micromega di Enrico Grazzini
Lo stato dell'Unione. L'unione bancaria fasulla
Occorre innanzitutto riconoscere che questa UE è diventata esattamente il contrario di quella auspicata dai padri costituenti: non è più un progetto di libertà, di democrazia, di cooperazione e di pace tra i popoli, ma il preciso disegno di centralizzare rigidamente l'economia dei paesi europei sotto la guida tedesca per imporre politiche neoliberiste di smantellamento delle economia nazionali a favore del capitale del nord Europa, Germania in testa. Oggi perfino Romano Prodi, l'uomo politico che ha fatto entrare l'Italia nell'euro, riconosce che l'Europa è un disastro, una minaccia.
“Il rapporto tra i paesi è cambiato in favore della Germania. … La Germania è l’unico paese che conta davvero. Questo cambia tutto il quadro europeo. ...Le forze centrifughe in Europa stanno aumentando di intensità, non si parla più di un’Europa… Ma di un’Europa con finalità diverse”[1].
Prodi prende atto che dopo la caduta del muro di Berlino, la riunificazione tedesca e il crollo dell'impero sovietico, la Germania ha ripreso il suo ruolo dominante in Europa, e che intende esercitarlo in modo egemonico - ma miope, imponendo l'austerità forzata - sul piano economico. La Germania impone all'Europa una sorta di nuovo Trattato di Versailles. Prodi propone di contrastare il nuovo dominio tedesco con un'alleanza (improbabile) tra Italia, Francia e Spagna. Noi invece proponiamo una soluzione keynesiana.
La dimostrazione più recente del miope disegno egemonico tedesco è il progetto fasullo di “unione bancaria” approvato recentemente dai ministri delle finanze dell'Unione. Doveva spezzare il legame tra il rischio rappresentato dalle grandi banche sistemiche e quello degli stati dell'eurozona, proteggere i risparmiatori europei con un sistema europeo di garanzie; e garantire l'uniformità delle condizioni del credito alle imprese nei diversi paesi. Grazie all'intervento del ministro tedesco delle finanze Wolfgang Schäuble che ha rifiutato ogni meccanismo di mutualizzazione dei rischi con copertura di fondi pubblici, il progetto deciso recentemente dai ministri delle finanze peggiora invece drasticamente la situazione. I privati (azionisti, obbligazionisti e i correntisti con più di 100mila euro) si faranno carico in prima persona delle difficoltà delle banche in crisi, poi interverranno i fondi nazionali creati grazie a nuove tasse da applicare alle banche stesse, e infine tra dieci anni interverrà anche in ultimissima istanza un minuscolo fondo europeo sempre di origine bancaria. In questo modo, senza alcuna copertura pubblica di livello europeo, appena una banca sarà percepita come in difficoltà i correntisti, gli azionisti e gli obbligazionisti fuggiranno, creando una spirale perversa di fuga. Il caso Cipro insegna.
Si incentiva così il meccanismo di panico che condanna le banche dei paesi deboli a vantaggio delle banche dei paesi forti. Wolfgang Münchau, l'editorialista del Financial Times, forse il più autorevole commentatore economico degli affari europei, ha titolato il suo articolo sull'accordo per unione bancaria “Un esercizio per prolungare il congelamento del credito bancario” in Europa. Con questo accordo – che secondo Münchau non avrebbe dovuto neppure essere siglato dai governi dell'eurozona, come del resto anche quello del fiscal compact, perché è suicida – i governi del sud Europa si sottomettono senza condizioni ai desiderata tedeschi[2]. L'unione bancaria rischia di diventare un boomerang pericolosissimo e di fare precipitare le crisi bancarie.
Anche le cosiddette “riforme strutturali” peggioreranno ulteriormente la situazione. La neoeletta premier Angela Merkel vuole imporre il suo progetto di austerità grazie ad accordi di programma per rendere “più competitiva” l'Europa – con lo smantellamento della sanità, dell'istruzione, la drastica compressione degli interventi pubblici, dei salari e delle pensioni, la diminuzione delle tasse per le corporations, ecc –. Gli accordi per le dolorose riforme strutturali, impopolari e del tutto inutili, verranno addirittura finanziati dalla UE. Chi però non farà i “compiti a casa” andrà incontro a sanzioni automatiche imposte dalla UE e dalla Troika – UE.BCE, FMI -. In questa maniera si vuole imporre la sottomissione dei paesi europei.
Le illusioni della sinistra e le incertezze di Beppe Grillo
Nel contesto presente puntare a riformare l'Unione Europea cedendo ancora quote di sovranità in campo istituzionale, finanziario ed economico, costituisce un errore madornale. Significa stringere la corda alla quale gli europei si sono impiccati. Il sistema dell'euro non è riformabile in queste condizioni politiche e in tempi compatibili con l'avanzare della crisi e della disoccupazione.
Purtroppo sembra che il ceto politico dirigente della sinistra non sia all'altezza di comprendere la nuova realtà[3]. Il programma di SEL sogna ancora gli eurobond e la mutualizzazione dei debiti. Nichi Vendola punta ad aderire (ancora senza risposta) al gruppo dei partiti socialisti europei che, a suo tempo guidati da Tony Blair e Gerhard Schröder, hanno promosso la deregolamentazione dei mercati finanziari e del lavoro. A sinistra di SEL, anche in Italia si tenta coraggiosamente di creare una lista di sostegno a Alexis Tsipras, il dirigente di Syriza candidato della sinistra radicale europea alla presidenza della Commissione UE. Il gruppo della sinistra europea di opposizione è molto più realistico e critico verso l'euro, la UE e le larghe intese italiane, tedesche e greche. Tuttavia anche la sinistra europea sembra orientata a mantenere la moneta unica, ovviamente riformata (?). Così però l'opposizione alla politiche di austerità potrebbe diventare poco credibile agli occhi di una opinione pubblica sempre più esasperata dalla crisi. Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle attaccano frontalmente la UE e l'euro ma poi non sanno ancora quale soluzione realmente proporre, a parte il referendum: in effetti il M5S sembra sicuro che prima o poi l'euro si spaccherà e che l'Italia sarà comunque costretta a uscire dalla moneta unica.
Il grande pericolo è che mentre la sinistra non capisce il dramma in cui si sta ficcando l'Europa – e, anche quando è al governo, come in Francia, fa infuriare la sua base elettorale popolare imponendo tagli al welfare e al lavoro -, la destra, e soprattutto la destra estrema, quella peggiore e razzista, guadagna milioni di voti protestando contro l'euro e il capitalismo finanziario. Silvio Berlusconi e Matteo Salvini punteranno astutamente la loro campagna elettorale soprattutto contro l'euro. Non è difficile ipotizzare che grazie alla protesta contro l'euro e le tasse potrebbero rivincere le elezioni.
E' quindi urgente che la sinistra riconosca finalmente che questa UE e questo euro non hanno sbocco.
Sovranità monetaria ed euro come moneta comune
Occorre però anche uscire dal dilemma che finora ha bloccato ogni alternativa: rimanere nella moneta unica o invece uscire, rischiando però di rovinare l'economia nazionale. La proposta che avanziamo – e che la sinistra e Grillo potrebbero avanzare - è che tutti gli stati europei concordino di ritornare alle monete nazionali ma di ristabilire anche l'euro come moneta comune di fronte alle altre valute internazionali, come il dollaro e lo yen. Un passo indietro e due avanti. E' l'ipotesi simile per molti aspetti a quella avanzata da J.M. Keynes a Bretton Woods con il suo Bancor[4], proposta in Italia da Luca Fantacci e Massimo Amato[5], da Daniela Palma e Guido Iodice[6] e raccomandata, anche su Mocromega, da Alfonso Gianni[7]. Per la verità già il socialista radicale Oskar Lafontaine, un altro dei grandi creatori dell'euro, ha suggerito che i paesi europei, Germania compresa, concordino l'uscita ordinata dall'euro prima del dissesto totale[8].
Il recupero della sovranità monetaria da parte dei paesi europei è ovviamente un'operazione non facile, ma sarebbe meno dolorosa che continuare su questa strada senza sbocchi dell'euro attuale. La Germania si opporrebbe all'abolizione della moneta unica che assomiglia al marco. Ma ritornare alle monete nazionali è possibile, la Germania non dovrebbe più temere di pagare per le altre nazioni, e l'opinione pubblica europea ne sarebbe felice. In sostanza si tratterebbe di convenire un sistema di cambi fissi aggiustabili tra le monete nazionali avendo come riferimento l'euro come moneta comune (l'euro-lira, l'euro-marco, l'euro-peseta, ecc). La Germania potrebbe così ritornare al suo beneamato marco gestito dalla arcigna Bundesbank. Ma anche gli altri paesi europei potrebbero ritrovare la loro autonomia in campo economico. I paesi più deboli potrebbero inizialmente svalutare la loro moneta per riequilibrare la bilancia dei pagamenti, rilanciare l'occupazione e ridurre i debiti; e i governi europei potrebbero decidere politiche espansive per uscire dalla crisi e abbassare il rapporto debito/PIL.
Si renderebbe necessario un controllo stretto dei movimenti speculativi di capitale: ma il controllo dei capitali è comunque indispensabile per riformare realmente il sistema europeo. La BCE si incaricherebbe di gestire una camera di compensazione per le transazioni europee, una European Clearing Union simile alla International Clearing Union progettata da Keynes. La European Clearing Union realizzerebbe un meccanismo automatico che penalizzerebbe sia i paesi con eccessivi surplus commerciali - come la Germania – che quelli con deficit strutturali delle bilance commerciali, come l'Italia e i paesi del sud Europa. I deficit e i surplus strtturali dovrebbero essere tassati in proporzione alla loro dimensione e alla loro durata. L'obiettivo è infatti quello di ridurre le posizioni creditrici e debitrici della bilancia dei pagamenti fino ad ottenere tendenzialmente un saldo zero. Questo è il punto contro cui la Germania sparerebbe a zero. Ma grazie al meccanismo di compensazione con penalità simmetriche, il commercio nell'area euro potrebbe aumentare in maniera equilibrata per tutti; inoltre senza avanzi e disavanzi strutturali dei paesi europei sarebbe più facile mantenere fissi i cambi dell'eurozona.
Il nuovo euro funzionerebbe come una unità di conto, e, così come il Bancor di Keynes, non come riserva di valore. Sarebbe una “moneta virtuale” e un "paniere" delle monete nazionali europee. La valuta comune sarebbe gestita dalla BCE e utilizzata per tutte le operazioni con i paesi extraeuropei. La BCE avrebbe quindi la responsabilità di mantenere un tasso di cambio stabile con le altre valute sui mercati finanziari. L'euro rappresenterebbe la barriera comune di fronte alla speculazione del mercato monetario internazionale. Questo sistema garantirebbe la necessaria flessibilità interna e la stabilità monetaria verso il resto del mondo dal momento che un "paniere di valute" è certamente più stabile di una moneta unica. La moneta comune europea potrebbe finalmente diventare un potente strumento di riserva per i paesi emergenti dell'Asia e dell'Africa. Secondo Daniela Palma e Guido Iodice la nuova moneta comune “salva il mercato unico e la possibilità di una costruzione politica più solida dell’Unione europea. Infine, non richiede trasferimenti fiscali o unificazioni dei debiti dei singoli stati, superando le principali obiezioni oggi poste alle soluzioni di tipo “federale”[9].
Perché le forze della sinistra europea e il Movimento 5 Stelle non propongono questa soluzione? Occorre recuperare la sovranità monetaria e riformulare l'euro come moneta comune europea di fronte al resto del mondo.
NOTE
[1] Da Europa, 9 dicembre 2013, Prodi: alleanza Francia-Italia-Spagna per un’Europa diversa, Tredicesimo Foro italo-spagnolo organizzato dall'Arel
[2] Financial Times, Wolfgang Münchau, An exercise in prolonging a banking credit crunch. The lousy agreement on banking union will produce the financial sector equivalent of austerity, 22 dicembre 2013
[3] Vedi Micromegaonline, Enrico Grazzini, Euro e Ue, la sinistra impari da Grillo: il referendum è opportuno, 2 dicembre 2013
[4] John Maynard Keynes “Eutopia. Proposte per una moneta internazionale”, a cura di Luca Fantacci, et al./edizioni, 2011
[5] Massimo Amato, Luca Fantacci, “Fine della finanza. Da dove viene la crisi e come si può pensare di uscirne”, Donzelli, 2012
[6] Daniela Palma e Guido Iodice, Euro e monete nazionali, the best of both worlds, pubblicato da keynesblog il 26 agosto 2013
[7] Alfonso Gianni, Micromegaonline, Tra perseverare nell’euro e uscirne, c’è una terza strada da percorrere, 3 settembre 2013, e Alternative per il socialismo N. 28
[8] Vedi Micromegaonline, Enrico Grazzini, Lafontaine e la trappola dell’euro, 21 maggio 2013.
[9] Daniela Palma e Guido Iodice, keynesblog, già citato
(27 dicembre 2013)
Nessun commento:
Posta un commento