24 febbraio. Caracas si presenta così stamattina: soleggiata e immersa in quel caos tranquillo che la contraddistingue. Ma nell’aria si respira qualcosa di più: allegria, sensazione di sollievo. Perché quando l’impero statunitense minaccia, non c’è da nasconderselo, la paura viene. E quando il D-day, il giorno decisivo, quello degli aiuti umanitari che dovevano entrare in Venezuela, si trasforma in una sconfitta enorme per il golpe, c’è da gioire. Il chavismo è tutt’altro che morto, se ne faccia una ragione chi aveva già celebrato il suo funerale.
Caracas non è la città che descrivono i nostri media. Non c’è la guerra civile, non c’è la “più grande emergenza umanitaria della storia”. C’è la normalità della quotidianità, con le gioie e i tormenti che porta con sé.
Dare voce a questa normalità, per quanto possa sembrare assurdo, è uno dei compiti fondamentali per difendere il processo bolivariano, per restituirci la possibilità collettiva di un futuro che non sia sotto il tallone di ferro di chi ha dalla sua l’arroganza del potere.
Dare voce a questa normalità, per quanto possa sembrare assurdo, è uno dei compiti fondamentali per difendere il processo bolivariano, per restituirci la possibilità collettiva di un futuro che non sia sotto il tallone di ferro di chi ha dalla sua l’arroganza del potere.
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Questa è la stampa italiana. La notizia viene fuori da una agenzia olandese, poi tutti la rilanciano. Nessuno controlla la veridicità, la fonte. Le regole base del giornalismo vengono scientemente ignorate.
L’obiettivo, infatti, non è informare, ma confermare una idea previamente costruita: che in Venezuela c’è una dittatura feroce e spietata.
Bisogna far proseliti, costruire un pubblico che giustifichi un attacco militare, non costruire lettori informati e coscienti.
Non c’è neutralità e oggettività. C’è il prender partito. E se i grandi media internazionali sono strumento nelle mani dei golpisti, è solo un motivo in più per accelerare nella costruzione di una strategia comunicativa che sappia invece mettere al centro l’obiettivo di formare popoli coscienti. Un’opera titanica in cui ognuna/o di noi può e deve giocare la sua parte.
L’obiettivo, infatti, non è informare, ma confermare una idea previamente costruita: che in Venezuela c’è una dittatura feroce e spietata.
Bisogna far proseliti, costruire un pubblico che giustifichi un attacco militare, non costruire lettori informati e coscienti.
Non c’è neutralità e oggettività. C’è il prender partito. E se i grandi media internazionali sono strumento nelle mani dei golpisti, è solo un motivo in più per accelerare nella costruzione di una strategia comunicativa che sappia invece mettere al centro l’obiettivo di formare popoli coscienti. Un’opera titanica in cui ognuna/o di noi può e deve giocare la sua parte.
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MADURO HA BRUCIATO I CAMION CON GLI AIUTI UMANITARI?
I media internazionali dicono che ieri il cattivo Maduro avrebbe dato fuoco agli “aiuti umanitari” del buon Trump.
Questa è la verità che possiamo leggere oggi.
Sicuri sia questa LA verità?
Non crediamo al nemico: inventa, mente, dipinge un “mondo al contrario”, per dirla con Galeano.
Queste immagini parlano chiaro.
Chi ha bruciato i camion? Gli stessi golpisti! “Falsos positivos” li chiamano. Commettono crimini e danno la colpa a Maduro. L’opinione pubblica, ingannata, si indigna. E si predispone con favore all’aggressione militare.
Non cadiamo nell’inganno! Siamo anticorpi, non complici!
I media internazionali dicono che ieri il cattivo Maduro avrebbe dato fuoco agli “aiuti umanitari” del buon Trump.
Questa è la verità che possiamo leggere oggi.
Sicuri sia questa LA verità?
Non crediamo al nemico: inventa, mente, dipinge un “mondo al contrario”, per dirla con Galeano.
Queste immagini parlano chiaro.
Chi ha bruciato i camion? Gli stessi golpisti! “Falsos positivos” li chiamano. Commettono crimini e danno la colpa a Maduro. L’opinione pubblica, ingannata, si indigna. E si predispone con favore all’aggressione militare.
Non cadiamo nell’inganno! Siamo anticorpi, non complici!
Hands off Venezuela!
25 febbraio
Chi sono i pacifici manifestanti anti-Maduro? Si tratta di una insorgenza spontanea?
Questi nel video sono “guarimberos” dal lato colombiano della frontiera. Sabato 23 febbraio, il D-Day dei golpisti, hanno provato ad entrare in territorio venezuelano. Accompagnati dalle forze armate colombiane.
Né pacifici, né spontanei. I “guarimberos” sono la carne che USA e paesi satellite vogliono mandare al massacro. Sono la maschera di una presunta insurrezione popolare, una maschera che serve vestire perché mandare in prima linea le divise militari farebbe crollare repentinamente il castello di bugie che da anni si sforzano di costruire.
Questi nel video sono “guarimberos” dal lato colombiano della frontiera. Sabato 23 febbraio, il D-Day dei golpisti, hanno provato ad entrare in territorio venezuelano. Accompagnati dalle forze armate colombiane.
Né pacifici, né spontanei. I “guarimberos” sono la carne che USA e paesi satellite vogliono mandare al massacro. Sono la maschera di una presunta insurrezione popolare, una maschera che serve vestire perché mandare in prima linea le divise militari farebbe crollare repentinamente il castello di bugie che da anni si sforzano di costruire.
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