Mai reazioni più sgraziate e
scomposte. Effettivamente abbiamo colpito nel segno. Iacona e i suoi
hanno colpito nel segno. La scuola pubblica che rivendica la sua dignità
di istituzione dello Stato ha colpito nel segno.
micromega m.boscaino
È clamoroso che – a fronte di un monopolio pressoché totale dei mezzi
di informazione, tale da far impallidire persino Berlusconi, al
cospetto – Renzi e i suoi yes women and men abbiano reagito tanto violentemente e istericamente. La trasmissione Presa Diretta domenica sera
ha rappresentato uno dei rari momenti di tv dell’ultimo anno in cui non
si sia rispettato il sedicente “senso di responsabilità” che il
Rottamator dei rottamatori – Matteo Renzi – chiede (o meglio impone) per
procedere senza intralci con le riforme che da 20 anni nessuno ha avuto
il coraggio di fare (leggi: tentando una “deriva autoritaria”, proprio
come ha sottolineato uno che se ne intende, Silvio Berlusconi).
Sta di fatto che non ci sono state ragioni. Le obiezioni al piano La Buona Scuola
sono state inutili. Convenzioni con catene di supermercati per
invogliare le famiglie a fare la spesa per raccogliere bollini da
trasformare in dotazioni multimediali per le scuole. «I supermercati che
mettono le mani sulle scuole: è giusto?», il quesito in questo caso.
Di quesiti ne sono stati posti tanti dalla trasmissione di Iacona.
Davanti alla critica documentata di una scuola pubblica che non svolgerà
più il ruolo di garante del principio di uguaglianza; che, quando va
avanti, lo fa con le risorse dei privati, cioè delle famiglie (per ora),
per poi in futuro includere soggetti esterni, che andranno a violare la
libertà di insegnamento e lo stesso principio di unitarietà del sistema
nazionale; che non garantisce il diritto allo studio, all’apprendimento
e alla sicurezza degli studenti; davanti alla presenza di un disegno di
legge (la Lipscuola) in
Parlamento in Senato, che il governo si ostina ad ignorare (dicendo
“ascolto”, ma poi decidendo in totale autoreferenziale solitudine su un
sistema scolastico che riguarda direttamente almeno 20 milioni di
individui); davanti alla dismissione, in sostanza, della scuola della
Costituzione che stanno tentando di imporre al Paese, invece di fermarsi
e riflettere, hanno iniziato a twittare convulsamente e a rilasciare
dichiarazioni decisamente surreali; con la novità che una voce anonima
ha esternato persino il punto di vista del Miur, associandosi ai
cinguettii.
Comportamenti che molto fanno capire della loro idea di democrazia e
del tanto sbandierato “ascolto”, della loro conoscenza reale della
scuola e, soprattutto, di quanto abbiano a cuore qualcosa di diverso
dall’eseguire pedissequamente diktat della Troika, anche se è proprio di
oggi la notizia che il loro zelo produce risultati insoddisfacenti: il rapporto Going for Growth dell’Ocse tira le orecchie all’Italia per la scarsità delle risorse delle risorse destinate alla scuola.
Fatevi un giro su twitter per rendervi conto: Davide Faraone, Andrea
Romano, Andrea Marcucci, Simona Malpezzi, Francesco Luccisano, e giù
nella tassonomia dei proni ai voleri del Giovane Capo, tutti –
indignati, forse, nella scoperta di un episodio che getta un’ombra
inquietante sul monopolio assoluto dell’informazione che si sono
preoccupati di imporre – hanno detto la loro.
Cinguettavano sul fatto che Iacona non avesse previsto
contraddittorio (proprio loro, sic!), loro che hanno letteralmente
occupato i media. Che non avesse parlato degli “investimenti” sulla
sicurezza, ed eccoli prontamente smentiti, con la prova della demagogia
di un’operazione che ha portato soldi a pioggia e investimenti
prioritari sul piano “Scuole Belle” nel Paese in cui solo nell’ultimo
mese sono crollati i controsoffitti di 3 scuole; e dove ancora i
genitori devono improvvisarsi imbianchini; inneggiavano al liceo
Labriola, esempio di “buona scuola”, ma ecco rivelare come la – presunta
– buona scuola poggi tenacemente (ed esclusivamente) sul finanziamento
delle famiglie per attuare innovazione e modalità alternative. Per non
parlare della questione del precariato e delle imminenti assunzioni, che
ha messo – se ce ne fosse bisogno – in evidenza alcune singolari
“particolarità”, soprattutto alla luce della sentenza della Corte di
Giustizia, che impone all’Italia l’assunzione di molti di coloro che il
piano Renzi fa fuori non solo dalla attuale tornata di assunzioni, ma
anche – e definitivamente – dall’insegnamento e per sempre.
Tra i cinguettii più grotteschi ci sono quello di Alessandro
Fusacchia (il ghost writer del Pdf La Buona Scuola, testo ispirato al
Renzi-pensiero): La cosa più importante che dovrà fare #labuonascuola è insegnare ai ragazzi l’onestà intellettuale. E il rifiuto degli slogan semplici.
Un’incredibile presa di posizione per chi ha prestato il suo “ingegno”
nella compilazione del più clamoroso documento del Pensiero Unico in
salsa neoliberal che la storia della scuola italiana ricordi, peraltro
denso di strafalcioni, anglicismi di matrice bancaria, luoghi comuni.
E quello del comprimario nella stesura del mitico testo, Francesco Luccisano: Peccato che #Presadiretta non abbia monitorato i 2000 eventi autorganizzati in giro per il Paese. Si trova tutto qui http://www.labuonascuola.gov.it.
Al quale basterebbe rispondere che loro – invece – Governo e Pd, che
nell’anomalia italiana sono la stessa cosa, hanno dimenticato (o,
meglio, ignorato) un testo di legge presente presso le Camere da 6 mesi;
e, al tempo stesso, 200 delibere di collegi docente contrari alla Buona
Scuola; non solo, hanno dimenticato persino di dirci i risultati del
sondaggio pilotato con cui pensavano di riscuotere con la mano sinistra
il consenso del mondo della scuola, e che invece è stato un flop.
Infine, hanno ignorato interrogazioni parlamentari che chiedevano lumi
proprio sugli incontri da loro organizzati, in cui hanno spesso
dimenticato qualsiasi interlocuzione dialettica, come evidenziato anche
da Presa Diretta, persino all’interno delle scuole; o sul trattamento riservato ai docenti e agli studenti
che, nella giornata conclusiva dell’”ascolto”, chiedevano di essere
ricevuti al Miur per portare le delibere raccolte. Si sa: la memoria è
corta; e la trave nel proprio occhio è meno evidente della pagliuzza
nell’occhio altrui.
Ma certamente la più incredibile delle dichiarazioni proviene dall’ex
bersaniana Francesca Puglisi, oggi della folta schiera dei
“fedelissimi” e pertanto responsabile scuola del PD; la quale ha
scritto: “Ieri invece nella prima parte della puntata è andato in
onda un film già vecchio i cui gli unici protagonisti erano persone che
stanno promuovendo un vecchio testo di legge che fu consegnato nelle
mani dell’allora presidente della Camera Fausto Bertinotti“. Non
siamo nuovi ad assistere a reazioni “nervose” della senatrice PD; la
dichiarazione – e gli ingredienti che la condiscono – in perfetto stile
berlusconiano (“vecchio; Fausto Bertinotti”: un binomio che tende ad
ammiccare a chi potrebbe avere in uggia un improbabile pericolo “rosso”,
ma anche la puzza di stantio, di un passato vetero da contrapporre al
loro furore interventista e modernista) raccontano l’ennesimo
voltafaccia di un partito che ha fatto la propria campagna elettorale
sulla scuola parlando della Costituzione Italiana e della necessità di
abrogare la legge Gelmini; di un partito che annuncia l’assunzione di
150mila docenti, ma dimentica intenzionalmente che la finanziaria del
2007 prevedeva l’immissione in ruolo di 150.000 precari delle GAE nel
triennio 2007-9 e 10 20 mila ATA.
Puglisi sa benissimo che i tagli agli organici disposti dalla Gelmini
sono stati dichiarati illegittimi sia dal TAR e dal Consiglio di Stato;
sentenze alle quali, nonostante le sollecitazioni, le regioni di
centro-sinistra ed i ministri che si sono succeduti alla Gelmini non
hanno dato esecuzione. La realtà è che Renzi oggi cavalca il tema della
centralità della scuola per demagogia, promettendo atti che sono dovuti, continuando a tagliare la spesa per la scuola rispetto al reale fabbisogno, invocando il sostegno dei privati.
Una notazione di carattere lessicale, ancora: “vecchio” e “obsoleto”
sono stati gli aggettivi che più hanno contraddistinto i commenti dei
piddini sulla prima parte del programma:
quella in cui si èparlato della Lip scuola. La migliore risposta a
questo profluvio di totem linguistici denigratori, per i nuovi cantori
della modernità, che di fatto stanno ripristinando un modello di scuola
antichissimo (la scuola di classe) è che l’Unione degli Studenti
ha fatto propria la proposta della Lip. Perché i principi della
Costituzione Italiana sono chiari ai ragazzi che frequentano la scuola,
ma non lo sono affatto a chi ci governa. Qui sotto una chiara
dimostrazione di vetero-vecchi-obsoleti adolescenti. Leggete cosa c’è
scritto sulle loro magliette.
Il sottosegretario Faraone, dopo aver affermato: «Noi non vogliamo
dare le chiave delle nostre scuole ai privati, ma al tempo stesso non
abbiamo paura del rapporto con i privati. Se Microsoft mette a
disposizione risorse economiche per formare insegnanti sulla didattica
digitale, o Unipol vuole investire su edifici fatiscenti, dobbiamo
rifiutare?», come a dire che lo Stato sarà d’ora in poi esentato da un
obbligo che la Costituzione gli impone, ha sottolineato che la denuncia
di Presa Diretta non cambia di una virgola il progetto di riforma del
governo Renzi. Con una minaccia finale: “Subito dopo la scuola, ci
occuperemo di università”.
Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Sta a noi continuare a
convincerli concretamente che “ascolto tutti, ma poi decido io” non è
una soluzione accettabile per la scuola italiana. E non solo.
Marina Boscaino
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mercoledì 11 febbraio 2015
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