Il ministro se la prende con i professori e i filosofi del niente Non
sono stato citato per nome e cognome ma nell’ultima audizione alla
Camera sul federalismo fiscale e il regionalismo differenziato il
ministro della Salute ha parlato di critiche, anche “massacranti”, che
le sono pervenute da “professori, filosofi del niente”.
...Come si dice “non si nasce imparati” e non basta
fare il medico legale all’Inps per essere ministri della salute. Per
questo servono i professori e i filosofi. Lei, anche se come ministro è
stata “nominata” da un movimento nuovo e importante, un movimento che mi
ha fatto sperare nella famosa “discontinuità”, non è in alcun modo
un’eccezione a questa tradizione.
Lei è intellettualmente uguale, a
coloro che hanno ridotto la sanità a come è ridotta e la sua audizione,
di cui ora mi occuperò, lo conferma...
quotidianosanità.it Ivan Cavicchi
Chissà se il
riferimento era anche al sottoscritto…Proviamo allora a parlare un po’
di filosofia “Io sono stata criticata, massacrata, insultata da
professori, filosofi del niente”,così si è lamentata, a proposito di
regionalismo differenziato, il nostro ministro della salute, nel corso
di una audizione avvenuta davanti a senatori e a deputati, mercoledì 10
aprile 2019, ospite della commissione per l’attuazione del federalismo
fiscale. Grazie a QS (10 aprile 2019) che, con il solito spirito di
servizio, ha pubblicato il video dell’audizione anche “i professori,
filosofi del niente” hanno potuto seguire la relazione del ministro e il
dibattito che ne è seguito. La relazione è a disposizione. Vi consiglio
di fare altrettanto. Vale più di mille analisi e di mille discorsi. Vi
avverto: non è esattamente come vedere un action movies con Bruce Willis
ma se avete la curiosità di conoscere meglio il nostro ministro della
salute, le sue politiche sanitarie, e il suo modo di pensare la
politica, vi assicuro che non perderete il vostro tempo. I filosofi del
niente (Primo omaggio filosofico al ministro Grillo) Circa il “filosofo
del niente” vorrei rispondere, al ministro Grillo, ma offrendole un
pensiero filosofico, chiarendo, in premessa, che il “niente” non esiste
quindi non è una realtà.
Esso può essere solo un concetto filosofico che
tenta di esprimere l’essere che non c’è, ma già immaginare il niente
con un concetto non è impresa facile appunto ci vuole immaginazione e
non tutti ce l’hanno: -se il ministro dichiara di essere stata offesa da
un “filosofo del niente” logica vuole che il ministro, lei per prima,
debba essere considerata “niente”. Chi si occupa del niente non può
criticare qualcosa che c’è, – il ministro per definire un “filosofo del
niente” deve concepire il niente come un essere, ma ciò facendo, cade
nel non senso: l’idea che qualcosa, sia esso ministro o filosofo, esca
fuori dal nulla è priva di senso perché contiene in sé l’errore logico di
considerare il nulla un essere. Il niente non è niente. Mi spiego
meglio: una critica ad un ministro non può venire dalniente, non è
possibile lamentarsi del niente, cioè qualcosa non può cominciare ad
esistere all’improvviso. Se esiste un ministro allora la critica non è
sul niente ma sul ministro, – quindi se il ministro esiste ed esiste il
Def, il federalismo differenziato, le mutue, il patto per la salute,
allora chi si occupa di tutto ciò, quindi di tutto ciò che esiste, non
può essere che un “filosofo di ciò che esiste”. Come sosteneva Parmenide
l’essere non è possibile che non sia e il non essere non è mai in
nessun caso. Troppo comodo dire “niente” quando si è criticati “per
qualcosa”. Non crede ministro? L’essere e il nulla (*) (Secondo omaggio
filosofico al ministro Grillo) Signor ministro non sono tipo che alle
sue parole, risponde affrettandosi ad appuntarsi sul petto le medaglie
al valore conquistate in tante battaglie. Non ne ho bisogno. Ma una
suggestione, legata oggettivamente alla nostra differenza generazionale e
non solo, mi fa venire in mentre, restando nell’ambito dell’omaggio
filosofico, “l’essere e il nulla”: – l’essere una storia in questa
sanità che ha contribuito a costruire e che difende ormai da 40 anni, ce
l’ha, il nulla 15/4/2019 Il ministro se la prende con i professori e i
filosofi del niente
www.quotidianosanita.it/stampa_articolo.php?articolo_id=73092 2/5 no, –
l’essere un pensiero per tirare avanti con questa sanità ce l’ha, il
nulla no, – l’essere può vantare una lunga esperienza politica e
intellettuale, il nulla no. Secondo il mio punto di vista, sia chiaro,
assodato che il niente non esiste, lei è un ministro con poca storia,
con poca esperienza, con un pensiero debole, né più e né meno di molti
ministri che sono venuti prima di lei, per cui per me lei resta
ontologicamente un ministro. Purtroppo. Quindi in nessun caso potrò mai
dire che lei è “un ministro del niente” altrimenti se lei fosse niente
non potrei criticarla. Siccome lei esiste, esiste il problema e se
esiste il problema esiste la critica al problema. Supponendo che il
problema siano le sue incompetenze e incapacità, fermo restando dei
valori assoluti da difendere da esse, mi dia una sola ragione plausibile
per farmi tacere. I ministri come lei, proprio come tutto quello che
esiste, non vengono mai dal niente, sono tutti “nominati” dalla politica
e in genere provengono, salvo eccezioni, sempre da una tradizione di
clamorosa incompetenza.
Come si dice “non si nasce imparati” e non basta
fare il medico legale all’Inps per essere ministri della salute. Per
questo servono i professori e i filosofi. Lei, anche se come ministro è
stata “nominata” da un movimento nuovo e importante, un movimento che mi
ha fatto sperare nella famosa “discontinuità”, non è in alcun modo
un’eccezione a questa tradizione. Lei è intellettualmente uguale, a
coloro che hanno ridotto la sanità a come è ridotta e la sua audizione,
di cui ora mi occuperò, lo conferma. L’audizione Prima di valutare
l’audizione vorrei ricordare due cose che: – chi ha ospitato ed ha
convocato il ministro Grillo è “la commissione per l’attuazione del
federalismo fiscale” – l’odg, cioè la questione per la quale il ministro
Grillo è stato convocato è: “attuazione e prospettive del federalismo
fiscale e sulle procedure in atto per la definizione delle intese ai
sensi dell’art 116 terzo comma della Costituzione”. Il rapporto tra
“federalismo fiscale e il regionalismo differenziato”, oggetto
dell’incontro, ricordo è uno dei nodi principali, se non il nodo per
antonomasia, del regionalismo differenziato. Siccome la natura finale
del sistema viene a dipendere dal modo come esso è finanziato si tratta
di definire la metodologia di finanziamento. Il federalismo fiscale,
come è noto, è una metodologia di finanziamento. Esso è un sistema di
riscossione delle imposte gestito autonomamente dagli enti locali,
Introdotto con l’art. 119 della Costituzione, che permette loro di avere
una propria autonomia finanziaria di entrata e di spesa. Federalismo
fiscale e fabbisogni standard, ma che roba è? Il ministro Grillo,
nell’audizione, avrebbe dovuto parlare quindi di federalismo fiscale, ma
con mia grande sorpresa, sconcerto e mi sia concesso anche con
disappunto, (l’incompetenza non è mai un bello spettacolo) di tale
questione, nella relazione del il ministro, non c’è traccia, neanche una
parola, mentre per gran parte, essa, si limita a descrivere i problemi
dei costi standard. L’impressione è che Il ministro o chi ha scritto per
lei la relazione, abbia preso fischi per fiaschi. O se no, abbia
pericolosamente ridotto una questione complessa alla più assurda
banalità. In nessun modo signor ministro il federalismo fiscale è
riducibile ai costi standard. Esso è ben altro. Giusto per ricordare al
ministro di cosa avrebbe dovuto parlare, vorrei riferirmi al dossier
preparato dal servizio studi del Senato “Il processo di attuazione del
regionalismo differenziato” (n° 104 febbraio 2019) dove sono riportate
le pre-intese tra regioni e governo, nelle quali, è indicata proprio la
metodologia per dare corso al federalismo fiscale. Come mai il ministro
Grillo, a questo proposito, non dice niente mostrando di non conoscere
neanche la documentazione? Nelle pre-intese, a proposito di federalismo
fiscale, sono previste due fasi: – nella prima funziona il parametro
della “spesa storica”, – nella seconda fase la spesa storica viene
superata e sostituita con il criterio dei “fabbisogni standard”. Cosa
pensa il ministro della salute di questo passaggio? Vuole dire signor
ministro, alla commissione quali problemi il federalismo fiscale pone
alla sanità e in particolare quali problemi pone il passaggio dalla
spesa storica ai fabbisogni standard? 15/4/2019 Il ministro se la prende
con i professori e i filosofi del niente
www.quotidianosanita.it/stampa_articolo.php?articolo_id=73092 3/5
Fabbisogni standard e costi standard A rendere ancor più sconcertante la
comunicazione del ministro Grillo, nel corso dell’esposizione
interviene un altro vistoso fraintendimento, il ministro nella sua
relazione, parla solo di “costi standard” mentre la metodologia relativa
al federalismo fiscale richiamata nelle pre-intese, parla
specificatamente di “fabbisogni standard”. Forse il ministro non lo sa
ma sono due cose diverse: – i fabbisogni standard nelle pre-intese, sono
misurati in relazione alla popolazioneresidente e al gettitodei tributi
maturati nel territorio regionale in rapporto ai rispettivi valori
nazionali, – i costi standard, signor ministro, sono costi di produzione
ottenuti supponendo condizioni operative normali. Lei signor ministro,
in audizione, anziché parlare di costi standard avrebbe dovuto parlare
di come, il federalismo fiscale si riferisce ai fabbisogni standard e
magari spiegare alla commissione, come misurarli cioè con quali criteri e
di come garantire, attraverso di essi, l’universalismo del sistema.
Invece lei ha confuso il rapporto tra bisogni/risorse con i costi delle
prestazioni o, come lei ha precisato, di classi di prestazioni, dando
quasi per scontato che tali costi fossero facilmente standardizzabili.
Quando in realtà, come lei dovrebbe sapere, non lo sono. La
standardizzazione in sanità è sempre una approssimazione. Essa pone
sempre un problema di equità, vero signor ministro? Me lo lasci dire,
signor ministro, se lei anziché riferire ad una commissione parlamentare
si fosse trovata a sostenere un esame all’università, sul federalismo
fiscale, mi avrebbe costretto a bocciarla. Le avrei detto “lei non ha
studiato. Torni la prossima sessione ” Non aggiungo altro, mi sia
permesso però, di sottolineare la gravità di un ministro che mostra al
confronto con il parlamento di non conoscere le materie di cui si
occupa. Regionalismo differenziato Vediamo ora cosa ha detto il ministro
Grillo alla commissione a proposito di regionalismo differenziato.
Mettendo insieme la relazione con le risposte alle domande ricevute, il
ministro ha detto chiaramente che: – lei è d’accordo per fare il
regionalismo differenziato, – le regioni hanno buoni motivi per chiedere
maggiore autonomia, – tutte le responsabilità politiche di questa
situazione sono da ricondurre ai governi precedenti, – i governi
precedenti sono colpevoli di non aver risolto i problemi delle regioni
costringendole ob torto collo a rivendicare maggiore autonomia – altre
responsabilità politiche sono da ricondurre all’opposizione dei
sindacati che a sentire il ministro avrebbero ostacolato ogni ricerca di
soluzione, – ancora altre, questa volta riferendosi alla bollinatura,
sono attribuibili a resistenze interne alle istituzioni. Insomma la
teoria del ministro è: – io sono del tutto innocente, – le regioni hanno
ragione, – le loro richieste vanno assecondate concedendo loro quello
che chiedono (il problema c’è), per il ministro Grillo, non è di nessuna
importanza se facendo ciò: – salta il SSN, – il governo, quindi il suo,
rinuncia a fare il governo cioè a mettere in campo altre politiche, – e
che saltando il parlamento si fa una specie di colpo di mano. Una
follia politica Per questo geniale ministro in sostanza, il regionalismo
differenziato è come un indennizzo politico, cioè si tratta di togliere
poteri al governo, perché in passato è stato cattivo, per “versarli”
sul conto delle regioni a titolo di risarcimento e permettere loro di
risolvere i loro problemi. Siamo in pieno “non sense”. Ditemi voi se
questo è un ragionamento che un ministro della salute può fare in
parlamento. Siccome il governo non è stato capace di guidare le regioni e
siccome “il problema c’è”, d’ora in poi alle regioni dico che possono
fare quello che vogliono, quanto al governo che vada a farsi benedire.
La follia diventa farsa quando il ministro alla commissione spiega le
condizioni alle quali secondo lei il regionalismo differenziato dovrà
essere sottoposto: 15/4/2019 Il ministro se la prende con i professori e
i filosofi del niente
www.quotidianosanita.it/stampa_articolo.php?articolo_id=73092 4/5 – le
regioni dovranno in ogni caso rispettare i principi dell’unitarietà e
dell’universalità”, – ai maggiori poteri delle regioni dovrà
corrispondere un maggiore controllo da parte del governo. Ma scusi
signor ministro, non le voglio ripetere quello che ho scritto tante
volte, e cioè, che il regionalismo differenziato, come è prefigurato
nelle intese già intercorse tra regioni e governo, è fatto apposta per: –
superare sia il principio dell’unitarietà che quello dell’universalità,
– per sganciarsi dal controllo dello Stato centrale. Se lei, signor
ministro, davvero crede alle due condizioni che ha posto, mi permetta di
suggerirle che lei avrebbe dovuto spiegare alla commissione la
necessità di fissare due semplici principi: – in nessun caso è
consentito nella definizione del federalismo fiscale sostituire quale
criterio per l’attribuzione e l’allocazione delle risorse alle regioni
il criterio del diritto, cioè le risorse vanno date sempre in ragione
delle necessità di salute della comunità, solo il diritto è garanzia di
universalità – in nessun caso è consentito alle regioni di disobbedire
alle leggi di principio e a quelle varate dal parlamento, cioè in nessun
caso è consentito alle regioni il laissez faire cioè di
confondereautonomia con autarchia. Senza poteri solo chiacchiere
Possibile mai, benedetta ministro, che non riesca a comprendere che se
lei come governo perderà poteri poi non avrà i poteri che le serviranno
per garantire i valori che, a parole, dice di voler difendere? Ma si
rende conto o no, che già ora il suo ministero è un guscio vuoto o se
preferisce un eunuco castrato dalle forbici del Mef? Vuole perdere altri
poteri? Ma se così fosse ci dica per quale ragione dovremmo tenerci un
ministero per la salute? Ma torniamo alle sue affermazioni sulla difesa
dell‘universalismo e sul controllo centrale. Mi permetta di ricordarle
che nelle pre-intese a proposito di risorse finanziare i principali
criteri richiamati sono: – le risorse finanziarie saranno determinate in
termini di compartecipazione o riserva di aliquota al gettito di uno o
più tributi erariali maturati nel territorio regionale; – le risorse
dovranno essere quantificate in modo da consentire alla regione di
finanziare integralmente le funzioni pubbliche attribuite (ai sensi
dell’art.119, quarto comma, Cost.). Signor ministro, lei che con troppa
facilità blatera di universalismo e di controllo centrale, sa cosa vuol
dire, per le regioni, finanziare integralmente la sanità con risorse
maturate nel territorio? Glielo dico io, vuol dire che lei, come
governo, non avrà nessun potere di intervento su di esse e che le sue
leggi nazionali non conteranno più niente e che con la sua
programmazione al massimo potrà farci la birra. Riascolti l’intervento
del senatore Errani e rifletta sulle sue parole. Mi creda se uno come
Errani arriva a dire, da regionalista convinto come lui non può non
essere, che non è d’accordo a concedere alle regioni di fare quello che
vogliono, allora vuol dire che il rischio di fare la frittata è proprio
grosso. La crisi dell’ordinario Lei signor ministro, nei nostri passati
rapporti, non mi ha voluto ascoltare e le nostre strade si sono, come
era ovvio, divaricate. Oggi lei per me è un pericolo per la tenuta della
sanità pubblica perché per non bagnarsi con la pioggia ci vuole
qualcuno che sia capace di tirare fuori l’ombrello. Lei questo ombrello
mostra di non averlo. Appena eletta la prima cosa che ha fatto è stato
prendere le distanze da un pensiero di riforma, percepito evidentemente
come un possibile limite alla sua autonomia di ministro, per cui da sola
si è definita il “ministro dell’ordinario”. Nella sua audizione ho
notato che il suo linguaggio in 10 mesi di ministro è molto cambiato.
Oggi lei dice, (ripeto vedete il video o leggete la relazione), che
serve una “manutenzione straordinaria” che “bisogna cambiare la
prospettiva” che “dobbiamo abbandonare i vecchi schemi” fino a dire, ed
io sono d’accordo con lei, che la “spending review non basta”. Ancora
non è arrivata alla parola “riforma” ma ci arriverà è solo questione di
tempo. Ma come? Che fine ha fatto la sua linea sull’ordinario? Solo una
principiante come lei, poteva credere di governare la sanità con gli
spot e i twitter. Nell’audizione si è persino lamentata che non ha
poteri per intervenire negli ospedali, e allora mi spieghi che ci va a
fare? Cosa crede, che il regionalismo differenziato le darà i poteri per
intervenire negli ospedali? A meno di non essere in barella, con il
regionalismo differenziato, neanche un ministro potrà mettere piede in
ospedale. Conclusione 15/4/2019 Il ministro se la prende con i
professori e i filosofi del niente
www.quotidianosanita.it/stampa_articolo.php?articolo_id=73092 5/5 “Def
2019. Confermata la crescita del Pil dello 0,2% per il 2019. L’incidenza
della spesa sanitaria sul Pil scende fino al 6,4% nel 2022”.E’ il
titolo di QS dell’ 11 aprile. Si ricorda signor ministro, quando nella
sua stanza, mi sforzavo di spiegarle che il rischio che lei doveva
evitare era quello di presentarsi a Tria solo come un ministro di spesa,
cioè un ministro che si limita a chiedere soldi? Sostenevo che la
natura incrementale della spesa era più forte e veloce della crescita
economica. Tentavo di convincerla a dotarsi di una forte e intelligente
strategia per la sostenibilità (non entro nei particolari ma presto
avremo modo di approfondirli). Lei non ha voluto darmi retta e questa
strategia il famoso “ombrello” oggi, che le cose vanno male, non ce
l’ha, perché si è rifiutata di averla quando avrebbe potuta averla.
Ebbene questa è la vera responsabilità politica che le addebito. Oggi se
metto insieme la crisi economica, il regionalismo differenziato e la
sua idea di seconda gamba, la vedo proprio brutta. Ma mi creda non sono i
problemi che mi preoccupano, ma sono coloro che come lei dovrebbero
risolverli e che non hanno nessuna idea seria di come farlo. Oggi il
problema, per me, non è la tempesta, ne abbiamo superate altre e non
meno veementi, ma il capitano che non sa distinguere i costi standard
dai fabbisogni standard, che in parlamento fa scena muta sul federalismo
fiscale, che non comprende cosa davvero voglia dire per la sanità il
regionalismo differenziato. Se questo SSN è andato avanti per 40 anni è
perché “professori, filosofi del niente” come me, si sono battuti contro
“esseri” (esseri per l’ontologia, ministri per la politica) come lei
cioè contro l’incompetenza, il velleitarismo, l’avventurismo. Sa quale
è, signor ministro, il mio vero disagio, ma anche quello di molti altri
miei colleghi, nei suoi confronti? Le rispondo da filosofo che, le
ripeto, ha visto nel suo movimento una speranza di cambiamento: è
trovarmi di fronte, mio malgrado, ad una grande contraddizione che senza
scomodare la schizofrenia, definirei tra “contenuto” e “contenitore”.
Se lei anziché essere stata un ministro “nominato”, ribadisco “nominato”
(se fosse dipeso dalla sanità lei mi creda sarebbe rimasta all’Inps) da
Di Maio, fosse stata un ministro nominato da Berlusconi, da Monti, da
Renzi, ecc., il mio disagio come per incanto sparirebbe. Diventando lei
un normalissimo ministro incompetente, tutto rientrerebbe nella
normalità.
“L’essere e il nulla”è un saggio di ontologia fenomenologica pubblicato da Jean-Paul Sartre nel 1943.
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giovedì 25 aprile 2019
Il Ministro se la prende con i professori e i filosofi del niente.
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