Di fronte all’ampiezza della crisi per
l’epidemia del coronavirus, prudenze e riserve di parte tedesca per
un’azione finanziaria convergente a livello europeo sembrano fuori luogo
e fuori tempo. Non solo minacciano la definitiva implosione
dell’Europa, ma vanno contro gli stessi interessi della Germania. Angela
Merkel rischia di passare alla Storia non per avere salvato l’Europa e
dato finalmente al suo Paese un ruolo di guida e indirizzo, ma per avere
difeso fino all’ultimo un castello di regole non più adeguato
all’emergenza che ci sta travolgendo.
All’indomani della riunificazione, un grande
cancelliere, Helmuth Schmidt, disse : «Noi tedeschi abbiamo accresciuto
la nostra capacità di ricostruzione negli ultimi decenni non da soli,
non solo con le nostra forze. Questa capacità non sarebbe stata
possibile senza gli aiuti delle potenze vincitrici occidentali, senza il
nostro inserimento nella comunità europea e senza la fine della
dittatura comunista. Abbiamo il dovere di mostrarci degni della
solidarietà ricevuta con la nostra solidarietà nei confronti dei vicini.
La classe politica non è sufficientemente consapevole di questa
solidarietà (…) Non abbiamo bisogno solo di razionalità, ma anche di un
cuore che sappia immedesimarsi nei nostri vicini e partner».
Ma Schmidt non è stato ancora ascoltato. Nè ieri, nè oggi.
Versailes di 100 anni fa
Il 28 giugno 1919 fu firmato a Versailles il trattato di pace con cui le potenze vincitrici (in testa Francia e Gran Bretagna) imposero alla Germania pesantissime riparazioni dei danni di guerra, 132 miliardi di marchi dell’epoca. Secondo varie interpretazioni storiche, furono gli oneri del conflitto perduto, oltre alla crisi mondiale del ’29, a tracciare l’autostrada politica e sociale per l’ascesa di Hitler al potere. Il debito, dopo successive rinegoziazioni, venne ripagato solo in parte e fu considerato estinto dal Fuehrer nel 1933. Alla conferenza di Londra del 27 febbraio 1953 fu negoziato un secondo debito riparatore a carico della Germania, per i danni provocati nel secondo conflitto mondiale. Anche in questo caso, gli storici hanno analizzato controversie di varia natura. A Londra, ci si domandó se il debito dovesse ricadere sulle spalle della sola Germania federale o anche sulla ex DDR, la Germania comunista. I negoziati portarono a una dilazione dei pagamenti e a una parziale riduzione. In piena guerra fredda, per europei e americani la rinascita e la stabilità della Germania federale erano un obiettivo vitale di fronte al blocco comunista e quindi preponderante sulla riscossione totale del debito.Debiti per danni di guerra allora
Ricordare oggi i debiti della Germania per i
danni di due guerre da essa provocate non significa rifare l’esame delle
coscienze rispetto alle colpe del passato, per le quali le riparazioni
etiche non sono peraltro quantificabili. Dovrebbe essere però utile
ricordare ai tedeschi che la forza del loro Paese non risiede soltanto
sulla straordinaria efficacia dell’apparato produttivo e del modello
federale, ma anche sull’aiuto finanziario che il Paese ha ricevuto in
varie epoche per risorgere. Un sostegno indiretto e’ arrivato anche
recentemente, nel processo di riunificazione. L’ex presidente francese
Mitterrand pensó di “diluire” in Europa la potenza tedesca scambiando la
riunificazione con la rinuncia al marco. Il cancelliere Kohl sacrificò
la moneta nazionale, ma intuí che l’euro avrebbe avuto come riferimento
costante l’andamento dell’economia tedesca e avrebbe favorito
l’eccezionale surplus commerciale del Made in Germany.
Al tempo della crisi del debito greco, Atene
riaprì il contenzioso su danni di guerra subiti durante l’occupazione
delle truppe naziste, ma non ottenne soddisfazione. Eppure si poteva
comprendere la disperazione del Paese : ai torti del passato si stavano
sommando terribili imposizioni economiche : non per avere combattuto e
perso due guerre, ma per l’ingresso in Europa.
La crisi greca non ha insegnato nulla. E l’atteggiamento di Berlino non cambia, nonostante una crisi di ben più eccezionale ampiezza.
La crisi greca non ha insegnato nulla. E l’atteggiamento di Berlino non cambia, nonostante una crisi di ben più eccezionale ampiezza.
La Storia dovrebbe almeno sfatare luoghi comuni, come quello di un Paese che si è ricostruito con le proprie forze e che per questo non ritiene di doversi mostrare solidale con i partner più poveri, più in difficoltà, più indebitati.
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