lunedì 28 aprile 2014

#Gramsci, l'anniversario della morte viaggia on line con successo, nel frastuono delle santificazioni

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La grande carnevalata di San Pietro è riuscita ad oscurare oggi la ricorrenza della morte di Antonio Gramsci, un uomo che ripeteva che "il Vaticano rappresenta la più grande forza reazionaria esistente in Italia".
Settantasette anni fa, il 27 aprile 1937 Gramsci si spegneva dopo anni e anni di detenzione nelle carceri fasciste. Impossibile dimenticare la statura di chi ha illuminato con le sue azioni e i suoi scritti la vita culturale e politica del nostro Paese. E continua a darci le "dritte" giuste per capire il presente. “Voi fascisti porterete l’Italia alla rovina, e a noi comunisti spetterà salvarla!“, fu la risposta che Antonio diede al giudice che gli aveva appena comminato 20 anni e 4 mesi di carcere e gli aveva chiesto che cosa avrebbero fatto i comunisti qualora l’Italia fosse entrata in guerra. Da allora il Bel Paese ha fatto un lungo giro, ma sta tornando lì. 

Un modo orginale per ricordare questo grande pensatore e uomo politico è stata sicuramente l'iniziativa di Francesca Ferri3 in collaborazione con #scritturebrevi (di Francesca Chiusaroli). L'idea è stata quella di aprire un hastag su Gramsci (#Gramsci) in prossimità dell'anniversario della morte. Dal 25 ad oggi sono stati scritti una vera e propria valanga di tweet, poi raccolti in storify, dove se ne possono leggere quasi mille, ma in realtà sono molti di più. 


"Il desiderio era quello di raggiungere una platea variegata per sollecitare la riflessione culturale - sottolinea Francesca Ferri - in un momento di forte buio culturale. La campagna è stata un successo e per un momento è anche comparsa nel trend topic". "A parte la piacevole sorpresa di etnrare in contatto con nuove persone, a decine - aggiunge Francesca - più o meno della stessa estrazione culturale e politica, è venuta fuori l'esigenza di far vivere gruppi di studio". "Tra le tante segnalazioni che ci sono arrivate - aggiunge Francesca - c'è, per esempio, l'inagurazione prossima dell'Università popolare per iniziativa di Raul Mordenti". Insomma, uno di quei casi in cui "l'off line" riesce ad essere trainato dall'on line. O meglio, per dirla con altre parole, uno di quei rari casi in cui l'on line non si richiude su se stesso. 

Un "evento" tweet funzionale non alla mera rievocazione, ma che ha mobilitato energie e sviluppato confronti. "Per contaminare basta andare preparati - precisa Francesca -. Bisogna cogliere il momento giusto e, soprattutto, fare massa on line per evitare il rischio di non essere bannati. E poi tanta sensibilità, rispetto, e tanti argomenti". 

Nei tweet, il tema più battuto è stato quello dell'odio verso gli indifferenti. Un odio culturale quello di Gramsci che voleva mettere in risalto la necessità di assumersi le proprie responsabilità nei confronti della storia quando questa apre i varchi a tutti, ovvero al popolo. “Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che «vivere vuol dire essere partigiani». Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare.Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. [...] Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? [...] Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.” (da Indifferenti, La città futura, numero unico, 11 febbraio 1917). 

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