lo spot contro l’Aids che andava in onda in tv negli Anni ’80, invece è il “mantra investigativo” di Abdelaziz Mouddih, detto Aziz, di giorno ausiliario di polizia giudiziaria alla Procura di Siracusa, di notte gestore di un ristorante di kebab con la moglie a Ortigia. E’ immigrato in Italia dal Marocco negli anni ’80.

F.Q. Lorenzo Galeazzi e Mario Portanova
Link alla video intervista 
Lo chiamano “il cacciatore di scafisti” e a sentirlo parlare c’è da crederci. Aziz infatti da quasi vent’anni affianca il team guidato dal sostituto commissario Carlo Parini presso la procura siciliana: il Gicic, Gruppo interforze di contrasto all’immigrazione clandestina: “Il gruppo è composto da uomini della Guardia costiera che sanno tutto di rotte, di barconi e di carte nautiche, da elementi della polizia giudiziaria e da me che oltre all’interprete faccio indagini anche sotto copertura”. (Guarda l’inchiesta del FattoTv sugli scafisti)
Lui e Parini sono i primi a salire sui barconi degli immigrati dopo i soccorsi in alto mare. Sono loro che iniziano a dividere e interrogare i passeggeri in modo da individuare subito i trafficanti. “Lo scafista è quello con il pacchetto di sigarette ancora pieno, vestito meglio degli altri e soprattutto asciutto.
Altra cosa fondamentale sono i soldi: “Hanno sempre quei due-tremila euro in tasca perché se riescono a farla franca hanno il denaro per sparire e tornare da dove sono venuti”, spiega il poliziotto-kebabbaro. Ma soprattutto sanno che in Italia è facile farla franca, anche se vengono arrestati: “Spesso sono incensurati, hanno gli avvocati che patteggiano, fanno qualche mese e “ciao ciao”. Sanno anche che per loro le prigioni italiane sono degli alberghi di riposo fra un viaggio e l’altro”.
“Gli scafisti sono di tre tipi – continua Aziz – i professionisti, che sono quelli di prima, coloro che guidando si pagano il viaggio e infine quelli costretti a portare la nave o il gommone, che di solito sono i neri”. E poi, un’altra grande differenza, forse la principale è se gli scafisti sono egiziani o, peggio, libici. “Quando vedo un natante di immigrati prego che sia egiziano perché se viene dalla Libia vuole dire che ce ne sono altri quattro appena affondati. I libici sono senza scrupoli, gli egiziani, anche se delinquono, sono molto più professionali”.
Ma perché, una volta tratti in salvo, gli immigrati non denunciano i trafficanti? La risposta di Aziz lascia senza parole e dà il metro della crudeltà di queste persone: “Gli scafisti spesso non consentono le partenze di interi gruppi famigliari proprio per garantirsi il silenzio dei migranti. Se parli e denunci ti ammazzo il fratello che si trova in Libia prigioniero in qualche capannone e ancora in attesa di partire”

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