Quando il gioco si fa duro è un libro forte e di denuncia. Nadia Toffa – uno tra i volti più noti della trasmissione Le Iene - nel suo libro d’esordio indaga in modo approfondito il mondo del gioco: l’unica industria in Italia che non conosce la crisi. Già, perché il gioco d’azzardo è un fenomeno davvero allarmante che in Italia sta vivendo un’ espansione senza precedenti.
Con il suo stile unico che la contraddistingue, Nadia analizza in modo efficace questo fenomeno non solo dal punto di vista sociale, ma approfondisce i vari aspetti a livello economico e politico: indaga su chi guadagna realmente sul gioco d’azzardo.
Nel libro si legge che in Italia si contano circa cinquemila sale giochi. Quasi un quarto dei soldi spesi nel mondo per il gioco d’azzardo in internet sono degli italiani. L’ Italia – con un’ economia in crisi – è a tutti gli effetti il quarto paese nel mondo dopo Stati Uniti, Giappone e Macao (Cina) per volume di gioco, e il primo in Europa. Il gioco rappresenta il 5% del Pil italiano.
Nonostante il volume d’ affari aumenti in modo esponenziale, gli incassi dello Stato crescono di pochissimo. A fronte di un incremento di 60 miliardi di incassi negli ultimi 10 anni, il guadagno dello Stato è passato da 7 a 8 miliardi, perché in primis le tasse dei nuovi giochi, che sono quelli che vanno per la maggiore, sono molto più basse. Gli italiani spendono molto di più al gioco, ma lo Stato ci guadagna di meno. Le Vlt – le famigerate videolottery che vanno a banconote- e i giochi on line hanno un livello di tassazione assai basso rispetto a quello degli altri giochi. E qui c’è da chiedersi se lo Stato ha fatto bene i suoi conti; se questo business è quello giusto per risollevarsi dalla crisi; e soprattutto se lo Stato ha calcolato il danno sociale che crea nelle famiglie italiane.
Nel febbraio 2012 la Corte dei Conti ha preso atto della condanna penale della Cassazione per il mancato collegamento delle macchinette tra il settembre 2004 e il gennaio 2007 al sistema di controllo che doveva garantire la regolarità del gioco e ha abbassato la multa alle concessionarie da 98 miliardi ad appena due miliardi e mezzo. Per un totale di sconto del 96,5%. La pena da 2 miliardi e mezzo viene poi ulteriormente scontata a 600 milioni circa. E se la pagano subito hanno un ulteriore sconto! Incredibile!
E poi c’è la criminalità organizzata con costanti tentativi di imporsi o accreditarsi quali “gestori” con l’obiettivo di riciclare i capitali sporchi. È proprio il Parlamento nel 2012 a parlare di rischio di infiltrazioni delle organizzazioni criminali tramite: macchinette illegali, clandestine, perché scollegate dalla rete telematica o perché manomesse. Da casi di cronaca di confische della guardia di finanza si apprende che le mafie inoltre impongono a alcuni gestori le loro macchinette, quelle giuste, quelle taroccate. Il 2 marzo viene proposta una legge che rende necessaria una certificazione antimafia fino al terzo grado di parentela per aprire una sala slot o per essere detentori di una concessione ed escludeva condannati e indagati. Poi un mese dopo quando il testo approda in Senato sparisce il divieto per “parenti e affini entro il terzo grado” e sparisce il divieto anche per gli indagati.
Di queste e tante altre realtà ‘scomode’ di cui nessuno parla, racconta invece Nadia Toffa. Quando la incontro per l’intervista mi dice che ha avuto premura di scrivere questo libro. Nei suoi occhi si legge infatti l’urgenza di far conoscere queste tematiche, la sua voglia di poter raccontare e urlare queste storie. I suoi occhi brillano, alimentati da una grande passione e da un forte impegno civile. Dobbiamo fare in fretta, ci vogliono rubare i sogni con l’illusione di vincere.
Da molti il gioco viene visto infatti come l’ unica via di uscita dalla situazione di crisi. Studi dimostrano che nei periodi di crisi economica si tenti molto di più la fortuna al gioco e che a giocare siano soprattutto le fasce maggiormente colpite, ceti medio bassi e disoccupati.
Ne Il fu Mattia Pascal Pirandello paragona l’ illusione del giocatore di avere un potere sul caso al tentativo di “estrarre il sangue dalle pietre”. Molte persone infatti arrivano a pensare di essere diventati abili nel gioco, e quindi di eccellere in qualcosa che dipende solo dal caso.
Invece il banco vince sempre.
“Sulle vetrine ci sono immagini di gente vincente – dice Nadia – è troppa l’ offerta del gioco. Non dico che bisogna essere proibizionisti, assolutamente no, ma ci deve essere un’ educazione al consumo. Infatti ho voluto scrivere questo libro per fare educazione al gioco. Siamo di fronte a una nuova dipendenza, una dipendenza senza sostanza. Leggere questo libro ti insegna a riconoscere gli effetti e i primi segnali della malattia del gioco. E poi ci sono le storie umane: mi hanno scritto in molti e sono in contatto con i protagonisti delle vicende che racconto nel libro. Paolo di cui racconto sta male. Voglio stargli vicina, cerco di stimolarlo. Lo voglio convincere a chiedere aiuto; molte persone si vergognano, si sentono stupide e impotenti”.
Il ritmo risulta incalzante e il libro è assolutamente fruibile e comprensibile: è questa la sua vera forza. Perché, come dice la iena, “credo che se una persona non capisce il fenomeno è stato un errore tuo poiché non sei stato capace di trasmettere il concetto”.
Tra le varie testimonianze di ludopatici raccontate, troviamo la storia di Sara, una ragazza che si stava per laureare in medicina e che, partendo dalla compulsione da gioco diventa sesso-dipendente. Renatino è invece un giocatore compulsivo da cinque anni: in pochi minuti si brucia lo stipendio alle slot machine e per racimolare i soldi si trasforma in un rapinatore. Nik si è rovinato con i giochi online e i gratta e vinci: si riduce a giocare nel garage come un topo per farlo indisturbato.
Le loro storie sono quelle di persone invisibili e insospettabili perché, a soffrire di ludopatia, sono persone di tutte le età, di varia cultura ed estrazione sociale.
Conoscere questa patologia è l’unico modo per non averne paura. E per questo Nadia Toffa nel suo decalogo presenta le cose da non fare e quelle da fare.
Insomma, vietato vietare, ma occorre educare al consumo.
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