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Quello stesso governo che ha chiuso l’Italia
per far fronte all’emergenza coronavirus, tra pochi giorni aprirà nel
silenzio generale – siamo in stato d’ eccezione – alla riforma
definitiva del Mes, il Meccanismo Europeo di Stabilità. L’economia è a pezzi e la Ue
ci concede solo 7,5 miliardi di deficit in più quando ne occorrerebbero
– subito – almeno 20. Ebbene in questa situazione, invece di
ridiscutere il Fiscal Compact, che di per sé è già un cappio al collo
(visto che prevede il pareggio di bilancio), Ue
e governi pensano di legarsi ancor di più mani e piedi con la firma del
nuovo Mes. Tra pochi giorni, l’Eurogruppo è chiamato a darne
l’approvazione finale. State certi non lo bloccheranno per il corona e
il nostro ministro ci andrà. Poi seguirà l’iter di sottoscrizione degli
Stati membri e la procedura di ratifica di ciascuno, secondo le proprie
norme costituzionali. Se l’iter andasse a buon fine, il nuovo Mes – dopo
il virus – ci darà il colpo di grazia.
Nella versione del 2012, che è quella ancora oggi in vigore, ciascuno
Stato versa un acconto pro-quota all’interno di tale organismo. In caso
di crisi dei debiti sovrani, cioè nel caso si impennino i tassi di interesse dei titoli di Stato a tal punto da mettere in ginocchio la finanza
pubblica, gli Stati in difficoltà possono ricorrere al Meccanismo per
chiedere soldi in prestito. Il Mes concede il prestito a condizione che
lo Stato richiedente ponga in essere una serie di riforme concordate,
principalmente nel campo della spesa sociale (pensioni e sanità).
Insomma, i famigerati tagli
lineari, ma quantomeno lo Stato richiedente può sedersi a tavolino per
mitigare le misure attraverso memorandum concordati. La nuova versione
del Meccanismo Europeo di Stabilità prevede invece che i memorandum
siano sostituiti da una specie di “pilota automatico”. In breve, se la
riforma passasse, lo Stato che richiedesse un prestito al Mes dovrà
applicare – senza neppure un previo accordo politico – le riforme
strutturali imposte dal Meccanismo.
In altre parole, occorre una ristrutturazione del debito pubblico (alias tagli su tagli),
e sulla sostenibilità del debito e della ristrutturazione decide il Mes
in totale autonomia. Diciamocela tutta, ad essere tagliate saranno
sempre le voci più sensibili, soprattutto la sanità. E gli effetti li
stiamo vedendo proprio in questi giorni, col sistema sanitario nazionale ormai al collasso a causa dei tagli
intervenuti nel corso degli ultimi anni. Insomma, sarà come andare
dallo strozzino, con la differenza che lo strozzino rischia il carcere,
quelli che prendono le decisioni del Mes godono di totale immunità. In
una situazione in cui la gestione dell’emergenza epidemiologica sta
distruggendo l’economia
del paese, servivano (e servono) politiche economiche espansive, quindi
l’abrogazione del Fiscal Compact e l’accantonamento del Mes. E invece
la burocrazia europea si prepara ad approvare un altro
trattato-capestro. Sulla spinta del terrore emergenziale, Conte firmerà
la riforma del Mes. Del resto ormai siamo in “stato di eccezione” e
Conte può fare tutto quello che vuole. E’ lui l’”uomo solo al comando”, e
oggi nessuno fiata.
(Paolo Becchi e Giuseppe Palma, “Apriranno al Mes nel silenzio generale”, da “Libero” dell’11 marzo 2020).
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