Su 58 rappresentanti delle Regioni chiamati a votare per il Capo dello Stato, 22 sono indagati. Compresi 7 governatori, da Roberto Maroni fino a Nichi Vendola.
L'Espresso Michele SassoNella pattuglia che deciderà il futuro presidente della Repubblica ci sono anche loro: i delegati regionali.
Fanno parte dei 1009 grandi elettori, espressione con cui si definiscono i 945 parlamentari eletti, 6 senatori a vita e 58 rappresentanti delle amministrazioni “federali”. Scelti nei parlamentini regionali la scorsa settimana attraverso un voto e mandati a Roma per dire la loro nella battaglia per la più alta carica dello Stato.
Un club esclusivo e ambito: la scheda da inserire nell’urna con il nome del candidato prescelto è un onore da raccontare ai nipoti. Un’alta rappresentanza che fa però in qualche caso rischia di fare a pugni con le tante indagini sulle spese pazze.
I guai in casa non li escludono però dalla nobiltà del voto per il “re repubblicano”.
Come ricostruito da “l’Espresso” sono infatti ventidue i delegati sotto inchiesta: forse non determinanti per scegliere il successore di Giorgio Napolitano, ma con qualche caso sicuramente imbarazzante.
Tra di loro sono sette i governatori alle prese con problemi giudiziari. E ci sono anche dieci indagati per i rimborsi a carico dei contribuenti: consiglieri che non hanno avuto remore a farsi restituire il conto di tinture per capelli, sigarette, piante, cravatte e perfino una festa di capodanno. Dalla Sicilia al Friuli Venezia Giulia nessuno è escluso.
GOVERNATORE E GENTILUOMO
In Lombardia Roberto Maroni è indagato perché avrebbe esercitato «pressioni» per far ottenere «indebitamente» due contratti a tempo determinato a due persone a lui vicine. Un pasticcio in salsa leghista nato come stralcio dell’inchiesta madre delle presunte mazzette per lo scandalo internazionale targato Finmeccanica, che ha visto l’arresto dell’ex presidente Giuseppe Orsi.
Per il governatore pugliese Nichi Vendola pesa la richiesta di rinvio a giudizio: secondo le indagini, nel 2010 avrebbe fatto pressioni su Giorgio Assennato, direttore generale dell'agenzia regionale per l'Ambiente, minacciandolo di non confermare il suo incarico al fine di «ammorbidire» la posizione dell'agenzia sulle emissioni nocive dell’Ilva di Taranto.
Il presidente democratico della Toscana Enrico Rossi è indagato per falso ideologico nell'ambito dell'inchiesta sul buco finanziario dell'Asl di Massa Carrara. Una voragine che sarebbe arrivata a circa 240 milioni di euro a causa di una gestione “allegra” dell’azienda, con milioni dirottati nell’acquisto di auto, orologi di lusso, cani di razza e anche un allevamento di cavalli.
Per l’Abruzzo ci sarà il governatore Luciano D'Alfonso, imputato per corruzione – in appello, assolto in primo grado con formula piena – per una storia di mazzette. In un’altra inchiesta è invece rinviato a giudizio insieme agli imprenditori Alfonso, Paolo e Carlo Toto (ex patron dell’AirOne) per la controversa costruzione della strada Mare-Monti in provincia di Pescara. I capi di imputazione sono diversi: corruzione, truffa aggravata, falso ideologico, concussione, violazione delle leggi ambientali.
Unico nome per la Valle d’Aosta è il presidente Augusto Rollandin, sotto indagine per abuso d’ufficio nella realizzazione del nuovo parcheggio dell’ospedale cittadino.
EN PLEIN BASILICATA E MARCHE
Altro governatore e indagato è in arrivo dalla Basilicata. Si tratta di Marcello Pittella (Pd), fratello del vicepresidente del Parlamento Europeo Gianni, rinviato a giudizio lo scorso anno con l'accusa di peculato.
Con lui nel viaggio verso Roma un altro imputato nella stessa inchiesta spese pazze, l’Udc Franco Mollica.
A completare il tris c'è l'ex presidente della Provincia di Potenza Piero Lacorazza (Pd), a cui la Corte dei Conti contesta un presunto danno erariale per 14mila euro nella gestione dell'ente locale.
Le Marche hanno scelto il presidente Gian Mario Spacca, Mirco Ricci e Giacomo Bugaro. Sono tutti e tre indagati insieme ad altri 39 colleghi per le spese dei gruppi politici.
RIMBORSOPOLI E VOTO
Nutrito il gruppo di chi avrebbe usato fondi pubblici per scopi privati, fra i quali va menzionato Luigi Morgillo, indagato in Liguria per peculato per aver inserito fra le spese istituzionali il costo della camera per moglie e figlia al Grand hotel di Acqui Terme, in provincia di Alessandria.
Ci sono anche degli intramontabili tra i kingmaker del Quirinale come l'ex governatore del Molise Michele Iorio condannato in Appello per abuso d'ufficio (reato poi prescritto in Cassazione).
Il rappresentante della Calabria, Antonio Scalzo, è stato rinviato a giudizio in merito ad una inchiesta sull’Arpacal (l’agenzia dell’ambiente regionale) su cui graverebbero irregolarità nell’attribuzione di incarichi e nell’erogazione di fondi.
Per la Sardegna ci sarà il democratico Gianfranco Ganau, che da ex sindaco di Sassari è stato rinviato a giudizio per falso e tentata concussione per il piano urbanistico della città.
In Piemonte il vicepresidente Gilberto Pichetto (Forza Italia) è coinvolto nell’indagine legata al fallimento dell’azienda tessile Novaceta.
Nessuna indagine per il delegato laziale Daniele Leodori ma una storiaccia di rimborsi. Il presidente del consiglio, come ricostruito dal Fatto quotidiano, ha ricevuto la paga da dipendente per oltre un anno nonostante fosse in aspettativa perché eletto nelle fila democratiche. In un primo momento aveva dichiarato di aver già rimediato da mesi all'errore tecnico, ma stando ai documenti presentati dai grillini ha proceduto alla restituzione solo a luglio 2014.
Non ce l'ha fatta invece a essere delegato come rappresentante Francesco Storace, vicepresidente del consiglio, leader de "La Destra" ed ex governatore, non ce l’ha fatta a passare alla storia come il primo politico condannato per villipendio al capo dello Stato a partecipare alla scelta del nuovo inquilino del Quirinale.
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