Oltre che nelle piazze, in Portogallo gli ordini della troika fedelmente eseguiti dal primo ministro di destra Passos Coelho continuano a trovare un ostico avversario nelle stanze del Tribunale Costituzionale.
Per l’ennesima volta i 13 magistrati che compongono la massima istanza legislativa del piccolo paese sono tornati a bocciare una delle misure di cosiddetta austerità imposti dall’Unione Europea, dalla Banca Centrale e dal Fondo Monetario Internazionale. Nella fattispecie la Corte ha bocciato in quanto illegale secondo le leggi portoghesi il provvedimento incluso nel bilancio statale del 2014 che taglia le pensioni.
Il governo di destra prevedeva di risparmiare 388 milioni di euro sulle spalle dei lavoratori in pensione, pari ad un 12% della spesa totale, attraverso la riduzione del 10% degli assegni mensili superiori a 600 euro (non ci siamo dimenticati uno zero...) e attraverso una revisione complessiva al ribasso delle indennità pensionistiche. Interrogato dal presidente portoghese Anibal Cavaco Silva il Tribunale Costituzionale si è pronunciato contro la misura, giudicata in violazione del “sacro principio di fiducia stabilito dalla Costituzione”, così come aveva già fatto con altre misure analoghe nei mesi scorsi, facendo saltare i nervi, oltre che i conti, dei ministri marionetta di Lisbona. Ad aprile i giudici avevano stoppato l’abolizione delle tredicesime e delle quattordicesime per i dipendenti pubblici e i tagli ai sussidi di disoccupazione, e qualche mese prima, nel 2012, avevano bocciato importanti misure contenute nella previsione di bilancio dell’anno in corso. Stavolta i 13 magistrati hanno stabilito, all’unanimità, che il governo non può neanche in caso di ‘emergenza’ sottrarre ai pensionati dei diritti acquisiti durante gli anni e violare così una sorta di patto dello stato con i propri cittadini. In questo senso il presidente della corte, Joaquim Sousa Ribeiro, ha spiegato ai giornalisti che la revisione al ribasso delle pensioni non può essere equiparata ad un metodo di tassazione dei contribuenti.
Si tratta di una buona notizia per milioni di portoghesi che sopravvivono a stento in un contesto contrassegnato dai tagli, dalla disoccupazione di massa, dalla precarietà e dalla ripresa dell’emigrazione all’estero. Resta da capire come il governo di Passos Coelho reperirà i quasi 400 milioni di buco nel bilancio creati dalla sentenza della Corte Costituzionale.
Intanto insorgono i partiti della sinistra radicale. I parlamentari del Partito Comunista Portoghese hanno chiesto le immediate dimissioni del "governo fuorilegge". Da parte sua il Blocco di sinistra ha chiesto l'intervento del presidente della Repubblica per ristabilire lo stato di diritto mentre il maggiore sindacato del paese, il comunista Cgtp, ha rivendicato che la decisione del Tribunale Costituzionale è anche frutto degli scioperi e delle lotte portate avanti in questi mesi da lavoratori e pensionati portoghesi.
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