venerdì 13 dicembre 2013

Se la Comunità fronteggia il Privante che mangia lo Stato


Non abbiamo la minima idea di come andrà a finire. Ma sappiamo che in questo momento – oggi, non nel futuro – sta volgendo a termine un complesso di vita che potremmo definire nel seguente modo: io studio, in buona parte per imparare a fare un lavoro per qualcun altro; questo qualcun altro ha bisogno di me perché guadagna vendendo le cose che faccio con il mio lavoro; prestando il mio lavoro, guadagno abbastanza soldi da avere un tetto, mangiare e mettere su famiglia – tutte cose che richiedono un minimo di pianificazione e hanno a che fare con un’idea di lunga durata. E anche per pagare le tasse con cui un ente in sé immaginario, una pura astrazione – lo Stato – mi assicura salute, sicurezza, scuola e pensione, e almeno in teoria esegue i miei voleri, espressi attraverso i miei rappresentanti politici. Se ragioniamo in termini di complesso di vita, sostiene Miguel Martinez, ci rendiamo conto della portata storica di questa fase: è «l’agonia dell’intero complesso di vita, strutturato sui poli del Cittadino, del Lavoro e dello Stato».
Questo dato di fatto è talmente enorme e pauroso, che – almeno in Europa e soprattutto in Italia – le persone pensanti «tendono a cercare rifugio in Senza lavorodiscorsi che hanno quasi sempre tre caratteristiche: sono rivolti al passato, sono idealistici e sono paralleli», osserva Martinez in un post su “Kelebeklerblog”, ripreso da “Come Don Chisciotte”. Ci rifugiamo nel passato perché «tutti i riferimenti, sia per indicare ciò che va demonizzato, sia per indicare ciò che va esaltato, si trovano in storie di cui abbiamo perso completamente il senso. Che si tratti della cristianità, del nazismo, dello stato liberale e/o sociale o del comunismo, ogni argomentare sul passato – che pure è un tema affascinante – nasconde false piste su come agire nel presente». Sicché, dalla fine di un complesso di vita deriva un elemento molto concreto: lo svuotamento dello Stato dal basso verso l’alto. «In apparenza, lo Stato non solo ancora esiste, ma alla testa assume forme sempre più totalizzanti: andiamo sempre più verso la costruzione di un unico massiccio dispositivo, cui si è scelto di dare il nome di “Europa”. Sotto questo unico dispositivo, altri reggono più o meno bene. Pensiamo, in Italia, al dispositivo militare; oppure all’immenso sistema Tav, cioè il geniale meccanismo inventato dopo Tangentopoli per permettere alla Fiat, alle grandi cooperative dette “rosse” e alla mafia di continuare ad arricchirsi con i soldi pubblici».

Dove emerge invece in modo evidente la dissoluzione dello Stato è in basso: «Ogni giorno, quando ci guardiamo attorno, vediamo un altro pezzo che scompare. Che sia il consultorio di quartiere venduto per fare velocemente quattrini, il vigile che non controlla più, il custode o le saponette che mancano nella scuola, la ludoteca che perde un operatore, l’autobus che non passa più». Di questo passo, «tra qualche mese, gli anziani che si recavano all’Asl a due passi da qui dovranno prendere due autobus per recarsi all’altro capo della città, perché il presidio chiude (il Comune dice che è colpa della Regione, tiè). Sono storie che tutti conosciamo, avvengono lentamente, ciascuna da sola sembra evitabile, attribuibile quindi a un errore o a una debolezza. Ma se un giorno riuscissimo a metterle tutte insieme, vedremmo che se lo Stato negli ultimi anni si è ridotto in alto – poniamo, tanto per sparare qualche cifra del tutto inventata – del 10%, in basso si è ormai ridotto del 50%. E a quel punto capiremo che si tratta di storia, non di questo o quell’assessore».
In questo vuoto, secondo Martinez si inseriscono due attori, il Privante e la Comunità Attiva. «Il Privante (meglio noto come “il privato”, con un curioso contorcimento semantico) raramente sostituisce le funzioni dello Stato, salvo in qualche caso come gli asili nido». Di solito, il Privante «occupa gli spazi dello Stato per nuovi fini, come le caserme in dismissione che le finanziarie stanno acquistando per fare grandi alberghi». Succede come con lo Stato: «In alto ci sarà pure un po’ di “crisi”, ma i soldi continuano a girare in quantità che superano la possibilità di consumo degli stessi ricchi. E quindi non mancano i clienti per i grandi alberghi, i ristoranti o le Ferrari. Casomai, nella stessa città, sono i non ricchi la cui sopravvivenza viene minacciata direttamente». Il Privante, come dice il nome, priva: «Esclude gli altri cioè da quelli che in passato erano in qualche maniera spazi sociali». Viceversa, «ovunque in Italia emergono quelle che possiamo chiamare le Comunità Attive, innumerevoli associazioni e soprattutto comitati che nascono ogni giorno». Soggetti collettivi, che «suppliscono alla scomparsa dello Stato» e di La comunità No Tavfatto «si organizzano da sé e al di fuori delle istituzioni», spesso lavorando «in quello che viene chiamato con disprezzo il “proprio orticello”».
In questi anni, le Comunità diventate un elemento sempre più importante: «Credo che ciò spieghi in buona parte lo straordinario risultato ottenuto da Beppe Grillo alle elezioni, una cosa che forse sfugge ai grandi media che trascurano le mille realtà locali di questo paese». Il successo di Grillo, che non ha precedenti nella storia italiana, «è stato costruito totalmente al di fuori e contro i media, grazie a migliaia e migliaia di singole persone, che quasi sempre riflettevano le confuse e varie esigenze dei comitati che ovunque combattevano per cause non rappresentate dalle istituzioni, dalla lotta contro gli inceneritori a quella contro il Tav». Milioni di persone, che «si sono sentite talmente libere dal rispetto dovuto alle istituzioni e ai partiti da scegliere qualcosa di totalmente innovativo nel panorama politico italiano». Secondo Martinez, «c’è una convergenza di forze travolgenti, che sta cambiando in maniera irriconoscibile il mondo. Questa convergenza sta già portando alla crisi lenta ma irreversibile del triangolo Cittadino, Lavoro, Stato, e quindi alla fine di tutto il complesso di vita in cui siamo cresciuti e che forma il nostro modo di vedere le cose».
Proprio perché la crisi è convergente, aggiunge Martinez, non possiamo sperare in una “soluzione”: «Si fa benissimo a resistere dove si può – a chiedere un metro in meno di un tunnel in val di Susa e un bidello in più nella scuola elementare». Ma attenzione: «Non illudiamoci che l’argine terrà», perché questa crisi «implica in particolare lo svuotamento, a partire dal basso, dello Stato», a beneficio del Privante e della Comunità Attiva. «Chiaramente, il Privante ha immensi vantaggi. Non solo ha più soldi; soprattutto, i soldi permettono di costruire rapporti contrattuali a lungo termine, molto più solidi dei rapporti affettivi su cui si fonda la Comunità». Per questo, «è più facile che il futuro sia quindi “neofeudale” che comunitario». Per fortuna, però, si va espandendo anche la Comunità, che spesso nasce come struttura di autodifesa contro il Privante. «Le cose cambiano – conclude Martinez – se mi pongo un altro tipo di domanda: in che modo posso fare qualcosa lì dove mi trovo, oggi, con le persone e le storie che ci sono realmente? Qui c’è lo spazio della libertà, in cui le nostre scelte possono contare qualcosa».

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