L’annuncio, come ormai d’abitudine, arriva via Twitter. «Mercoledì
(domani, ndr) la P.A. con un pensiero affettuoso agli amici gufi», ha
cinguettato dal suo account il premier Matteo Renzi, spiazzando tutti.
ilmessggero.it di Andrea Bassi
Persino le struture di Palazzo Chigi che, invece, complice il ponte del
primo maggio, si erano tarate per portare la riforma al consiglio dei
ministri della prossima settimana. Ma tant’è. Domani sarà il gran giorno
per gli statali e per i grand commis. Non è detto, tuttavia, che ci
sarà l’approvazione del decreto e del disegno di legge delega che
dovrebbero comporre la riforma. Sui testi si sta ancora lavorando. A
Palazzo Chigi le bocche sono cucite. Dopo le fughe di notizie dei giorni
scorsi, soprattutto sui tetti agli stipendi dei dirigenti, si vogliono
evitare altri contraccolpi che possano minare il progetto. Quello che
trapela è che Renzi e il ministro della funzione pubblica, Marianna
Madia, presenteranno un’iniziativa che riguarderà non solo il merito, ma
anche il metodo della riforma.
ADDIO AI VECCHI RITI
«L’idea che abbiamo avuto - ha spiegato il premier ai suoi fedelissimi - è quella di rovesciare l’approccio, di cambiare verso al modo con il quale si è affrontato finora il nodo della Pubblica amministrazione». Cosa significa?Il metodo, per ora, di certo è cambiato. I sindacati sono stati sentiti, ma senza avviare nessun tavolo di trattativa. E ieri sia la Cisl che la Cgil hanno duramente protestato per questa esclusione. La concertazione, insomma, non c’è stata e non ci sarà. Le opinioni dei sindacati, come quelle di tutti gli altri soggetti interessati dalla riforma, potrebbero essere raccolte con una modalità innovativa, una consultazione on line sui contenuti della riforma della pubblica amministrazione.
I CONTENUTI
Contenuti che in parte sono già trapelati nelle scorse settimane. Di certo ci sarà una riforma della dirigenza pubblica. La distinzione in fasce (prima e seconda) sarà eliminata e arriverà un ruolo unico. I dirigenti saranno a termine e dovranno ruotare. Dai ministeri scomparirà la figura del Capo dipartimento. La parte variabile della retribuzione sarà ridotta (a Palazzo Chigi è già stata tagliata del 15 per cento), e i premi di risultato saranno corrisposti non più a pioggia ma dopo un’attenta valutazione delle performance. Una parte sarà anche legata all’andamento dell’economia. Se il Paese va male niente premi ai dirigenti pubblici. Secondo il piano Cottarelli dalla riforma della Pa dovranno arrivare in tutto 3 miliardi di euro di risparmi. Solo dalle nuove norme sulla dirigenza sono previsti 500 milioni di risparmi.
La parte più sensibile politicamente, tuttavia, resta quella degli esuberi. Cottarelli ne ha conteggiati 85 mila. Il ministro Madia ha aperto ad una staffetta generazionale, prepensionare o garantire degli scivoli per il lavoratori più anziani per favorire l’ingresso dei giovani. Ci sarà una centralizzazione delle assunzioni (tutti saranno dipendenti della Repubblica e non di un singolo ministero) e la mobilità obbligatoria. Bisognerebbe sbloccare il turn over, attualmente fissato al 20 per cento: ogni cinque lavoratori che escono ne può essere assunto solo uno.
C’è il problema del rischio disparità con i privati, soprattutto gli esodati, che senza scivoli verso il ritiro sono rimasti senza pensione e senza stipendio. L’altro meccanismo è già previsto dalle norme vigenti anche se poco utilizzato: l’esonero dal servizio. Il dipendente pubblico viene lasciato a casa a circa metà stipendio quando manca poco alla pensione. Questo sistema, che potrebbe essere applicato soprattutto per i dirigenti, potrebbe essere migliorato prevedendo un impegno «part time» in alcuni settori dello Stato particolarmente carenti. Infine ci sarà la parte di semplificazione amministrativa, con l’arrivo di un «Pin» unico per accedere a tutti i servizi della Pa.
ADDIO AI VECCHI RITI
«L’idea che abbiamo avuto - ha spiegato il premier ai suoi fedelissimi - è quella di rovesciare l’approccio, di cambiare verso al modo con il quale si è affrontato finora il nodo della Pubblica amministrazione». Cosa significa?Il metodo, per ora, di certo è cambiato. I sindacati sono stati sentiti, ma senza avviare nessun tavolo di trattativa. E ieri sia la Cisl che la Cgil hanno duramente protestato per questa esclusione. La concertazione, insomma, non c’è stata e non ci sarà. Le opinioni dei sindacati, come quelle di tutti gli altri soggetti interessati dalla riforma, potrebbero essere raccolte con una modalità innovativa, una consultazione on line sui contenuti della riforma della pubblica amministrazione.
I CONTENUTI
Contenuti che in parte sono già trapelati nelle scorse settimane. Di certo ci sarà una riforma della dirigenza pubblica. La distinzione in fasce (prima e seconda) sarà eliminata e arriverà un ruolo unico. I dirigenti saranno a termine e dovranno ruotare. Dai ministeri scomparirà la figura del Capo dipartimento. La parte variabile della retribuzione sarà ridotta (a Palazzo Chigi è già stata tagliata del 15 per cento), e i premi di risultato saranno corrisposti non più a pioggia ma dopo un’attenta valutazione delle performance. Una parte sarà anche legata all’andamento dell’economia. Se il Paese va male niente premi ai dirigenti pubblici. Secondo il piano Cottarelli dalla riforma della Pa dovranno arrivare in tutto 3 miliardi di euro di risparmi. Solo dalle nuove norme sulla dirigenza sono previsti 500 milioni di risparmi.
La parte più sensibile politicamente, tuttavia, resta quella degli esuberi. Cottarelli ne ha conteggiati 85 mila. Il ministro Madia ha aperto ad una staffetta generazionale, prepensionare o garantire degli scivoli per il lavoratori più anziani per favorire l’ingresso dei giovani. Ci sarà una centralizzazione delle assunzioni (tutti saranno dipendenti della Repubblica e non di un singolo ministero) e la mobilità obbligatoria. Bisognerebbe sbloccare il turn over, attualmente fissato al 20 per cento: ogni cinque lavoratori che escono ne può essere assunto solo uno.
C’è il problema del rischio disparità con i privati, soprattutto gli esodati, che senza scivoli verso il ritiro sono rimasti senza pensione e senza stipendio. L’altro meccanismo è già previsto dalle norme vigenti anche se poco utilizzato: l’esonero dal servizio. Il dipendente pubblico viene lasciato a casa a circa metà stipendio quando manca poco alla pensione. Questo sistema, che potrebbe essere applicato soprattutto per i dirigenti, potrebbe essere migliorato prevedendo un impegno «part time» in alcuni settori dello Stato particolarmente carenti. Infine ci sarà la parte di semplificazione amministrativa, con l’arrivo di un «Pin» unico per accedere a tutti i servizi della Pa.
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