Pubblichiamo
questa lettera aperta che Angelo Baracca ha mandato ai giovani di FFF,
con cui sta peraltro collaborando a Firenze. E’ stata pubblicata ieri su
Pressenza.
...Io mi
sono formato con la scritta sulla parete de La Sapienza di Roma nel 1968
(avevo già 29 anni): “Non dateci consigli, sappiamo sbagliare da soli”...
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Cari giovani e studenti,
per
chi non mi conosce sono un professore di fisica (in pensione)
dell’Università di Firenze, l’insegnamento è stato la passione della mia
vita e chi è stato mio allievo credo possa testimoniare che in 47 anni
(complessivi) di insegnamento ho sempre espresso senza reticenze le mie
opinioni, con lo scopo che ogni studente si formasse liberamente la sua,
anche se fosse opposta alla mia.
Da
50 anni sono impegnato sulle questioni ambientali e contro le guerre, e
devo dichiarare in tutta onestà che molto spesso mi sono trovato a
contrappormi alla maggioranza dei miei colleghi.
Mi
ha colpito molto la vostra scelta di un’alleanza con gli scienziati
sulla questione del clima: la giudico una scelta importante, ma
personalmente valuto dei pro e dei contro, e su questi ultimi in
particolare vorrei brevemente esprimere le mie posizioni personali.
Il
mio parere è che gli scienziati siano senza dubbio referenti di
importanza fondamentale, le loro analisi e i loro pareri costituiscano
punti di riferimento necessari, ma da qui a stabilire un’alleanza tout
court mi pare ce ne corra.
Senza
dubbio non disconosco affatto l’importanza che sul problema del clima
la maggioranza degli scienziati sia oggi schierata nettamente nella
denuncia della gravità epocale della situazione attuale e nella
richiesta perentoria di una vera inversione di tendenza, e di
provvedimenti radicali.
Io
tuttavia nella mia attività scientifica, e nel mio impegno sociale,
ambientale e pacifista (due cose che non ho mai separato) mi sono
trovato in moltissime occasioni a contrappormi alla grande maggioranza
dei miei colleghi. Da quando ho imboccato la professione scientifica ho
sempre contestato che la Scienza sia neutrale rispetto alle condizioni
sociali, economiche, culturali – rispetto al potere tout court (del
resto, metà degli scienziati lavorano per la guerra) – e ho criticato,
in termini concreti, il concetto di una oggettività intrinseca, o di
verità assolute.
Porto
un esempio molto concreto, che ho vissuto in prima persona. Se negli
anni Settanta-Ottanta del secolo scorso si fossero seguiti i pareri
prevalenti degli scienziati e ingegneri, in Italia avremmo ancora
programmi nucleari attivi. Il referendum del 1987 che di fatto chiuse i
programmi nucleari italiani fu vinto a dispetto dei pareri che
dominavano fra gli scienziati.
Ancora
nel secondo referendum del 2011, pur essendo le posizioni più
articolate, erano numerosi gli scienziati favorevoli alla ripresa dei
programmi nucleari (e credo che non pochi scienziati favorevoli abbiano
evitato di esporsi esplicitamente). La mia posizione sul nucleare
(civile e militare), da sempre, mi pare evidente da quanto ho detto: non
mi sembra il caso di entrare nel merito in questa sede, anche di altri
aspetti delle mie posizioni, ma chiunque sia interessato può chiedermi
materiali (angelo.baracca@gmail.com).
La
mia opinione, nulla di più, è che il vostro movimento dovrebbe senza
dubbio ascoltare le analisi e i pareri degli scienziati, mantenere
stretti rapporti di confronto, utilizzare tutte le consulenze
qualificate, discuterle, confrontarsi a tutto campo, ma conservare una
totale autonomia di valutazione, di giudizio e di scelta. È a mio parere
un presupposto irrinunciabile, è la forza del vostro movimento. Io mi
sono formato con la scritta sulla parete de La Sapienza di Roma nel 1968
(avevo già 29 anni): “Non dateci consigli, sappiamo sbagliare da soli”.
Personalmente questo è il tipo di rapporto che intendo mantenere e praticare.
Un
saluto a tutte/i con l’augurio che il vostro movimento cresca e si
radichi, e riesca a realizzare il futuro che meritate, e che le mie
generazioni non hanno saputo darvi (mi ha colpito un’affermazione dello
scrittore Andrea Camilleri, 93 anni: “Come italiano sento di avere
fallito”)
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