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Ma che razza di paese siamo? Si sprecano commenti sul look del
conducente, mentre qualcuno ha manomesso i freni del pullman, e non da
oggi. Ancora stiamo lì a disputare sulle briciole miserabili del Mes,
anziché rovesciare finalmente il banco? E’ un tavolo truccato, dove i
bari si giocano a dadi il futuro dei popoli, parlando abusivamente a
loro nome. Un teatro dell’assurdo, questa Unione Europea spacciata per Europa.
Il club ha reclutato tra le sue comparse anche Giuseppe Conte, l’ex
avvocato del popolo gialloverde: ricondotto all’ovile sorvegliato da
figuranti di lungo corso come Paolo Gentiloni e David Sassoli, uno
commissario Ue
e l’altro presidente del Parlamento Europeo. Esponenti dell’immortale
Pd, premiati dopo aver perso le elezioni e messi lì per assicurare ai
dormienti l’eterno riposo. Finito nella bufera, e subito smentito
dall’Eurogruppo (il Mes è già stato approvato, dicono i tecnocrati), il
povero Conte ha balbettato in aula la sua tiepida versione sull’ultimo
trattato-capestro, vendendolo come ancora negoziabile, e comunque
nient’affatto “segreto” nella sua gestazione. Falso, lo smentisce il
leghista Claudio Borghi: la scorsa estate, rivela, il testo è stato
visionato solo di sfuggita, a Palazzo Chigi, da tre parlamentari (di cui
due leghisti) e un emissario del grillino Fraccaro.
«Non firmiamo niente», conclusero, dopo aver solo potuto guardare da
lontano quelle 40 pagine, scritte in inglese, senza la possibilità di
fotocopiarle. Alla faccia della sovranità parlamentare. L’ha ripetuto,
Borghi, nella diretta web-streaming su “ByoBlu”
con Claudio Messora e Francesco Toscano, poche ore dopo l’infuocata
assise delle Camere: la bozza di revisione del micidiale Mes, i cui
funzionari si pongono al di sopra di qualsiasi legge, non punibili in
nessun caso, ha seguito la stessa procedura clandestina del Ttip, il
trattato-fantasma concepito per scavalcare i governi e lasciare alle
multinazionali l’ultima parola sui contenziosi con gli Stati. Qui è
ancora peggio, rincara Borghi: almeno, l’accesso formale al testo del
Ttip (sempre in inglese, non fotografabile neppure con lo smartphone)
era previsto dall’agenda. Invece, quei 40 fogli del Mes-2 sarebbero
stati esibiti la scorsa estate solo per gentile concessione di Conte, in
imbarazzo con i suoi azionisti di riferimento, Lega e 5 Stelle. Uno
strappo alla regola: in base al rigido protocollo, le informazioni
riservatissime sul rinnovato Meccanismo Europeo di Stabilità, in teoria,
si sarebbero dovute limitare unicamente al premier, assistito d’ufficio
dal solo ministro dell’economia (all’epoca, Giovanni Tria).
Citato da Salvini nella sua requisitoria in aula contro Conte,
l’esperto Guido Salerno Aletta, di “Milano Finanza”, conferma l’allarme
già lanciato da Antonio Patuelli dell’Abi e, ancor più autorevolmente,
dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. E cioè: se l’Italia fosse
costretta a ricorrere al Mes, il nuovo Fondo potrebbe chiedere in cambio
pesantissime “condizionalità”, inclusa la “ristrutturazione” del
debito. Tradotto: le banche, detentrici dei titoli di Stato, potrebbero
attingere direttamente ai conti correnti degli italiani. In alternativa,
il governo dovrebbe imporre una patrimoniale. Lo conferma, sempre a
“ByoBlu”, un tecnocrate come Carlo Cottarelli: per l’Italia il rischio è
serio, visto l’attuale sistema di finanziamento (titoli di Stato, con
moneta non sovrana) e un debito che galleggia oltre il 130% del prodotto
interno lordo. Il documento, infatti, prevede che tutto fili liscio
solo per i paesi con un debito non superiore al 60% del Pil, in linea
con la “teologia” di Maastricht. Problema: le regole del rigore, pensate
trent’anni fa per un’Europa in crescita, si sono scontrate con la realtà della stagnazione, riuscendo solo ad aggravare la crisi
e condannare intere economie. E oggi, nel 2019, ancora si insiste con
una ricetta perversa e socialmente devastante, votata alla rovina
generale?
“Non venitemi a dire che non lo sapevate”, è la fragile autodifesa di
Conte, che tenta di coinvolgere Salvini e Di Maio, entrambi vicepremier
all’epoca dell’incubazione del Mes-2. Vero a metà, a quanto pare: da un
lato, il capo della Lega e il portavoce dei 5 Stelle non hanno mai
rigettato, a prescindere, la prospettiva dell’ex Fondo salva-Stati.
Dall’altro, però, si erano riservati di analizzarlo in modo
approfondito. Salvo scoprire, oggi, che il Mes avrebbe viaggiato in
clandestinità: un piatto avvelenato, da servire ai Parlamenti solo a
cose fatte. E qui, Conte traballa. Accusato frontalmente da Salvini e
Giorgia Meloni, è isolato dalla freddezza di Di Maio: i 5 Stelle
potrebbero ribellarsi e staccare la spina al governo, pur di bloccare il
fondo “ammazza-Stati”? Se il Pd e i renziani fanno quadrato attorno
all’attuale titolare dell’economia,
cioè il tecnocrate Roberto Gualtieri (creatura di Buxelles), dalla
sinistra si sfila “Liberi e Uguali”: per Stefano Fassina, già
viceministro di Enrico Letta, l’Italia deve rispedire al mittente,
rifiutandosi di approvarlo, questo pericoloso congegno a orologeria.
Conte avrebbe già dato il suo ok, all’insaputa di tutti? Malissimo:
proprio su questo sembra giocarsi la sopravvivenza del
professor-avvocato a Palazzo Chigi, incalzato dalla Lega che si prepara
alla mobilitazione popolare, a suon di firme, prima ancora di valutare
una mozione di sfiducia, nel caso in cui una frangia dei 300
parlamentari grillini prendesse le distanze da quello che, sulla carta,
si presenta come il più insidioso attentato alle tasche degli italiani.
Mesi fa, un ex analista dell’intelligence come Fausto Carotenuto aveva
confessato: «Temo il Conte-bis, la sua debolezza politica ne farà lo
strumento perfetto per l’élite europea intenzionata a farci del male».
Oggi, di fronte alla rissa parlamentare sull’ipotetico Fondo Monetario
Europeo, un osservatore privilegiato come Gioele Magaldi, massone
progressista e presidente del Movimento Roosevelt, allarga decisamente
l’orizzonte: ma ci rendiamo conto, dice, di cosa stiamo parlando? Lo
capiamo, per quale motivo siamo finiti così in basso? Vogliamo deciderci
a vederlo, il problema? Alzi la mano chi sa spiegarsi, precisamente,
per quale motivo
la moneta (europea) è diventata qualcosa da mendicare, da prendere in
prestito a caro prezzo, lasciando in pegno interi paesi (e ora, magari,
anche il patrimonio di milioni di cittadini).
Chiarisce l’economista Nino Galloni, che del Movimento Roosevelt è
vicepresidente: ci rendiamo conto che l’Italia ha sì un enorme debito
pubblico, ma in compenso vanta un debito privato irrisorio e un
ingentissimo patrimonio privato fatto di risparmi, di capitali e
immobili, a garanzia del sistema economico nazionale? E perché allora il
rating delle agenzie, adottato da Bruxelles come unico parametro,
considera solo il debito contabile dello Stato? Chiedetelo a Prodi,
taglia corto un altro “rooseveltiano” come Gianfranco Carpeoro: fu il
professore di Bologna, osannato come salvatore della patria dopo aver
sfasciato l’Iri che sorreggeva l’industria italiana, a genuflettersi ai
signori dell’euro, rinunciando a far pesare il valore reale dell’Italia.
Quanto agli eurocrati, un grande imprenditore come Fabio Zoffi, che
opera in Germania,
ha avuto il coraggio di sbugiardare i guardiani dell’austerity altrui:
al “Giornale” ha ricordato che Berlino, mediante svariati artifici
contabili, omette enormi cifre nel computo del deficit. Il debito
tedesco (quello reale) sarebbe il doppio di quello italiano. Attenzione,
avverte Zoffi: proprio grazie al super-debito, sia pureocculto, la Germania
funziona meglio dell’Italia. Ergo: anziché tagliare la spesa, perché
non allargarla? Il famoso tetto del 3% non è certo una legge economica: è
solo un diktat politico-ideologico, che ha finora depresso l’economia.
Né si creda che sia intelligente prendersela col signor Franz, dice
da parte sua il comunista Marco Rizzo, consultato sempre da Messora: il
popolo tedesco non ha idea di quello che combina, alle sue spalle,
l’élite che lo governa. Vale per tutti gli altri, inclusi i francesi. La
soluzione? Sincronizzare i popoli, coalizzarli contro questa oligarchia
che ha privatizzato la moneta. Da tutt’altro versante, quello
social-liberale, Gioele Magaldi (in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”), punta il dito contro lo scandaloso dumping fiscale, su cui nessuno fiata: «Che Europa
è mai questa, dove si consente che in paesi come l’Olanda e il
Lussemburgo sia più conveniente pagare le tasse?». Risultato:
l’emorragia di entrate fiscali (Fiat docet) grazie alla fuga delle
grandi aziende. Su questo, niente da ridire? Meglio la piccola crociata,
vagamente infame, contro l’idraulico che lavora in nero? E i media
che fanno, continuano a dormire? Marco Travaglio, addirittura, s’è
messo ad incensare Conte: «Saprebbe indicare, Travaglio, un solo
illuminante atto di governo che abbia contraddistinto il premier, da
quando è a Palazzo Chigi, con l’unica evidente intenzione di restarvi il
più a lungo possibile, non importa come, obbedendo ai politici che
contano in Europa, anche a scapito degli italiani?».
Mai stato tenero, Magaldi, nemmeno con Lega e 5 Stelle. L’accusa:
dovevano almeno avviare il cambiamento promesso. «Invece si sono
limitati alle chiacchiere: esattamente come Renzi, proprio per questo
scaricato a suo tempo dagli elettori». Renzi s’era rimesso in pista, ma
ora è stato speronato dalle inchieste sul finanziamento della fondazione
Open. «Giusto che la magistratura indaghi, ma senza far politica su
questo: ipocrita pensare che i partiti vivano d’aria. Ma soprattutto:
Renzi va bocciato politicamente, perché per l’Italia non ha fatto
nulla». Oggi, il mostro ha le sembianze del Mes. E prima ancora:
Trattato di Maastricht e Trattato di Lisbona, Fiscal Compact, pareggio
di bilancio in Costituzione. «Io sono ultra-europeista», dice Magaldi,
«ma intendiamoci: un’Unione Europea
non è mai esistita». Chi l’ha detto, ad esempio, che a decidere tutto
sia la Bce, non controllata da politici a loro volta tenuti a rispondere
agli elettori? Ora siamo all’apice dell’aberrazione: anziché un ente
prestatore di ultima istanza, deputato a finanziare gli Stati in modo
virtualmente illimitato, si darebbe vita allo strozzinaggio
istituzionale di un organismo ancora meno democratico, super-bancario,
abilitato a ricattare popoli scavalcando definitivamente i governi.
Al di là di come andrà a finire la miserabile vicenda Mes, incluso lo
scaricabarile tra politici, Magaldi sintetizza: quella robaccia va
stracciata e riscritta da zero. E’ ora di svegliarsi, tutti, ma sul
serio. Le piccole Sardine? Si decidano: chiedano conto della situazione a
chi comanda davvero, in Italia. I sovranisti? Vicolo cieco: a che serve
trincerarsi entro i confini, quando è Bruxelles che detiene le leve
strategiche, le regole che condizionano l’economia?
Vale anche per i rossobruni di Vox Italia: l’oligarchia non ha nulla da
temere, da chi rifiuta la battaglia continentale. La risposta? Democrazia, da imporre ai gerarchi dell’Ue.
In pillole: «L’Italia sta crollando: viadotti che cadono, scuole a
pezzi. Disoccupazione, tasse altissime, aziende che non vengono pagate.
Servono 200 miliardi, per rimettere in corsa il paese». E si pensa di
elemosinarli al Mes, mettendosi al collo il cappio degli usurai? Non è
questione di virgole o di percentuali, insiste Magaldi: c’è da far
saltare tutto. Cambiare le regole, da cima a fondo. Primo: «Un’Europa
democratica, con la sua Costituzione, e un governo federale finalmente
eletto dal Parlamento Europeo». Secondo: «Una banca centrale che emetta
eurobond, e sostenga in modo illimitato i debiti pubblici, mettendo fine
al ricatto dello spread». O così, o moriremo: malati di Mes, o di
qualsiasi altro morbo letale fabbricato in provetta, nei laboratori
segreti che hanno sabotato la democrazia per dare vita a questo morto vivente, questo zombie di Sacro Romano Impero travestito da Unione Europea, senza più cittadini ma soltanto sudditi.
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mercoledì 4 dicembre 2019
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