Il lavoro, e i diritti ad esso connessi, trovano nel sistema dei cambi fissi – cioè nell’euro – un ostacolo molto pericoloso. In un Paese esportatore come l’Italia, quando le sue aziende vogliono tornare ad essere competitive, cioè ad esportare di più, sono costrette – considerato che lo Stato non può più intervenire sulla leva del cambio – a scaricare il peso della competitività sul lavoro, cioè su salari e diritti dei lavoratori. Con la particolarità che la moneta unica non ha alle spalle uno Stato, tant’è che la Banca centrale europea NON esercita (per suo stesso statuto) la funzione di prestatrice illimitata di ultima istanza, cioè non può garantire il debito pubblico degli Stati dell’eurozona. Ciò vuol dire che lo Stato, per poter garantire i mercati o per fronteggiare gli attacchi speculativi, avendo perso sovranità monetaria, deve scaricarne il relativo peso sulla collettività attraverso il consolidamento fiscale e i tagli alla spesa pubblica.
Dato per acquisito questo concetto, che in tanti fanno finta di non capire, altro “cappotto di cemento” che restringe i diritti connessi al lavoro è rappresentato dal fiscal compact, cioè da quel Trattato intergovernativo firmato il 2 marzo 2012 da 25 Paesi dell’Unione europea (fatta eccezione per Regno Unito e Repubblica ceca).
Il fiscal compact prevede principalmente queste tre misure: 1)per i Paesi che hanno un rapporto debito pubblico/Pil superiore al 60%, portare il rapporto deficit/Pil allo 0,5%, cioè – sostanzialmente – fare pareggio di bilancio. Cosa vuol dire pareggio di bilancio? Significa, facendo un esempio molto semplice, che lo Stato spende 100 per la collettività e incassa dalla stessa sempre 100, lasciando zero ricchezza a cittadini e imprese; 2) ridurre a ritmi serrati il rapporto debito pubblico/Pil nella misura di un ventesimo l’anno, fino al raggiungimento del 60%. In pratica lo Stato deve trovare circa 40 miliardi di euroogni anno per ridurre il debito pubblico. Una misura capace di uccidere chiunque; 3) perseguire il pareggio di bilancio. Che poi, in realtà, al netto degli interessi passivi sul debito pubblico, sono quasi trent’anni che l’Italia fa avanzo primario, cioè lo Stato chiede alla collettività più di quanto non spenda per essa (le leve sono quelle del consolidamento fiscale e dei tagli alle voci di spesa pubblica più sensibili).
Il fiscal compact prevede principalmente queste tre misure: 1)per i Paesi che hanno un rapporto debito pubblico/Pil superiore al 60%, portare il rapporto deficit/Pil allo 0,5%, cioè – sostanzialmente – fare pareggio di bilancio. Cosa vuol dire pareggio di bilancio? Significa, facendo un esempio molto semplice, che lo Stato spende 100 per la collettività e incassa dalla stessa sempre 100, lasciando zero ricchezza a cittadini e imprese; 2) ridurre a ritmi serrati il rapporto debito pubblico/Pil nella misura di un ventesimo l’anno, fino al raggiungimento del 60%. In pratica lo Stato deve trovare circa 40 miliardi di euroogni anno per ridurre il debito pubblico. Una misura capace di uccidere chiunque; 3) perseguire il pareggio di bilancio. Che poi, in realtà, al netto degli interessi passivi sul debito pubblico, sono quasi trent’anni che l’Italia fa avanzo primario, cioè lo Stato chiede alla collettività più di quanto non spenda per essa (le leve sono quelle del consolidamento fiscale e dei tagli alle voci di spesa pubblica più sensibili).
Come se ciò non bastasse, sempre nel 2012, il Parlamento introdusse in Costituzione il vincolo capestro del pareggio di bilancio (Legge costituzionale n. 1/2012), cioè la costituzionalizzazione del neoliberismo più selvaggio contro l’impostazione keynesiana della Costituzione primigenia. Ciò ha prodotto, unitamente al sistema dei cambi fissi, la distruzione dei diritti fondamentali, soprattutto del lavoro.
I responsabili di tutto questo si chiamano Partito democratico (e precedenti versioni della sinistra post-comunista), sinistra arcobaleno, sindacati e “piùeuropeisti“.
Ora festeggiate pure il primo maggio, magari con un bel fazzoletto rosso al collo ed etichettando come “fascisti” chi la pensa diversamente da voi. Vi sentirete al passo coi tempi. Ma non appena farete i conti con la vostra coscienza, vi sentirete mancare la terra sotto i piedi.
Giuseppe PALMA
*****
“Tra Globalismo e Medioevo“, una mia poesia da leggere ed ascoltare: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=2054247854875820&id=100008718763330
Nessun commento:
Posta un commento