Da questa sera la cartina di tornasole che rivela chi sia davvero democratico in Europa è alla portata di tutti: coerentemente democratico è solo chi sostiene la Grecia nella sua scelta di emancipazione dalla prepotenza della Mammona finanziaria.
Chi non è disposto a sostenere i greci che hanno scelto Tsipras si dimostrerà nel migliore dei casi un democratico loffio, un democratico corrivo verso l’establishment del denaro, o semplicemente un non democratico che ciancia di democrazia. Staremo a vedere, perciò.
Il risultato elettorale greco rende ancora più urgente la riflessione sulla scomparsa di un riformismo degno di questo nome negli altri paesi europei (tranne la Spagna, dove la speranza si chiama “Podemos”). E più che mai in Italia, dove in settimana il regime di Berlurenzi intende chiudere il cerchio del suo più che ventennio eleggendo al Quirinale il proprio garante anziché il Custode della Costituzione Repubblicana (nata dalla Resistenza antifascista, Grundnorm e quindi fonte irrinunciabile della legittimità dell’intero sistema).
Diamo intanto per scontato che a “sinistra” si scateneranno scomposti minuetti di pretendenti Tsipras nostrani, la penosa kermesse vendoliana “Human Factor” avrà solo dato la stura (Vendola: quello dello sghignazzo con l’uomo dei Riva, vi rendete conto?!).
Bisognerà far finta di niente e dedicarsi invece seriamente all’analisi, alla ricostruzione di una cultura di sinistra che in questi anni ha trovato pochi altri ridotti di elaborazione all’infuori di MicroMega, all’individuazione dei tantissimi focolai di società civile democratica intenzionati a non restare solo impegno e testimonianza civile e sociale ma sempre più consapevoli che solo una forza politica “giustizia e libertà”, che ponga al centro la politica come bricolage anziché la politica come mestiere, può evitare che le lotte sociali e civili vengano, come fin qui avvenuto, tradite e calpestate dai governi e dai parlamenti.
Seriamente, ma subito. Altrimenti la pazienza, dote rivoluzionaria, diventa vizio.
Oggi in Grecia, domani in Spagna, dopodomani in Italia: la speranza evita di avvitarsi in illusione solo se nutrita dal lavoro coerente di informazione, di elaborazione, di azione. Dove la coerenza tra il dire e il fare (anche sotto il profilo personale: se si promettono dimissioni, si danno, punto) diventa strumento irrinunciabile e criterio primo di credibilità. E senza credibilità adamantina dei suoi leader (oggi introvabili) nessuna forza “giustizia e libertà” potrà nascere, benché lo spazio per essa cresca ogni giorno.
(25 gennaio 2015)
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