La Francia è contraria e il Belgio si è astenuto, tutti gli altri governi dell’Unione europea, compreso quello italiano, hanno dato mandato alla Commissione europea di negoziare un nuovo accordo transatlantico di liberalizzazione del commercio con gli Stati uniti. La nuova versione del #Ttip è sostenuta dal governo di Conte, che dovrà assumersi una responsabilità morale e politica, visto che fino a prima delle elezioni aveva manifestato fortemente l’opposizione a questo accordo tossico per i diritti delle persone e per l’ambiente.
comune-info Monica Di Sisto*
Ieri, 15 aprile, tutti i governi dell’Unione – eccetto la Francia, contraria, e il Belgio, astenuto – hanno dato il via libera ai
mandati chiesti dalla Commissione europea per negoziare un nuovo
accordo transatlantico di liberalizzazione del commercio con gli Stati
Uniti.
Una nuova versione del TTIP, anche se a Bruxelles ci tengono a non usare acronimi diventati “piuttosto tossici”, come ha avuto a dire la
Commissaria al commercio Cecilia Malmstrom. La quale ha però dichiarato
che sarà fatto “tutto il possibile” per raggiungere un accordo con gli
Stati Uniti entro il primo novembre 2019, prima della “scadenza” della Commissione Junker.
Per capire a quali logiche rispondano, basta analizzare in dettaglio quanto scritto nei documenti ufficiali, approvati anche dall’Italia dei Di Maio e dei Salvini, che nero su bianco appena pochi mesi fa avevano scritto nel Contratto di governo: “per
quanto concerne Ceta, MESChina, TTIP e trattati di medesimo tenore
intendiamo opporci in tutte le sedi, in quanto determinano un eccessivo
affievolimento della tutela dei diritti dei cittadini, oltre ad una
lesione della concorrenza virtuosa a scapito della sostenibilità del
mercato interno”.
I documenti ufficiali del nuovo TTIP consistono in due mandati a negoziare che ora i
tecnici della Commissione possono utilizzare (al fianco del vecchio
mandato del 2013 che lanciò il TTIP e resta saldamente in vigore per
ogni evenienza) come base per discutere, con la riservatezza che il
commercio comporta, di materie che riguardano la nostra vita quotidiana.
Con il primo mandato i Governi Ue autorizzano la Commissione a trattare con Trump l’azzeramento di dazi e quote “ingiustificati” su tutti i prodotti industriali scambiati tranne quelli agroalimentari. La
Commissione dovrà svolgere, su richiesta francese, una valutazione
d’impatto dell’eventuale nuovo accordo “il prima possibile”, che dovrà
essere “tenuta in considerazione”, ma senza alcun obbligo a farlo. La
Francia ha votato contro alla richiesta di mandato perché Macron aveva
promesso di non appoggiare alcuna trattativa commerciale con paesi che
non avessero sottoscritto l’Accordo di Parigi sul clima. E
nel ri-TTIP non c’è alcuna garanzia che gli scambi di merci verranno
adattati alle esigenze dell’ambiente. Il negoziato mette sul piatto
anche le regole d’origine, senza che il rispetto degli standard europei – pur citati – sia in alcun modo vincolante.
Con il secondo mandato si entra nel merito di regole e standard, quelle barriere non tariffarie che – stando all’ultima valutazione dell’UE sul TTIP – costituiscono il vero cuore della faccenda. Quelli
che noi chiamiamo diritti e tutele, per USA e Ue (e da ieri anche per
l’Italia) rappresentano il 70% degli ostacoli al commercio
transatlantico.
Per aggirarli o indebolirli la strategia è semplice: semplificare il riconoscimento dei risultati delle valutazioni di conformità dei prodotti, il che significa – con tutta probabilità – scegliere la via meno rigorosa per produrre e/o distribuire e, di conseguenza, autorizzare le importazioni di prodotti o sostanze. Il tutto, promette Bruxelles “garantendo un livello elevato di protezione nell’UE”, che però non è definito in alcun modo.
Per aggirarli o indebolirli la strategia è semplice: semplificare il riconoscimento dei risultati delle valutazioni di conformità dei prodotti, il che significa – con tutta probabilità – scegliere la via meno rigorosa per produrre e/o distribuire e, di conseguenza, autorizzare le importazioni di prodotti o sostanze. Il tutto, promette Bruxelles “garantendo un livello elevato di protezione nell’UE”, che però non è definito in alcun modo.
C’è di più: mentre è del tutto assente perfino la più vaga allusione al principio di precauzione, Bruxelles
annuncia di voler studiare come “introdurre requisiti di valutazione
della conformità meno onerosi basati sulla valutazione del rischio
connesso al prodotto”. Dunque valutazioni che non si basano sulla qualità, sull’impatto ambientale e/o sociale. Nessun
settore è escluso da questo rullo compressore: cibo, ambiente, chimica,
farmaci, tutto sarà oggetto di contrattazione riservata tra Junker e
Trump grazie all’ok dei paesi membri come il nostro.
Infine, tutti
gli accordi di mutuo riconoscimento di regolamenti già in essere tra
USA e Ue – basati cioè sull’accertamento dell’equivalenza dei modi di
produzione e della loro certificazione conforme dell’altra Parte –
potranno essere riaperti per livellare ulteriormente i potenziali
ostacoli. E anche in questo caso nessun settore
produttivo è escluso. Per portare avanti questo dialogo la Commissione
si impegna a creare una “struttura istituzionale” che ragionevolmente
ricalcherà la pericolosa Cooperazione regolatoria già proposta nel “vecchio” TTIP e in vigore nel CETA. Si tratta di un sistema composto da comitati bilaterali fuori dal controllo del Parlamento europeo, resi opachi dal segreto commerciale. In
quelle stanze, pochi tecnici con il mandato di snellire la burocrazia,
passeranno al vaglio anche leggi e regolamenti che mettono cittadini e
consumatori al riparo da potenziali minacce ambientali o sanitarie.
Sullo sfondo di questo quadro inquietante, come dicevamo, resta il mandato negoziale relativo al primo TTIP, accordato
nel 2013 alla Commissione europea prima che esplodesse una protesta
dilagata al punto da dover congelare le trattative. Un mandato mai revocato – e quindi ancora utilizzabile – che copre proprio tutti i settori, compresa l’agricoltura e i servizi pubblici. Procedendo per tappe, come paventa il capo della Direzione Generale Commercio dell’esecutivo comunitario Jean-Luc Demarty, sarà possibile arrivare a discutere anche di queste faccende, a patto che Washington apra i suoi appalti pubblici agli investitori europei. Esattamente
lo scoglio sul quale il TTIP originale si era arenato e sotto il quale
gli improvvisati “sovranisti” di casa nostra si erano impegnati a
seppellire per sempre tutti i trattati tossici. Una
posizione che sostenevamo prima di loro e per la quale continueremo a
lottare, con la stessa forza di prima e anche più convinti.
Portavoce della Campagna Stop TTip
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