I due istituti hanno sottoscritto, insieme a una società di consulenza e al fondo di investimento newyorkese Kkr, un protocollo che prevede lo sviluppo di "una soluzione innovativa" per "massimizzare il valore di un selezionato portafoglio di crediti in ristrutturazione".
Da tempo i due istituti stanno valutando la cessione di crediti dubbi a una società comune, in modo da alleggerire i bilanci. L’11 marzo, in sede di presentazione dei conti 2013 (14 miliardi di perdite proprio in seguito alle “pulizie contabili”) e del piano strategico al 2018, Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit, aveva anzi già annunciato la “segregazione” in un portafoglio autonomo di 87 miliardi di crediti, due terzi dei quali deteriorati, con l’obiettivo di “ridurne il peso del 60% al 2018”. Nel dicembre scorso, poi, l’istituto aveva ceduto al fondo Cerberus un “pacchetto” di crediti non garantiti (legati a contratti di credito al consumo e prestiti personali) del valore di 950 milioni di euro e al fondo AnaCap un altro fardello dall’ammontare nominale di 700 milioni. E anche Intesa, che ha chiuso il 2013 in rosso per 4,55 miliardi ed è gravata da circa 55 miliardi di sofferenze, ne ha impacchettati 46 in un portafoglio chiuso che dovrebbe essere tagliato della metà nei prossimi quattro anni. Lo stesso governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, si è detto favorevole a una “bad bank di sistema”, soprattutto in un momento in cui, in vista dell’esame Bce, le banche hanno necessità di rafforzare il capitale e migliorare la qualità degli attivi.
Una recente analisi del Centro studi Unimpresa su dati della Banca d’Italia ha mostrato che il peso delle sofferenze bancarie – arrivate, in febbraio, a superare i 162 miliardi di euro complessivi – è legato soprattutto ai grandi prestiti che difficilmente vengono rimborsati: su tre rate non onorate, due sono relative a crediti di alto importo. Il 66,1% del totale dei crediti difficili da riscuotere (107 miliardi) si riferisce a finanziamenti superiori a 500mila euro, mentre il 33,9% (54,9 miliardi) fa capo a crediti compresi tra i 250mila e i 500mila euro. In una platea di oltre 1,2 milioni di clienti in ritardo sui pagamenti, su appena 457 soggetti pesano sofferenze per 20,3 miliardi. Detto in altri termini, oltre il 66% dei crediti dubbi si riferiscono a una piccolissima percentuale di debitori: il 3,9% del totale.
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