Apripista è l’Usl di Treviso, che ha già reclutato dieci camici bianchi dalla Romania. Grazie a un accordo non ancora ufficiale con l’università di Timisoara e quella di Padova. “Stiamo aspettando l’ok dall’ateneo veneto – spiega a Ilfattoquotidiano.it il direttore generale dell’Usl Francesco Benazzi – Si tratta di giovani medici che dovrebbero frequentare l’ultimo anno di formazione nei nostri ospedali con la borsa di studio rumena, in cambio di vitto e alloggio. E una volta imparata la lingua potrebbero partecipare ai concorsi per l’assunzione”.
Nell’Usl trevigiana, che conta sei strutture ospedaliere, oggi mancano 86 unità.
“Soprattutto anestesisti, ginecologi, pediatri, pneumologi e radiologi, non sappiamo più come fare – aggiunge Benazzi – Già in passato nell’ospedale di Oderzo siamo ricorsi a due anestesisti dalla Croazia”.
Attualmente tutto il Veneto ha un deficit di circa 1300 specialisti.
L’Amsi (l’associazione dei medici stranieri in Italia) dal 2018 ha ricevuto dalla Regione di Luca Zaia richieste per 400 medici stranieri, il numero più alto in assoluto. “Si avvicina il Piemonte, che ne ha domandati 350 – fa il punto il presidente Foad Aodi – In un anno ci sono arrivate oltre mille richieste da tutta Italia per uno fino a 35 medici alla volta”.
Una “sconfitta”, la definisce Carlo Palermo, segretario nazionale di Anaao, il sindacato dei medici del Servizio sanitario nazionale. Così come l’aver consentito di richiamare i medici in pensione con una recente delibera regionale, contro cui l’Anaao Veneto farà ricorso. “Per tamponare le emergenze di organico una soluzione è ammettere ai concorsi gli specializzandi iscritti all’ultimo anno”, ricorda Palermo. Lo prevede infatti la legge di Bilancio 2019: “Abbiamo inviato una diffida a tutte le aziende sanitarie per chiedere il rispetto della norma”.I sindacati: “Sta nascendo una sanità low cost” – Ma a quanto pare non basta. La Toscana con una delibera del 23 aprile ha dato il via libera all’assunzione in libera professione di neolaureati senza specializzazione nei pronto soccorso, dove in questo momento sono scoperti 147 posti. Il contratto dovrà essere accompagnato da un percorso formativo sul campo di due anni. In fin dei conti è un modo anche per sfruttare l’esercito di giovani medici – diecimila in tutta Italia – che dopo la laurea non riesce ad accedere alle scuole di specialità piombando in un limbo invisibile. Lo stesso ha fatto l’Asl Città di Torino che ha appena assunto dieci neolaureati con partita Iva per la medicina d’urgenza. La reazione del sindacato però è durissima: “Un giovane laureato in Medicina senza specializzazione assunto in pronto soccorso con contratto libero professionale avrà scarsa protezione contrattuale, nessuna copertura previdenziale e dovrà pagarsi da solo l’assicurazione. I rischi sono tutti a suo carico – dichiara Palermo – Le Regioni si stanno muovendo al risparmio. Stiamo assistendo alla nascita di una sanità low cost”. Per coprire il fabbisogno nell’emergenza urgenza la Giunta guidata da Enrico Rossi ha deciso anche di introdurre la clausola della possibilità di assegnazione temporanea al pronto soccorso (per un periodo non inferiore a due anni e non superiore a tre) nei concorsi per medicina interna (ed equipollenti). Infine, un’altra misura straordinaria, contenuta in una seconda delibera, riguarda il finanziamento di progetti incentivanti per chi opera in questo reparto, che con poco personale e turni massacranti ha perso attrattiva.
I “medici a gettone” e il Molise bloccato – Se i concorsi vanno deserti si ricorre sempre più spesso alle cooperative che forniscono medici a gettone. Oppure si acquistano prestazioni aggiuntive dal personale dipendente o nel privato accreditato, come ha stabilito la Regione Marche. Con una delibera dell’1 aprile la Giunta guidata da Luca Ceriscioli ha approvato una “lista di garanzia” entro due mesi: se la sanità pubblica non è in grado di fornire la prestazione nei tempi previsti (anche ricorrendo all’attività aggiuntiva dei medici pubblici), il cittadino viene inserito in un elenco e richiamato in tempo utile per accedere al servizio direttamente erogato da una struttura convenzionata e pagato dalla Regione. In Molise, invece, il direttore generale dell’Asrem (l’Azienda sanitaria regionale), Gennaro Sosto, si sente con le mani legate e alza gli occhi al cielo: “Siamo lasciati soli a gestire una situazione drammatica. Il governo ci dice che non va bene niente. Essendo in piano di rientro ci hanno impedito di richiamare i medici pensionati. Assumerei anche gli stranieri pur di colmare le carenze e non chiudere i reparti, ma non possiamo. Copriamo i turni del pronto soccorso di Agnone con il personale degli altri reparti e medici che vengono da presidi esterni, oltre l’orario istituzionale. Molti però ci hanno detto che non sono più disposti a farlo e per l’estate prevediamo enormi disagi”. Da qui l’idea che il direttore lancia al governo di “istituire dei percorsi di formazione per le specialità carenti anche negli ospedali molisani, oggi inesistenti” e dove nessuno più vuole andare a lavorare. “I molisani studiano a Roma e poi fanno carriera là”, conclude Sosto.
“Imbuto formativo, così i nostri vanno all’estero” – Gli ospedali italiani hanno perso 10mila specialisti dal 2009. A causa soprattutto del blocco del turnover, spiega l’Anaao. Ma da quest’anno in poi la causa principale dell’ulteriore deficit sarà il numero insufficiente (dal 2013) di borse di studio per la formazione post lauream: 8mila contro le 10mila necessarie secondo il sindacato. “A causa dell’imbuto formativo ogni anno diecimila medici restano esclusi dalle scuole di formazione e finiscono a fare i precari sottopagati nel privato oppure scappano all’estero, per lo più in Svizzera, Francia, Germania, Inghilterra”, spiega Palermo. Secondo una recente indagine Anaao, tra impennata di pensionamenti, quota 100 e mancate sostituzioni entro il 2025 ci sarà una carenza di 16.700 specialisti. “A cui andranno sommati i posti liberi attuali che non saranno rimpiazzati con le nuove assunzioni”, aggiunge il segretario.
Più accessi a Medicina? Un boomerang – Secondo il quale potrebbe rivelarsi una spada di Damocle l’aumento del 20 per cento degli accessi alla facoltà di Medicina annunciata dal ministro dell’Istruzione Marco Bussetti: “Una mossa un po’ demagogica. Forse un contentino ai rettori per incrementare gli introiti a disposizione degli atenei”. Ecco il calcolo: “Se dalle università usciranno 12mila medici e ne verranno formati altrettanti, nel 2031 ci troveremo con un eccesso di 5mila specialisti e uno spreco in cinque anni di oltre sei miliardi di euro, visto che formare un medico costa 250mila euro”. In generale la professione del medico negli ultimi anni ha perso appeal. Perché con gli organici ridotti all’osso i turni sono più faticosi, ma anche perché il contratto è fermo da dieci anni. “Va rivalutata l’indennità di esclusività ferma ai valori del 2000 e attivati più concorsi a tempo indeterminato”, insiste il segretario Anaao.
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