Che
cosa è l' ICS - "Investment Court System"? Qui di seguito la
spiegazione tratta dal "Comunicato Stampa" della Campagna Stop Ttip
Italia.
"L’Investment Court System (ICS), un sistema lievemente rivisto rispetto al tradizionale Investor-State Dispute Settlement (ISDS),
è stato inserito nel CETA con l’intenzione di offrire alle imprese di
ciascuna parte contraente una protezione contro leggi che ne possano
intaccare la libera iniziativa.
Quando una società ritiene che le
proprie aspettative di profitto siano andate deluse dalla legislazione
del paese ospitante (in questo caso Canada o UE), può chiedere
risarcimento tramite l’arbitrato internazionale (ISDS/ICS), un sistema giudiziario parallelo alle corti ordinarie.
L’ICS, ad esempio, sarà composto da un pool di avvocati commerciali, pagati a chiamata, che possono approvare richieste di indennizzo virtualmente illimitate da parte delle imprese, condannando gli stati a risarcirle o a ritirare le norme contestate.
Il 30 aprile riceviamo la comunicazione dalla Campagna Stop Ttip Italia che la Corte europea di giustizia ha emesso il parere che l'ICS è compatibile con il diritto europeo. "Una brutta notizia". Ma il parere, afferma il responsabile della Campagna, è inaccettabile, e invita caldamente a firmare e far firmare la petizione "Diritto per le persone, regole per le multinazionali"
Qui la petizione https://bit.ly/2HoCWdp
Seguono, qui di seguito, la comunicazione del 30 aprile e sotto il Comunicato Stampa "CETA: la Corte UE promuove il tribunale delle multinazionali" della portavoce della Campagna Monica Di Sisto
Invitiamo tutte e tutti a firmare, a far firmare, a dare massima diffusione a petizione e Comunicato Stampa
Reti di Pace
Il 30 aprile riceviamo la comunicazione dalla Campagna Stop Ttip Italia che la Corte europea di giustizia ha emesso il parere che l'ICS è compatibile con il diritto europeo. "Una brutta notizia". Ma il parere, afferma il responsabile della Campagna, è inaccettabile, e invita caldamente a firmare e far firmare la petizione "Diritto per le persone, regole per le multinazionali"
Qui la petizione https://bit.ly/2HoCWdp
Seguono, qui di seguito, la comunicazione del 30 aprile e sotto il Comunicato Stampa "CETA: la Corte UE promuove il tribunale delle multinazionali" della portavoce della Campagna Monica Di Sisto
Invitiamo tutte e tutti a firmare, a far firmare, a dare massima diffusione a petizione e Comunicato Stampa
Reti di Pace
Secondo
la Corte europea di giustizia il meccanismo ISDS/ICS è compatibile con
le regole dell’Europa. Per noi rimane inaccettabile. La Campagna Stop
TTIP/CETA chiede al Parlamento italiano di rispettare gli impegni:
“Bocciate il CETA al più presto per riaprire in Europa un dibattito sul
commercio senza regole”.
ROMA, 30 APRILE 2019 – Questa mattina la Corte di giustizia dell’Unione europea ha decretato che
il sistema di protezione degli investimenti inserito nel trattato di
liberalizzazione commerciale UE-Canada (CETA), è compatibile con il
diritto europeo. Il parere della Cortearriva
dopo una richiesta – inoltrata nel 2017 dal Belgio – di esprimere un
parere la compatibilità del meccanismo di arbitrato presente nel CETA
con il diritto dell’Unione.
La sentenza legittima un
sistema controverso, che consente alle multinazionali di fare causa
agli Stati per scoraggiare l’approvazione di leggi che minacciano i loro
profitti. Qualunque norma – anche se varata per proteggere
l’interesse pubblico o l’ambiente – sarà impugnabile in opachi
tribunali, che prestano il fianco a gravi conflitti di interessi.
«Si
tratta di un meccanismo costruito su misura per gli investitori esteri,
a scapito della sovranità degli Stati e dei diritti dei cittadini –
dichiara Monica Di Sisto, portavoce della campagna Stop CETA,
una coalizione di 200 organizzazioni che si batte contro gli impatti
dei trattati di libero scambio – Abbiamo dimostrato nel recente rapporto
“Diritti per le persone, regole per le multinazionali: Stop ISDS[1]”,
che la creazione di Corte per gli investimenti inserita nel CETA su
proposta della Commissione europea rappresenta una minaccia per la
democrazia e l’ambiente e chiediamo che il Parlamento si attivi
immediatamente per bocciare il trattato in blocco, così da aprire in
tutta Europa un fronte critico verso il commercio senza regole e senza
rispetto dei diritti».
L’Investment Court System (ICS), un sistema lievemente rivisto rispetto al tradizionale Investor-State Dispute Settlement (ISDS),
è stato inserito nel CETA con l’intenzione di offrire alle imprese di
ciascuna parte contraente una protezione contro leggi che ne possano
intaccare la libera iniziativa. Quando una società ritiene che le
proprie aspettative di profitto siano andate deluse dalla legislazione
del paese ospitante (in questo caso Canada o UE), può chiedere
risarcimento tramite l’arbitrato internazionale (ISDS/ICS),
un sistema giudiziario parallelo alle corti ordinarie. L’ICS, ad
esempio, sarà composto da un pool di avvocati commerciali, pagati a
chiamata, che possono approvare richieste di indennizzo virtualmente illimitate da parte delle imprese, condannando gli stati a risarcirle o a ritirare le norme contestate.
«Oggi
l’arbitrato internazionale è diventato una macchina da soldi che si
autoalimenta grazie al conflitto di interessi – prosegue Monica Di Sisto –
I giudici guadagnano se aumentano i ricorsi, male cause provengono
unicamente dalle imprese, perché negli arbitrati lo stato può vestire
soltanto i panni dell’imputato. Ne consegue che deliberare a favore del
privato è l’unico modo per mantenere in salute il meccanismo».
Un meccanismo talmente lucroso da aver attratto, negli ultimi anni, l’interesse di numerosi fondi speculativi, che si offrono di coprire le ingenti spese legali delle società coinvolte (in media 8 milioni di euro) in cambio di una sostanziosa quota del risarcimento ottenuto in caso di vittoria.
Per
questo l’opinione della Corte europea di Giustizia, accolta con
sollievo dal mondo della grande industrie della finanza, non metterà a
tacere le obiezioni espresse da milioni di cittadini europei sul
funzionamento del meccanismo di protezione degli investimenti. Dopo i
tre milioni e mezzo di firme raccolte contro TTIP e CETA nel 2015, una
nuova petizione contro gli arbitrati ha superato in poche settimane il mezzo milione di firme (https://bit.ly/2HoCWdp). La richiesta è di abolire il meccanismo da tutti i trattati commerciali, in vigore e in fase negoziale.
«Rifiutiamo
il principio stesso di un tribunale sovranazionale, che consente agli
investitori esteri, e soltanto a loro, di aggirare le giurisdizioni
nazionali ed europee per contrastare una decisione pubblica che non
rispecchia le loro aspettative di profitto. Governo e Parlamento trovino
il coraggio di fare quanto promesso in campagna elettorale, bocciando
il CETA e mettendo fine all’impunità delle imprese», conclude la portavoce della Campagna Stop CETA.
Maggiori informazioni
I
dati della Convenzione ONU sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD)
riferiti a circa 200 cause concluse sulle 900 totali, dimostrano che
negli ultimi trent’anni, in tutto il mondo, gli Stati hanno già dovuto pagare 84,4 miliardi di dollari alle imprese private a
seguito di sentenze sfavorevoli (67,5 miliardi) o costosi
patteggiamenti (16,9 miliardi). Una cifra enorme sottratta a potenziali
misure volte a promuovere e tutelare l’interesse generale, i servizi
pubblici, l’ambiente. Una cifra che però è parziale per due ragioni: da
un lato i dettagli di molte cause rimangono ignoti, rendendo impossibile
sapere con certezza l’ammontare del travaso di denaro dai contribuenti
alle aziende; dall’altro, la maggior parte dei ricorsi è ancora
pendente, il che lascia presumere che il numero è destinato a salire.
A
finire sotto accusa sono legislazioni sull’inquinamento, la
ripubblicizzazione dei servizi, norme sul lavoro o per tutelare i
consumatori da prodotti nocivi. Nel rapporto “Diritti per le persone, regole per le multinazionali”,
vengono elencati numerosi casi ancora aperti o passati in giudicato,
che dimostrano come l’arbitrato rappresenti a tutti gli effetti un’arma delle multinazionali contro l’ambiente e la sovranità degli stati. L’Italia,
per fare un esempio, si trova a fronteggiare 10 cause arbitrali, la più
pesante delle quali è stata intentata dalla compagnia petrolifera
britannica Rockhopper nel 2017. La richiesta è di 350 milioni di dollariin compensazioni per aver subito il no dell’Italia al rinnovo della concessione per la piattaforma Ombrina Mare, che voleva cercare petrolio nell’Adriatico abruzzese entro le 12 miglia marine.
Nonostante
il sistema sia pesantemente sbilanciato a favore delle imprese,
l’Unione europea continua a supportarlo, tentando di espanderlo e
consolidarlo in una Corte mondiale per gli investimenti (Multilateral
Investment Court). Nel frattempo Stati Uniti e Canada, primi paesi
industrializzati ad avere tra loro un meccanismo di arbitrato, hanno
cambiato idea: dopo averlo incluso nel NAFTA (l’accordo trilaterale che
comprende anche il Messico) nel 1994, hanno di recente rinegoziato il
trattato cancellando il meccanismo di protezione speciale degli investitori.
Il Ministro degli Esteri canadese, Chrystia Freeland, ha giustificato
la decisione sottolineando i suoi effetti deleteri: «È costato ai
contribuenti più di 300 milioni di dollari in risarcimenti e spese
legali. L’arbitrato elevai diritti delle imprese al di sopra di quello
dei governi sovrani. Rimuovendolo, abbiamo rafforzato la capacità del
nostro governo di regolamentare nell’interesse pubblico e di proteggere
la salute e l’ambiente». Stranamente, lo stesso Ministro dello stesso
governo, ha accettato l’arbitrato contenuto nell’accordo commerciale con
l’Unione europea.
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