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«L’individuo opera le sue scelte mosso da impulsi irrazionali e
incontrollati. E’ compito di una minoranza di persone elette guidarlo
“come un gregge di pecore va guidato”». Annoverato dall’autorevole
rivista americana “Life” tra i 100 uomini più potenti del XX secolo,
acclamato unanimemente come il creatore dell’ingegneria del consenso,
Edward Louis Bernays è un nome poco familiare al pubblico europeo.
Conosciuto forse a qualche curioso per la sua parentela con il padre
della psicoanalisi, lo zio Freud, il giovane Louis assimila velocemente e
rielabora brillantemente la teoria della rivoluzionaria conoscenza
dell’inconscio. Di estrazione ebraica e borghese, si trasferisce
giovanissimo nella New York dei primi del Novecento dove, abbandonata la
strada prestabilita della prosecuzione dell’attività paterna, muove i
primi passi nel mondo del giornalismo, per affermarsi in una veste di
comunicatore del tutto inedita per i tempi. Dopo i fasti registrati
dall’industria manifatturiera a servizio della produzione bellica della
Prima Guerra
Mondiale, gli Stati Uniti si trovano a dover affrontare il più
spaventoso degli spettri del mercato: il rischio di sovrapproduzione.
Il “brain storming” di illustri banchieri e influenti imprenditori
porta a centrare la soluzione in modo deciso e inequivocabile: occorre
traghettare il cittadino americano dalla cultura dei bisogni a quella
dei desideri, rendendo le persone bramose di soddisfare
necessità sempre nuove, gravose come impellenti bisogni. La logica
economica, dopo aver asservito l’industria bellica per accrescere la
propria produzione, si avvicina così alla neonata scienza della
psicoanalisi. Ma come fare a convincere i cittadini a consumare nuovi
prodotti non avendo esaurito i vecchi acquistati? Per Bernays, la
risposta è semplice: basta «inquadrare l’opinione pubblica così come un
esercito inquadra i suoi soldati». Lo zio Sigmund aveva dato luce alla
parte oscura che muove il desiderio spinto dall’inconscio: attraverso il
meccanismo di compensazione dei desideri, l’individuo sposta
l’orizzonte del suo desiderio represso e non ammissibile verso la sfera
esterna della materialità per poterlo soddisfare.
Appresa la lezione, Bernays offre la sua preziosa consulenza nella
campagna della American Tobacco Company per abbattere il tabù
dell’America del primo dopoguerra verso la pratica del fumo da parte
delle donne. Nel 1929 inscena la parata delle “fiaccole della libertà”:
ingaggia una decina di suffragette che, nel pieno di una manifestazione
pasquale, accendono in modo teatrale l’oggetto del desiderio manifesto
allora proibito, le sigarette, che nell’inconscio femminile
rappresentavano il pene. La notizia fa il giro del mondo, veicolata come
gesto di libertà e emancipazione femminile, intaccando fortemente il
tabù puritano.
L’individuo, dunque, è disposto ad assumere comportamenti irrazionali,
orientati al consumo di prodotti non solo inutili per la sua vita, ma
addirittura dannosi, pur di sentir soddisfatti alcuni sui aneliti
inconfessabili e inappagati, pur di veicolare all’esterno un’immagine
che lo gratifichi e lo faccia sentire apprezzato dagli altri.
E proprio perché in preda a forze inconsce gli essere umani vanno
controllati, “come un gregge di pecore va guidato”. Alle minoranze più
intelligenti (élite) spetta il compito di fare proselitismo e
indirizzare le masse indisciplinate e irrazionali. Una sorta di compito
morale degli eletti: «Solo così si può coniugare l’interesse individuale
con quello collettivo per favorire lo sviluppo e il benessere
dell’America» (“Propaganda”, 1928). L’elenco dei clienti di Bernays è un
pullulare di nomi del gotha economico e politico americano: Procter
& Gamble, l’American General Electric, la General Motors e il
presidente Usa
Eisenhower sono solo alcuni dei nomi presenti nello sterminato
portfolio di Bernays, capace di camuffare da colpo di stato il golpe
guatemalteco del 1953 per favorire, al fianco della Cia, gli interessi
della United Fruit Company. La sua fama arriverà oltreoceano,
conquistando con le sue teorie il Ministro della Propaganda nazista
Goebbels, suo dichiarato fan. E’ a lui che devono la paternità tutte le
attuali figure “professionali”, come gli spin doctor, che hanno fatto
della propaganda l’arma del consenso sociale.
(Ilaria Bifarini, “Il padre della propaganda: Edward Bernays”, dal blog della Bifarini del 29 aprile 2019).
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lunedì 20 maggio 2019
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