19.12.2013
– E’ stata votata la Legge di Software Libero e Formati Aperti nello
Stato dopo quasi dieci anni di progetti di legge che sistematicamente
finivano archiviati nei cassetti, i primi, nei quali si parlava
unicamente di Formati Aperti, e l’ultimo votato con mezza sanzione nella
Camera dei Deputati nel dicembre 2012 (molto più articolato di quello
che alla fine è stato votato il 18 dicembre) in cui si diceva che il
software comprato o sviluppato dallo Stato, oltre alla caratteristica di
Software Libero doveva comprendere il fatto che anche il software da
sviluppare (frameworks, ecc.) fosse libero “compreso l’accesso come
software libero al o ai programmi necessari allo sviluppo” (Testo
approvato alla Camera dei deputati a dicembre del 2012 (https://docs.google.com/file/d/0B09dMJyGM2XnZzYxREdOallMazQ/edit?pli=1).
Il testo di legge contiene i seguenti cinque articoli:
ARTICOLO 1. I Poteri Esecutivo, Legislativo e Giudiziario, gli enti autonomi, gli organismi decentralizzati, le imprese dove lo Stato possegga la maggioranza delle azioni, i Governi Dipartimentali, le Giunte Dipartimentali, il Tribunale per il Contenzioso Amministrativo, la Corte Elettorale e gli organismi di controllo dello Stato devono distribuire tutte le informazione in almeno un formato aperto, standard e libero. Ogni richiesta di informazione deve essere accettata in almeno un formato aperto e standard.
ARTICOLO 2. Nelle istituzioni e dipendenze dello Stato citate nell’ art. 1, quando si contrattano licenze di software si deve dare la preferenza al sofware libero. Nel caso in cui si scelga un software privativo bisognerò spiegarne la ragione.
Nel caso in cui lo Stato contratta o sviluppa software, questo stesso quando sarà distribuito lo sarà come software libero. Lo scambio di informazioni realizzato con lo Stato attraverso Internet, deve essere possibile in almeno un programma distribuito come software libero.
ARTICOLO 3. E’ di interesse generale che il sistema educativo provveda a promuovere l’uso di software libero.
ARTICOLO 4. Il Potere Esecutivo deve regolamentare in un termine di 180 (centottanta) giorni le condizioni, i tempi e le forme in cui si dovrà effettuare la transizione dalla situazione attuale ad una che soddisfi le condizioni della presente Legge e orienti in tal senso le licitazioni e le contrattazioni future di programmi di computazione (software) realizzate a qualsiasi titolo.
ARTICOLO 5. Definizioni agli effetti della presente legge:
A) Il software libero è quello che viene licenziato in modo da rispettare simultaneamente le seguenti condizioni:
1. Che possa essere usato per qualunque scopo
2. Che abbia accesso al suo codice primario in modo da poter essere studiato e cambiato per adattarlo alle necessità
3. Che possa essere copiato e distribuito
4. Che sia possibile migliorare il programma e che queste migliorie possano passare ai cittadini.
B) Il software privativo è qualsiasi software che manchi di qualcuna delle quattro condizioni o libertà inerenti al software libero.
C) I formati aperti sono un modo di maneggiare e immagazzinare i dati dei quali si conosce la struttura ed è permessa la modifica e l’accesso senza imporre nessuna restrizione al suo uso. I dati immagazzinati in formati aperti non necessitano di software privativo per essere utilizzati.
D) I formati standard sono quelli che sono stati approvati da un ente internazionale di certificazione di standard.
Finalmente l’Uruguay ha una legge che dovrà essere regolata e andare in vigore al massimo in sei mesi e questo è certamente un motivo per festeggiare: lo Stato uruguaiano cammina verso la Sovranità Tecnologica e la protezione dei suoi dati. Come ha fatto per decreto il governo di Dilma Rousseff quando, dopo aver scoperto lo spionaggio denunciato da Edward Snowden, che includeva fra gli altri la posta della stessa Presidenta, ha deciso di utilizzare Software Libero in tutte le comunicazioni di posta nello Stato affidando il compito al SERPRO (Servizio di Elaborazione Dati dello Stato), come aveva fatto il Comandante Hugo Chávez nel 2002 con il decreto 3390 essendosi accorto che le sue istallazioni petrolifere erano controllate dagli Stati Uniti utilizzando “back-doors” di sistemi Microsoft che lo stesso Comandante ha denunciato come “braccio informatico dell’impero nordamericano”, come ha fatto il Governo di Rafael Correa decidendo che tutto l’Ecuador doveva utilizzare Quipux, strumento di Software Libero per gestione documentaria e che fra l’altro ha permesso durante il fallito golpe di cui è stato vittima Correa, di firmare elettronicamente il Decreto di Emergenza del 30 settembre 2010.
Si apre una nuova tappa in Uruguay in cui la difesa della Sovranità Tecnologica potrà realizzarsi alla luce di questa legge. In cui lo scambio e la collaborazione fra organismi o Ministeri potrà essere il miglior modo di applicare la massima francese che dice: “il software libero si paga solo una volta”.
E’ conseguente con la politica adottata dal Ministero degli Esteri in ambito regionale dove, fin dal mese di luglio del 2013 è stata stabilita una chiara rotta di integrazione regionale sia a livello di MERCOSUR che di UNASUR in materia di collaborazione tecnologica per una reale difesa della Sovranità.
E’ necessario l’appoggio di coloro che prendono le decisioni nei diversi organismi statali, di chi redige bandi di aste per l’acquisto di software, della Comunità di Software Libero organizzata, contribuendo, appoggiando, controllando i nuovi processi di acquisizione o di impianto di strumenti informatici. Sono aperte le porte perché minime, piccole e medie imprese, che fino ad ora non potevano competere con le multinazionali negli acquisti statali, accedano allo sviluppo o all’impianto di software e in questo modo stimolare il lavoro e fomentare la ricerca facendo in modo che la conoscenza resti nel paese e nella regione.
Come indica in uno dei suoi paragrafi il comunicato ufficiale ( http://cesol.org.uy/contenido/comunicado-cesol-ante-aprobacion-ley-sl-estado-uruguayo) del Centro di Studi di Software Libero dell’Uruguay (CESol), indiscusso referente locale della Comunità di Software Libero, che ha avuto una rilevante partecipazione nella redazione e nell’impulso a questa legge “Questa legge è un piccolo passo verso l’obiettivo dell’uso sociale della conoscenza e dell’appropriazione da parte dei lavoratori informatici dello Stato, e di conseguenza di tutta la comunità, di tale conoscenza per continuare a costruire il paese sovrano e indipendente che tutti gli uruguaiani vogliono”.
di Enrique Amestoy* per Alai Amlatina
Consulente TIC, @eamestoy on twitter
Il testo di legge contiene i seguenti cinque articoli:
ARTICOLO 1. I Poteri Esecutivo, Legislativo e Giudiziario, gli enti autonomi, gli organismi decentralizzati, le imprese dove lo Stato possegga la maggioranza delle azioni, i Governi Dipartimentali, le Giunte Dipartimentali, il Tribunale per il Contenzioso Amministrativo, la Corte Elettorale e gli organismi di controllo dello Stato devono distribuire tutte le informazione in almeno un formato aperto, standard e libero. Ogni richiesta di informazione deve essere accettata in almeno un formato aperto e standard.
ARTICOLO 2. Nelle istituzioni e dipendenze dello Stato citate nell’ art. 1, quando si contrattano licenze di software si deve dare la preferenza al sofware libero. Nel caso in cui si scelga un software privativo bisognerò spiegarne la ragione.
Nel caso in cui lo Stato contratta o sviluppa software, questo stesso quando sarà distribuito lo sarà come software libero. Lo scambio di informazioni realizzato con lo Stato attraverso Internet, deve essere possibile in almeno un programma distribuito come software libero.
ARTICOLO 3. E’ di interesse generale che il sistema educativo provveda a promuovere l’uso di software libero.
ARTICOLO 4. Il Potere Esecutivo deve regolamentare in un termine di 180 (centottanta) giorni le condizioni, i tempi e le forme in cui si dovrà effettuare la transizione dalla situazione attuale ad una che soddisfi le condizioni della presente Legge e orienti in tal senso le licitazioni e le contrattazioni future di programmi di computazione (software) realizzate a qualsiasi titolo.
ARTICOLO 5. Definizioni agli effetti della presente legge:
A) Il software libero è quello che viene licenziato in modo da rispettare simultaneamente le seguenti condizioni:
1. Che possa essere usato per qualunque scopo
2. Che abbia accesso al suo codice primario in modo da poter essere studiato e cambiato per adattarlo alle necessità
3. Che possa essere copiato e distribuito
4. Che sia possibile migliorare il programma e che queste migliorie possano passare ai cittadini.
B) Il software privativo è qualsiasi software che manchi di qualcuna delle quattro condizioni o libertà inerenti al software libero.
C) I formati aperti sono un modo di maneggiare e immagazzinare i dati dei quali si conosce la struttura ed è permessa la modifica e l’accesso senza imporre nessuna restrizione al suo uso. I dati immagazzinati in formati aperti non necessitano di software privativo per essere utilizzati.
D) I formati standard sono quelli che sono stati approvati da un ente internazionale di certificazione di standard.
Finalmente l’Uruguay ha una legge che dovrà essere regolata e andare in vigore al massimo in sei mesi e questo è certamente un motivo per festeggiare: lo Stato uruguaiano cammina verso la Sovranità Tecnologica e la protezione dei suoi dati. Come ha fatto per decreto il governo di Dilma Rousseff quando, dopo aver scoperto lo spionaggio denunciato da Edward Snowden, che includeva fra gli altri la posta della stessa Presidenta, ha deciso di utilizzare Software Libero in tutte le comunicazioni di posta nello Stato affidando il compito al SERPRO (Servizio di Elaborazione Dati dello Stato), come aveva fatto il Comandante Hugo Chávez nel 2002 con il decreto 3390 essendosi accorto che le sue istallazioni petrolifere erano controllate dagli Stati Uniti utilizzando “back-doors” di sistemi Microsoft che lo stesso Comandante ha denunciato come “braccio informatico dell’impero nordamericano”, come ha fatto il Governo di Rafael Correa decidendo che tutto l’Ecuador doveva utilizzare Quipux, strumento di Software Libero per gestione documentaria e che fra l’altro ha permesso durante il fallito golpe di cui è stato vittima Correa, di firmare elettronicamente il Decreto di Emergenza del 30 settembre 2010.
Si apre una nuova tappa in Uruguay in cui la difesa della Sovranità Tecnologica potrà realizzarsi alla luce di questa legge. In cui lo scambio e la collaborazione fra organismi o Ministeri potrà essere il miglior modo di applicare la massima francese che dice: “il software libero si paga solo una volta”.
E’ conseguente con la politica adottata dal Ministero degli Esteri in ambito regionale dove, fin dal mese di luglio del 2013 è stata stabilita una chiara rotta di integrazione regionale sia a livello di MERCOSUR che di UNASUR in materia di collaborazione tecnologica per una reale difesa della Sovranità.
E’ necessario l’appoggio di coloro che prendono le decisioni nei diversi organismi statali, di chi redige bandi di aste per l’acquisto di software, della Comunità di Software Libero organizzata, contribuendo, appoggiando, controllando i nuovi processi di acquisizione o di impianto di strumenti informatici. Sono aperte le porte perché minime, piccole e medie imprese, che fino ad ora non potevano competere con le multinazionali negli acquisti statali, accedano allo sviluppo o all’impianto di software e in questo modo stimolare il lavoro e fomentare la ricerca facendo in modo che la conoscenza resti nel paese e nella regione.
Come indica in uno dei suoi paragrafi il comunicato ufficiale ( http://cesol.org.uy/contenido/comunicado-cesol-ante-aprobacion-ley-sl-estado-uruguayo) del Centro di Studi di Software Libero dell’Uruguay (CESol), indiscusso referente locale della Comunità di Software Libero, che ha avuto una rilevante partecipazione nella redazione e nell’impulso a questa legge “Questa legge è un piccolo passo verso l’obiettivo dell’uso sociale della conoscenza e dell’appropriazione da parte dei lavoratori informatici dello Stato, e di conseguenza di tutta la comunità, di tale conoscenza per continuare a costruire il paese sovrano e indipendente che tutti gli uruguaiani vogliono”.
di Enrique Amestoy* per Alai Amlatina
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