Classe dirigente. Magistrati arrestati per corruzione: nuove accuse per Savasta e Nardi. Indagato anche il pm Scimè e altre tre persone.
Secondo gli inquirenti, nel 2014 i due
hanno chiesto e ottenuto più di 400mila euro da un imprenditore di
Corato per insabbiare una indagine a suo carico per reati tributari. Non
solo. Entrambi hanno ammesso le contestazioni raccontando anche nuovi
episodi delittuosi che hanno portato all’iscrizione nel registro degli
indagati di altre quattro persone: il magistrato Luigi Scimè, ex pm a
Trani ed ora in servizio a Salerno, l’avvocato Giacomo Ragno, Savino
Zagaria, cognato di Savasta, e Martino Marancia.
Nuove accuse per gli ex pm di Trani Antonio Savasta e Michele Nardi,
arrestati a gennaio scorso con l’accusa di associazione per delinquere
finalizzata alla corruzione in atti giudiziari e falso. Secondo gli
inquirenti, i due hanno chiesto e ottenuto più di 400mila euro da un
imprenditore di Corato per insabbiare una indagine a suo carico per reati tributari. Questo episodio, qualificato come concussione e falso, risale al febbraio 2014 ed è contestato ai due magistrati in concorso con il poliziotto Vincenzo Di Chiaro e all’avvocato Simona Cuomo. In particolare, secondo l’accusa l’imprenditore Paolo Tarantini
è stato minacciato tramite la notifica di un avviso di garanzia, perché
consegnasse il denaro come “unico modo per sottrarsi alle gravi
conseguenze che anche sul piano economico sarebbero derivate dalle iniziative giudiziarie di Savasta”. All’imprenditore
sarebbe anche stato imposto di cambiare avvocato, nominando Cuomo alla
quale poi avrebbe corrisposto 12mila euro di compenso e, oltre ai
400mila euro pagati in due tranche ai due magistrati, Tarantini avrebbe acquistato materiale dalla Trony per Nardi del valore di 25mila euro oltre a piante per altri 8mila euro destinate a Savasta. Quale prezzo della propria mediazione con i giudici della Corte di Appello di Bari che dovevano decidere su un’altra vicenda, una controversia di lavoro in cui era coinvolta l’azienda di Tarantini, Nardi si sarebbe fatto dare dall’imprenditore altri 30mila euro nel dicembre 2017. Per questo è accusato anche di traffico di influenze illecite.
Una nuova accusa di corruzione contestata a Nardi, Savasta
e altri cinque indagati riguarda ancora un’altra vicenda del luglio
2016. L’imprenditore Flavio D’Introno avrebbe pagato le bugie del falso
testimone Gianluigi Patruno in un processo contro due messi comunali di Trani imputati per falso materiale e ideologico per alcune cartelle esattoriali milionarie
notificate a D’Introno. Per questa vicenda gli indagati rispondono di
calunnia ai danni dei due messi e di corruzione per aver pagato le
menzogne del teste (attraverso l’allestimento di una palestra gestita
dalla moglie del testimone per un valore di 160mila
euro e altri 3mila euro in contanti pagati il giorno prima
dell’udienza). A Patruno è contestata anche l’estorsione di 60mila euro
pagati da Savasta e D’Introno perché non raccontasse di essere stato corrotto per mentire.
La Procura di Lecce, inoltre, ha chiesto di cristallizzare in un incidente probatorio le dichiarazioni rese in undici diversi interrogatori, tra ottobre 2018 e marzo 2019, da parte di Savasta (attualmente agli arresti domiciliari), Vincenzo Di Chiaro, poliziotto attualmente in carcere,
e l’imprenditore Flavio D’Introno, nell’ambito dell’inchiesta su
presunte tangenti in cambio di procedimenti penali favorevoli. Dinanzi
ai pm di Lecce i tre indagati, sulle cui rivelazioni
ora si chiede l’incidente probatorio, hanno ammesso le contestazioni
raccontando anche nuovi episodi delittuosi che hanno portato
all’iscrizione nel registro degli indagati di altre quattro persone: il magistrato Luigi Scimè, ex pm a Trani ed ora in servizio a Salerno, l’avvocato Giacomo Ragno, Savino Zagaria, cognato di Savasta, e Martino Marancia. Le nuove imputazioni formulate a carico degli indagati (che hanno ricevuto avvisi di garanzia) riguardano presunti episodi di corruzione, concussione, falso, calunnia, millantato credito ed estorsione. La posizione di altre otto persone, inizialmente presenti nell’elenco degli indagati al momento della notifica dell’ordinanza di arresto, è stata stralciata e nei loro confronti, scrive la Procura nelle imputazioni, “si procede separatamente”.
Nella fattispecie, il magistrato di Trani Luigi Scimè ha ricevuto dall’imprenditore Flavio D’Introno 75mila euro in tre diverse tranche per alcuni procedimenti penali che lo vedevano direttamente coinvolto. Per questo la Procura di Lecce
contesta al magistrato il reato di corruzione in concorso con i suoi
colleghi Antonio Savasta (che dopo l’arresto si è dimesso alla
magistratura) e Michele Nardi, con l’imprenditore D’Introno, con il poliziotto Vincenzo Di Chiaro e con l’avvocato Simona Cuomo. Gli episodi ricostruiti dai magistrati salentini, anche grazie alle dichiarazioni
rese dopo l’arresto da alcuni co-indagati, riguardano quattro diversi
procedimenti penali istruiti dalla Procura di Trani tra il 2012 e il
2016. In una occasione Scimè, preparando la requisitoria con Savasta di un processo a carico di D’Introno del quale era titolare, formulò – secondo l’accusa su esplicita richiesta di Nardi
– “richiesta parziale di assoluzione e di condanna per una parte dei
reati per i quali i magistrati ritenevano di poter giungere ad una
declaratoria di prescrizione nelle successive fasi di giudizio“, ottenendo in cambio 30 mila euro. In un altro processo chiese il rinvio a giudizio per calunnia
nei confronti di due accusatori di D’Introno (ottenendo una presunta
tangente di 15 mila euro). Ancora, chiese l’archiviazione di due
procedimenti relativi all’incendio di due ville di proprietà della
moglie dell’imprenditore e al danneggiamento di una delle due ville (in cambio di 30 mila euro complessivi), “sì da favorire D’Introno il quale aveva interesse ad una rapida liquidazione dell’indennizzo da parte dell’assicurazione“.
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