L’epidemia di covid-19, che sta imperversando nel nostro paese con grande virulenza, ha riportato in auge, ammesso che fosse mai stato accantonato, i “Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni.
I capitoli del romanzo dedicati alla peste che colpì Milano nel 1630, oltre ad essere di grande pregio letterario, hanno anche il rigore di un saggio storico e dalla loro lettura non si può non cogliere una sorprendente analogia tra l’incertezza, la titubanza e l’incapacità dei governanti dell’epoca ed il senso di smarrimento dei nostri attuali governanti.
Va detto per onestà intellettuale che questa odierna è una situazione sanitaria che non si era mai vissuta nell’Italia repubblicana. Per trovare qualcosa di simile bisogna andare al 1918, quando un altro virus, quello della spagnola, fece quasi 600.000 morti, più o meno quanto i caduti italiani della prima guerra mondiale. Pur tuttavia, va detto con altrettanta onestà che sicuramente c’è stata un’iniziale sottovalutazione del covid-19.
L’ ideologia dell’accoglienza ad ogni costo, l’europeismo di maniera sull’intangibilità del trattato di Schengen hanno fatto prevalere l’indecisione. Per dirla con Manzoni: “ Il buon senso c’era ma se ne stava nascosto per paura del senso comune.” Il politicamente corretto ha fatto adottare in ritardo quelle misure profilattiche di buon senso che invece, prese per tempo, sarebbero state bastevoli, come dimostra il caso cinese, a limitare i contagi.
Inoltre, intercorre uno iato tra gli accadimenti e le disposizioni governative. Il Governo insegue il virus invece di anticiparlo. Esempio è la quarta stesura in meno di un mese del modello di autocertificazione necessario per uscire dal proprio domicilio.
Speriamo bene e confidiamo nella provvidenza di manzoniana memoria.
Le misure di contenimento dell’epidemia, che sono assolutamente necessarie, stanno determinando una nuova emergenza, quella economica, da affrontare al pari dell’ emergenza sanitaria.
L’intervento del Presidente della Repubblica sulla BCE prima e quello di ieri sugli eurobond e sulla solidarietà europea sono illuminanti: “ … omissis. Sono indispensabili ulteriori iniziative comuni, superando vecchi schemi ormai fuori dalla realtà delle drammatiche condizioni in cui si trova il nostro Continente. Mi auguro che tutti comprendano appieno, prima che sia troppo tardi, la gravità della minaccia per l’Europa. La solidarietà non è soltanto richiesta dai valori dell’Unione ma è anche nel comune interesse“.
Sono parole di una chiarezza cristallina, mai proferite dal nostro Presidente della Repubblica, sempre così curiale nel dire ed “accorta vestale” degli accordi di Maastricht. Ma con i morti, ieri sono stati quasi mille, non si deve anche seppellire quello che resta del sistema produttivo italiano, fiaccato e falcidiato da una politica insulsa di contrazione della domanda interna, impostaci con l’austerity dalla Germania e dai suoi satelliti del nord Europa.
Precedentemente al Presidente Mattarella aveva fatto scalpore il nostro super Mario, Mario Draghi ex presidente della BCE, che dalle colonne del Financial Times ha così dichiarato: “ … omissis….La sfida che ci si pone davanti è come intervenire con la necessaria forza e rapidità per impedire che la recessione si trasformi in una depressione duratura, resa ancor più grave da un’infinità di fallimenti che causeranno danni irreversibili. È ormai chiaro che la nostra reazione dovrà far leva su un aumento significativo del debito pubblico. La perdita di reddito a cui va incontro il settore privato – e l’indebitamento necessario per colmare il divario – dovrà prima o poi essere assorbita, interamente o in parte, dal bilancio dello stato. Livelli molto più alti di debito pubblico diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e dovranno essere accompagnati dalla cancellazione del debito privato.”
Mario Draghi sul Financial Times, non sul giornaletto di qualche gruppo anarchico insurrezionalista, scrive il necrologio dell’austerità: il paradigma è cambiato, Keynes è ritornato. Neanche Bagnai, Borghi, Rinaldi avrebbero potuto scrivere di più!
La globalizzazione, in difficoltà per i dazi trumpiani, accelera la sua crisi. Fine della supply-side economics, delle esportazioni ad ogni costo, bisogna puntare ai mercati interni ed in fretta, almeno a sentire Marione Draghi.
Diamo un piccolo esempio di cosa siano quelli che il nostro Presidente della Repubblica definisce, giustamente, vecchi schemi al di fuori della realtà.
Lo estraiamo dalla Nota di aggiornamento al DEF di settembre scorso (mica di cinquanta anni fa).
Commentiamo brevemente le raccomandazioni dell’Unione Europea all’Italia ( pag. 82 del NADEF).
Prima raccomandazione: ridurre la spesa pubblica dello 0,1% nel corso del 2020.
E’ d’uopo porsi la seguente domanda: lo stato italiano è
spendaccione? Assolutamente no. Il grafico sotto riportato è dirimente
(vedi Maurizio Gustinicchi https://scenarieconomici.it/evoluzione-del-saldo-primario-italiano/). Evidenzia la differenza tra quanto incassato dallo stato e quanto da esso speso.
Alcune indicazioni su come leggere il grafico per i meno esperti ( absit iniura verbis ).
La linea piena indica la spesa statale comprensiva degli interessi pagati sul debito pubblico, la linea tratteggiata la spesa statale senza il pagamento degli interessi sul debito pubblico, che gli esperti chiamano spesa primaria, la linea puntiforme le entrate statali ( imposte, tasse e accise).
Come si può vedere, lo stato italiano dal 1992 al 2019, con eccezione del 2009 e del 2010, è stato in avanzo primario: le entrate statali hanno superato le uscite statali. Al mondo nessun altro stato ha avuto venticinque anni di avanzi primari consecutivi!
Possiamo pertanto concludere che lo stato italiano non è affatto spendaccione, tutt’altro. L’Italia è molto più parsimoniosa di tanti stati nordici, quali la Germania, l’Olanda, la Finlandia e compagnia cantando, che continuamente ci fanno la predica.
Ma come incide concretamente nella vita di ogni giorno, sia per i cittadini che per le imprese, l’avanzo primario? In maniera molto sgradevole: sia i cittadini che le imprese si impoveriscono poiché, dovendo restituire allo stato più di quanto esso ha immesso nel paese in termini di salari, stipendi, acquisti, lavori pubblici , devono prelevare dai propri risparmi per pagare le tasse.
La raccomandazione europea richiede ulteriori sacrifici e quindi aumento delle entrate, riduzione delle uscite ( minore spesa pensionistica, sanitaria e per l’istruzione).
In cambio di cosa? Di niente e quanto sta avvenendo in questi giorni di emergenza sanitaria lo conferma ampiamente.
Seconda raccomandazione: privatizzazioni. Qualsiasi commento è superfluo. Credo che il crollo del ponte di Genova, checché possa pensarne Oliviero Toscani, resterà ad imperitura memoria del fatto che profitto privato ed interesse pubblico mal si conciliano, anzi non si conciliano affatto.
Se fosse stato privatizzato tutto il servizio sanitario italiano, come staremmo messi ora con l’epidemia di covid-19? Ma si crede veramente che gli Stati Uniti saranno salvati da Amazon e da Walmart? E’ il caso di dire che lo scopriremo solo vivendo.
Terza raccomandazione: politica fiscale. L’Unione europea ancora una volta ci chiede di aumentare le tasse. Più precisamente la pressione fiscale si deve spostare dal lavoro (così esportiamo di più perché il costo dei nostri prodotti diminuisce) agli immobili. Ma l’80% delle famiglie italiane ha una casa di proprietà. Lo sgravio fiscale sul lavoro diventa una partita di giro a tutto vantaggio delle imprese esportatrici. E per fare un ulteriore favore alle banche, l’U.E. chiede la riduzione dell’uso del contante. Qualsiasi commento è superfluo.
Quarta raccomandazione: povertà. Questa raccomandazione appalesa tutta la falsità su cui si fonda l’Unione Europea. Cosa suggeriscono queste anime nere di Bruxelles? Di ridurre le pensioni e di impiegare parte dei risparmi così ottenuti, attenzione non tutti, per creare altra spesa sociale e spesa pubblica. In poche parole, si combatte la povertà rendendo poveri i nostri pensionati, non certo facendo pagare le imposte alle multinazionali. Hanno la faccia come il deredano! Da notare che c’è differenza tra spesa sociale e spesa pubblica. La spesa pubblica può essere anche il pagamento degli interessi sui titoli di stato.
Quinta raccomandazione: lavoro, politiche sociali e famiglia. Un rapido commento: è solo aria fritta! Il sistema euro si fonda sulla deflazione salariale e quindi sull’esistenza di una elevata disoccupazione.
Sesta raccomandazione: migliorare i risultati scolastici anche con investimenti mirati. Ancora una volta ci troviamo di fronte alla solita doppiezza. Vedere per credere.
La linea piena indica la spesa statale comprensiva degli interessi pagati sul debito pubblico, la linea tratteggiata la spesa statale senza il pagamento degli interessi sul debito pubblico, che gli esperti chiamano spesa primaria, la linea puntiforme le entrate statali ( imposte, tasse e accise).
Come si può vedere, lo stato italiano dal 1992 al 2019, con eccezione del 2009 e del 2010, è stato in avanzo primario: le entrate statali hanno superato le uscite statali. Al mondo nessun altro stato ha avuto venticinque anni di avanzi primari consecutivi!
Possiamo pertanto concludere che lo stato italiano non è affatto spendaccione, tutt’altro. L’Italia è molto più parsimoniosa di tanti stati nordici, quali la Germania, l’Olanda, la Finlandia e compagnia cantando, che continuamente ci fanno la predica.
Ma come incide concretamente nella vita di ogni giorno, sia per i cittadini che per le imprese, l’avanzo primario? In maniera molto sgradevole: sia i cittadini che le imprese si impoveriscono poiché, dovendo restituire allo stato più di quanto esso ha immesso nel paese in termini di salari, stipendi, acquisti, lavori pubblici , devono prelevare dai propri risparmi per pagare le tasse.
La raccomandazione europea richiede ulteriori sacrifici e quindi aumento delle entrate, riduzione delle uscite ( minore spesa pensionistica, sanitaria e per l’istruzione).
In cambio di cosa? Di niente e quanto sta avvenendo in questi giorni di emergenza sanitaria lo conferma ampiamente.
Seconda raccomandazione: privatizzazioni. Qualsiasi commento è superfluo. Credo che il crollo del ponte di Genova, checché possa pensarne Oliviero Toscani, resterà ad imperitura memoria del fatto che profitto privato ed interesse pubblico mal si conciliano, anzi non si conciliano affatto.
Se fosse stato privatizzato tutto il servizio sanitario italiano, come staremmo messi ora con l’epidemia di covid-19? Ma si crede veramente che gli Stati Uniti saranno salvati da Amazon e da Walmart? E’ il caso di dire che lo scopriremo solo vivendo.
Terza raccomandazione: politica fiscale. L’Unione europea ancora una volta ci chiede di aumentare le tasse. Più precisamente la pressione fiscale si deve spostare dal lavoro (così esportiamo di più perché il costo dei nostri prodotti diminuisce) agli immobili. Ma l’80% delle famiglie italiane ha una casa di proprietà. Lo sgravio fiscale sul lavoro diventa una partita di giro a tutto vantaggio delle imprese esportatrici. E per fare un ulteriore favore alle banche, l’U.E. chiede la riduzione dell’uso del contante. Qualsiasi commento è superfluo.
Quarta raccomandazione: povertà. Questa raccomandazione appalesa tutta la falsità su cui si fonda l’Unione Europea. Cosa suggeriscono queste anime nere di Bruxelles? Di ridurre le pensioni e di impiegare parte dei risparmi così ottenuti, attenzione non tutti, per creare altra spesa sociale e spesa pubblica. In poche parole, si combatte la povertà rendendo poveri i nostri pensionati, non certo facendo pagare le imposte alle multinazionali. Hanno la faccia come il deredano! Da notare che c’è differenza tra spesa sociale e spesa pubblica. La spesa pubblica può essere anche il pagamento degli interessi sui titoli di stato.
Quinta raccomandazione: lavoro, politiche sociali e famiglia. Un rapido commento: è solo aria fritta! Il sistema euro si fonda sulla deflazione salariale e quindi sull’esistenza di una elevata disoccupazione.
Sesta raccomandazione: migliorare i risultati scolastici anche con investimenti mirati. Ancora una volta ci troviamo di fronte alla solita doppiezza. Vedere per credere.
La tabella di cui sopra è riportata a pag.48 del NADEF. Da essa si evince che per la scuola ci saranno tagli sino all’anno domini 2035. Altro che investimenti! Anche in questo caso evito qualsiasi commento per non scadere nel turpiloquio: i signori di Bruxelles sono falsi più di una moneta falsa.
Queste sono alcune delle logiche che il Presidente della Repubblica nel suo intervento chiede che siano abbandonate, in primis dai nostri governanti. Dello stesso tono l’intervento di Mario Monti, uno tra i massimi esponenti del lobbismo economico internazionale. Una domanda è d’obbligo: credete che Conte e Gualtieri abbiano capito? Speriamo in bene.
Raffaele SALOMONE-MEGNA
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