Il disastro dell'edificio alla periferia di Dacca, dove erano
concentrate centinaia di micro aziende tessili, che facevano lavorare
migliaia di operai con paghe da fame per conto di grandi Marchi
internazionali, compresi alcune note aziende italiane, come Benetton,
Manifattura Corona e Yes Zee.
repubblica.it
ROMA - Quei 1.138 morti
sotto le macerie del Rana Plaza, in Bangladesh, aspettano ancora
giustizia. E' trascorso un anno dal crollo dell'edificio alla periferia
di Dacca, avvenuto il 24 aprile 2013, dove erano concentrate centinaia
di micro aziende tessili, che facevano lavorare migliaia di operai con
paghe da fame per conto di grandi Marchi internazionali, compresi alcune
note aziende italiane, come Benetton, che si rifornivano presso le
aziende ospitate in quel palazzo e che non sono ancora riuscite a
predisporre finanziamenti adeguati per risarcire le vittime e i loro
familiari.
Inadempienti nonostante gli accordi. I
marchi coinvolti e i loro distributori hanno contribuito finora con
soli 15 milioni di dollari, appena un terzo dei 40 milioni necessari. E
questo nonostante sia stato siglato un accordo innovativo tra marchi,
governo del Bangladesh, lavoratori, sindacati nazionali e internazionali
e ONG, supervisionato dall'ILO
- l'Organizzazione mondiale del Lavoro, fondata nel 1919 e divenuta la
prima agenzia specializzata delle Nazioni Unite nel 1946 - per
predisporre un programma di risarcimento delle vittime del Rana Plaza
inclusivo e trasparente, conosciuto come l'Arrangement, il Donor Trust
Fund volontario, istituito per raccogliere le donazioni è ad oggi
tristemente sotto finanziato.
Quei 5 milioni non dati sono soli 1,4% degli utili.
"I grandi marchi internazionali della moda hanno nuovamente fallito nel
garantire il rispetto dei lavoratori che producevano per loro" -
commenta Deborah Lucchetti della Campagna Abiti Puliti
- "Oggi, violando il diritto dei sopravvissuti e delle famiglie delle
vittime del Rana Plaza a ricevere il giusto risarcimento per un disastro
che poteva e doveva essere evitato, i marchi europei e nord americani
infliggono a migliaia di persone una sofferenza continua, ingiusta e
intollerabile. Se poi guardiamo ai profitti realizzati dalla Famiglia
Benetton nel 2012" - continua Lucchetti - "constatiamo che la richiesta
di 5 milioni di dollari per il Fondo di risarcimento equivale appena
all'1,4% degli utili realizzati da gruppo, una percentuale davvero
marginale per un'azienda che deve il suo successo economico anche al
lavoro sottopagato e rischioso dei lavoratori bangladesi. Non ci sono
scuse per non pagare, le imprese coinvolte devono assumersi le proprie
responsabilità, è una questione di diritti e di civiltà."
Le celebrazioni organizzate.
Per celebrare il primo anniversario dal crollo, attivisti, cittadini e
cittadine in tutto il mondo entreranno in azione al fianco dei familiari
delle vittime. In Italia, fra le iniziative di pressione verso le
imprese italiane Benetton, Manifattura Corona e Yes Zee in favore della
costituzione del Fondo di risarcimento, il 24 aprile saranno
organizzati:
- Firenze, ore 12: Flash mob in
Piazza Santa Trinità a cura di EU-ROPA progetto artistico della
Compagnia Insomnia dedicato al tema dei diritti umani nell'industria
dell'abbigliamento in collaborazione con Filtcem-CGIL, Mani Tese
Firenze, ACU Toscana e Villaggio dei Popoli
- Milano,
ore 15: Flash mob in Piazza Duomo a cura di Price is Rice in occasione
del Fashion Revolution Day e in collaborazione con Abiti Puliti
- Treviso,
ore10-19: Palazzo dei 300, mostra L'arte del lavoro a cura Ass.
culturale Pulperia in cui saranno ospitati immagini e materiali sul Rana
Plaza.
Altre iniziativa in Italia e in Bangladesh.
Saranno inoltre organizzate iniziative di sensibilizzazione e raccolta
firme a sostegno della petizione internazionale verso Benetton in
diverse Botteghe del Commercio Equo e solidale. A Dacca, lavoratori e
sindacalisti ricorderanno con una serie di eventi tutti coloro che hanno
perso la vita quel giorno: tra i vari eventi si potrà assistere al
racconto delle vittime presso il Worker Solidarity Center a Dacca e ad
una catena umana sul luogo del crollo. A livello internazionale, l'Asia
Floor Wage Alliance, la Clean Clothes Campaign, l'International Labor
Rights Forum (ILRF), il Maquila Solidarity Network e il Worker Rights
Consortium organizzeranno eventi commemorativi nelle strade dello
shopping e in spazi pubblici.
La lista "nera" delle aziende.
La richiesta di tutti sarà che i marchi che continuano a rifiutarsi di
contribuire al Donor Trust Fund facciano dei versamenti significativi e
in tempi rapidi. Tra questi le aziende italiane Benetton, Manifattura
Corona e Yes Zee. E poi Adler Modermarkte, Ascena Retail, Auchan,
Carrefour, Cato Fashions, Grabalok, Gueldenpfennig, Iconix (Lee Cooper),
J C Penney, Kids for Fashion, Matalan, NKD e PWT (Texman), tutte
aziende che avevano produzioni al Rana Plaza durante il crollo e poco
prima. Liana Foxvog dell'ILRF aggiunge: "Children's Place, il cui CEO ha
guadagnato 17 milioni di dollari lo scorso anno, ha pagato una cifra
pari a soli 200 dollari per famiglia. L'azienda considera davvero la
vita delle persone così a buon mercato? Devono pagare di più. I bambini
rimasti orfani, i lavoratori rimasti senza arti, le famiglie che hanno
perso chi portava l'unico reddito, contano su un risarcimento adeguato
ai loro bisogni fondamentali"
Il ruolo dei governi e della politica.
Il Donor Trust Fund è aperto a donazioni volontarie ed è supervisionato
dall'ILO come attore neutrale. "Per raggiungere l'obiettivo dei 40
milioni di dollari è anche necessario che il Governo e gli industriali
del Bangladesh aumentino i loro contributi. Parallelamente anche i
governi Usa e Ue devono fare passi immediati e concreti per assicurarsi
che le aziende dei loro paesi paghino quanto è necessario: esattamente
quanto abbiamo chiesto al Governo e alle istituzioni italiane durante il
tour con Shila Begum, sopravvissuta del Rana Plaza, lo scorso 1° di
aprile durante le audizioni con il sottosegretario al lavoro Teresa
Bellanova, la Vice Presidente del Senato Valeria Fedeli, la Presidente
della Camera Laura Boldrini e il Presidente della Commissione Diritti
Umani Luigi Manconi" ha dichiarato ancora Deborah Lucchetti.
Il processo di risarcimento.
Dal 24 marzo scorso il processo di risarcimento è iniziato e si sta
lavorando perché tutti coloro che hanno perso un famigliare o sono
rimasti intrappolati nella fabbrica ricevano adeguato risarcimento. "Se
mancano i fondi, allora non saremo in grado di fare un buon servizio a
queste persone e la situazione si farà molto difficile" ha concluso il
Dott. Mojtaba Kazaki, il Commissario Esecutivo dell'Arrangement.
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giovedì 24 aprile 2014
Bangladesh, un anno dopo il crollo del Rana Plaza 1.138 operai morti chiedono ancora giustizia.
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