Il moto della storia non è ciclico, né rettilineo, né ottimisticamente progressivo, si dispiega sinuosamente come una spirale.
- di Alessandra Ciattini 09/02/2019
Luciano Canfora è un instancabile produttore di libri,
con i quali analizza il passato e il presente, cercando anche di
individuare i passi, i ritmi, i movimenti attraverso cui dal primo si
passa tormentosamente e tortuosamente al secondo, nel quale persistono
elementi antichi, ma senz’altro profondamente trasmutati e rielaborati
secondo un modo di procedere che sembra accomunare fasi storiche assai
diverse nel loro dipanarsi.
Nella sua più recente pubblicazione La scopa di Don Abbondio. Il moto violento della storia [1](Laterza 2018), richiamandosi a Guerra e pace di Lev Tolstoj,
Canfora sottolinea che per il grande scrittore russo ogni divisione
del corso storico in eventi discreti costituisce un’operazione
arbitraria, giacché a suo parere quest’ultimo si caratterizza per
“l’assoluta continuità del moto”, inconcepibile per la mente umana.
Questa concezione della storia è radicata nella convinzione che essa
sia un prodotto collettivo creato dall’azione delle grandi masse che si
va a concretare in episodi o personaggi precisi, come la Grande
Rivoluzione o Napoleone.
Questo flusso continuo non si dispiega in maniera
rettilinea [2] né segue il monotono ritmo dell’eterno ritorno;
assomiglia piuttosto ad una spirale, figura metaforica di sapore certamente hegeliano,
che descrive un processo irreversibile che non ritorna mai su se
stesso, ma che nell’avanzare si trasmuta senza liberarsi completamente
delle scorie precedenti.
Secondo lo storico italiano un buon esempio di questa tendenza è rappresentato dalle forme di fascismo contemporaneo
che, avvantaggiatosi dal totale sbriciolamento della cosiddetta
sinistra non più sensibile ai bisogni delle masse popolari, si fonda
sul predominio del capitale finanziario esercitato dai funzionari non
eletti che governano la Unione Europea. Come molti
eventi mostrano (per esempio la Brexit), la fatidica unione suscita
odio e riprovazione ed è considerata causa del peggioramento delle
condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari; sentimenti che
essa si merita se – come ci ricorda Canfora – Claude Juncker, ex primo
ministro di un paradiso fiscale (Lussemburgo), passato per tutte le più
importanti istituzioni finanziarie, è arrivato al punto di dichiarare
che, durante la crisi del 2015, le potenze europee, in primis
la Germania, hanno oltraggiato la dignità del popolo greco, non
rispettando “democraticamente” la sua volontà e ingoiandosi gran parte
delle sue risorse.
Per l’insipienza, per l’opportunismo della cosiddetta sinistra la questione delle disuguaglianze sociali,
divenuta ormai un motivo centrale delle “gravi e serie” riflessioni di
famosi analisti politici (sempre i soliti), si è trasformata in un
cavallo di battaglia della destra, sia quella nostrana, che difende i
piccoli imprenditori del Nordest, che quella francese, tedesca etc., le
quali non esitano a richiamarsi allo spregevole nazi-fascismo.
E paradossalmente su questo punto vi sono
convergenze con forze di sinistra più autentiche come il Partito
comunista francese e Jean-Luc Mélenchon [3], che però hanno tutto un
altro atteggiamento verso il problema dei migranti da quello assunto
dalla destra risorta in tutta Europa.
Un altro elemento visibile e tangibile irrita le masse adeguatamente indirizzate in questo senso: il fenomeno migratorio
provocato nelle varie regioni del mondo dalle dinamiche
dell’accumulazione capitalistica, che possono fondarsi sulle guerre,
sul saccheggio delle risorse ambientali oppure provocando
l’inabitabilità di un territorio. Le vere cause di esso sono taciute,
anche se per comprenderle, basterebbe accostare notizie forniteci una a
breve distanza dall’altra dalla televisione (fonte primaria di
informazione per la maggioranza della popolazione); mentre grande
rilievo è dato al pericolo che i migranti-invasori rappresenterebbero per gli europei, per il loro livello di vita e per il loro stesso retaggio culturale (soprattutto la religione).
Se a questo proposito la cosiddetta sinistra (Minniti) ora si mostra buonista, in passato non ha fatto politiche molto diverse
da quelle di bloccare l’accesso ai migranti decise dal tragicamente
ridicolo Salvini, il quale non sa che ci sono milioni di persone che
premono alle nostre porte e che i suoi divieti costituiscono solo un
fragile muro di carta. Solo la fine delle politiche di pervicace
spoliazione di questi popoli può ridimensionare la migrazione, ma
questo significherebbe la fine dell’imperialismo,
evento arduo solo a pensarlo. Per evitare tale rischio un tal Goffredo
Buccini – ricorda Canfora analizzando gli articoli apparsi sulla
stampa, che Émile Zola al tempo dell’affare Dreyfus, aveva definito
“immonda” – ha riproposto il capitalismo solidale; quello poi che i
missionari cattolici, complici dei colonizzatori, hanno sempre
dichiarato di perseguire, collaborando non poco allo sterminio dei
popoli extraeuropei.
Paradossalmente l’Europa, eterno aggressore e distruttore, sarebbe oggi costretta a rinserrarsi in una fortezza,
in cui chi viene da fuori non è un cittadino e in cui domina – come
auspicava il Füher – la Germania, sia pure con il fraterno appoggio
della Francia, come mostra il recente trattato di Aquisgrana.
Attraverso queste contorsioni – nella lettura di Canfora – si è affermato il fascismo contemporaneo ed ha fatto breccia tra gli sfruttati additando loro le false cause della
loro miserabile condizione, da cui esso stesso trae un vantaggio
immediato, innescando la possibilità di esiti catastrofici. Tale
comportamento è inquadrabile nelle celebri leggi della stupidità individuate da Carlo M. Cipolla, per il quale i nostri feroci padroni sarebbero dei banditi, perché ci danneggiano per ricavare un vantaggio personale, ma al contempo sarebbero degli stupidi
(le persone più pericolose al mondo) perché arrecandoci un danno alla
lunga fanno del male anche a loro stessi, acuendo i conflitti sino alla
massima tensione, forse sperando in qualche modo di salvarsi.
Credo valga anche per i governi populisti europei
quanto è stato osservato a proposito delle recenti manifestazioni di
protesta nel Nicaragua di Ortega:
il rifiuto delle misure neoliberali e antipopolari finisce con
l’essere orientato e alimentato dalla destra locale e dal Vaticano.
Ragione per la quale se la protesta spontanea ha un contenuto progressivo, la sua direzione le imprime un carattere regressivo.
Questo duplice aspetto della vicenda politica ne fa
qualcosa di assai complesso da decifrare ed apre alle possibilità che
la realizzazione dei progetti politici abbia esiti del tutto diversi da
quelli prefigurati, come del resto già osservava nel 1767 Adam
Ferguson individuando la legge delle conseguenze involontarie. Legge di cui si dovrebbe sempre tenere conto se si ha in mente un progetto trasformativo.
La validità di questa legge può esser ben
documentata dagli eventi ben analizzati da Canfora nel suo breve libro
(lui direbbe “libricino”), ma assai denso, che certo non possiamo
menzionare tutti nel dettaglio. Si tratta, per esempio, del conflitto
esploso nella Grande Guerra, il cui scopo era quello
di consentire alle potenze europee di spartirsi il mondo, consolidando
il loro potere su tutte le sue regioni, anche le più marginali. Nel far
questo, però, attizzarono una rivoluzione pericolosissima per la loro
stessa sopravvivenza, quella bolscevica. Allo stesso tempo, i
bolscevichi, che con il loro sommovimento si auguravano di sollecitare
un’analoga rivoluzione in Europa, furono disillusi, ma riuscirono a
dare impulso al processo di decolonizzazione, che però purtroppo è
stato ribaltato dal neocolonialismo.
Un altro fenomeno storico ben analizzato da Canfora è rappresentato dalle rivoluzioni, che scaturirebbero dalla costante ricerca dell’applicazione effettiva del principio di uguaglianza,
di cui era già cosciente un personaggio centrale della nostra storia
come Erodoto. Si tratta di un tema su cui lo storico italiano ha già
riflettuto, utilizzando in particolare il sottile metodo dell’analogia storica,
come quella relativa al parallelo tra Rivoluzione francese e
Rivoluzione russa, che dopo la fase radicale sprofondano entrambe nel
Termidoro, per sfociare poi in forme diverse di autoritarismo: il primo
impero di Napoleone e la dittatura degli operai e dei contadini,
caratterizzata dalla fusione tra il capo dello Stato e il segretario
del partito e alimentata dall’originaria matrice bizantina.
Secondo Canfora la complicata storia degli ultimi
decenni e il conseguente cambiamento di scenario internazionale ci
obbligano a ripensare a fondo le dinamiche soggiacenti al movimento
storico. Su questo tema scrive: “Tra il cupo fatalismo assertore
dell’eterno ritorno degli stessi fenomeni, sia pure con mutati
protagonisti, e il pervicace ottimismo degli assertori delle
inarrestabili ‘sorti progressive’, la lezione epocale della fine del
Novecento può – come avvenne anche in altre epoche – aprire una
prospettiva critica e realistica”. Prospettiva che deve fondarsi
sulla consapevolezza che le sconfitte nella battaglia per l’uguaglianza
non costituiscono e non possono costituire un autentico “ritorno al
punto di partenza e nessuna restaurazione è davvero tale”. E ciò perché
ogni rivoluzione introduce cambiamenti radicali nell’esistenza dei
singoli, che vengono assorbiti, digeriti e sedimentati fino a
costituire quella “struttura profonda” di un certo contesto storico,
che persiste però sempre venendo a patti con il mutamento. Se così si
dipana il percorso a spirale della storia nella riflessione di Canfora,
nonostante le brucianti débacles forse abbiamo fatto un altro passo per riprendere l’instancabile battaglia per l’affermazione dell’uguaglianza.
Note
[1] Per Don Abbondio la peste, descritta da A.
Manzoni, è stata come una scopa che ha avuto anche il merito di
spazzare via gente malvagia.
[2] Come alcuni sostennero durante la fase espansiva del capitalismo.
[3] Ricordiamoci che proviene dall’ala sinistra del
Partito socialista, strettamente legato a François Mitterand e ministro
del governo Jospin.
09/02/2019 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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