Alessandro Robecchi Giornalista
La faccenda è un po’ più complicata, perché ci possono essere farse molto tragiche, e una di quelle fu proprio il fascismo del Puzzone Mascelluto, il più grande serial killer nostrano, uno responsabile della morte di centinaia di migliaia di italiani che fu beccato mentre scappava in Svizzera con i complici, l’oro e l’amante, e poi sappiamo la fine.
In generale si può parlare di fascismo ogniqualvolta si opprime una minoranza.
E quindi qui ce n’è in abbondanza. Non solo i pagliacci della nostalgia, quelli con le croci celtiche, i Casapound, i Forza Nuova, che sono gli squadristi di oggi. O quelli col nome in ditta, Caio, Tizio, Sempronio Mussolini e quell’altra de er nonno, er nonno, er nonno mio. Non solo il ministro delle foto con la Nutella che fa il ganassa coi deboli e omaggia e serve i forti. Un ministro dell’Interno a cui ammazzano un narcos in centro a Milano alle otto del mattino e che il giorno dopo twitta trionfante che a Monza hanno sequestrato tre pezzetti di fumo. Insomma, uno che sa come si rinfocola il fuocherello, e infatti ce l’ha col 25 aprile, e lo insulta, bacioni.
Il fascismo – oggi che abbiamo i social network invece dell’Agenzia Stefani, i tweet di Matteo Salvini al posto delle veline – è una tecnica semplice. Si indica la fila. Lo vedi quanto è lunga! Uh! Poi si va da quelli in fondo alla fila e si dice: ehi guardate, ne arrivano altri, mandateli via! Eccoci qua, indicare l’ultimo come nemico al penultimo sempre più incazzato, mentre i primi della fila, lassù nella scala sociale, festeggiano e si fanno i cazzi loro. Questo è, praticamente, in fotografia (menare i contadini per compiacere i grandi agrari), il fascismo di oggi. Molto simile a quello di ieri. Ma ancora una volta, non c’è solo questo.
Ci sono gli spettatori muti che dicono: “Uh, figurati!”, e anche: “Uh, che esagerazione!”. Quelli che non muovono un dito, quelli che fanno finta di non vedere, quelli che dicono, “Ma va’, fascismo, ma cosa vai a pensare!”. Quelli che (larghissima maggioranza) non se ne occupano perché la faccenda non li tocca. Dirò meglio: non li tocca ancora.
Il campo di sterminio di Mauthausen fa impressione, sì, molta. Ma fanno impressione anche le fattorie intorno. Belle fattorie nel verde morbido della campagna austriaca. Gente “perbene” che mentre lì a mezzo chilometro si sterminavano moltitudini di innocenti non vedeva, non sapeva, faceva la gnorri. O complice o finta tonta, magari diceva “Uh, figurati!”, e anche: “Uh, che esagerazione!”, e magari: “Guarda che simpatico il tipo con la Nutella!”. Ecco un’altra cosa che somiglia al fascismo, quello di ieri e quello di oggi. Prima tragedia, poi farsa, ma anche post-farsa, speriamo non pre-tragedia eccetera eccetera.
Che poi, se andate a chiederlo a uno che sta su un canotto in mezzo al mare perché scappa da Mauthausen, e che si vuole rimandare a Mauthausen perché “prima gli italiani”, state certi che all’aspetto farsa lui non ci crede per niente. Perché il fascismo, anche in caricatura, in bozzetto, in parodia o in felpa, per qualcuno è sempre tragedia.
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