Stefano Palmisano Avvocato ambientale e alimentare
Questa la sintesi estrema di uno studio del 1995 (P. H. Kahn e B. Friedman, citato su Internazionale dell’11 gennaio u.s., p. 38) su come i bambini di Houston percepivano l’inquinamento. Questo comporta che ogni generazione consideri altrettanto normale il costante aumento dei danni, anche letali, alla salute umana derivanti da quel degrado ambientale.
Tra le forme di inquinamento più nocive occupano ormai un posto d’onore i pesticidi e affini. Due anni fa, gli inviati speciali dell’Onu per il Diritto al cibo, Hilal Elver, e per le Sostanze tossiche, Baskut Tuncak, presentavano al Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni Unite un rapporto nel quale si indicano i graziosi doni dell’uso seriale di queste sostanze: “I pesticidi sono responsabili per un numero stimato di 200mila decessi all’anno per avvelenamento acuto, il 99% dei quali avvengono nei Paesi in via di sviluppo”.
Secondo gli autori, inoltre, è stato dimostrato scientificamente che “l’esposizione cronica ai pesticidi provoca cancro, il morbo di Alzheimer quello di Parkinson, disturbi ormonali, disturbi dello sviluppo e sterilità”. Inoltre, “questi composti chimici destabilizzano l’ecosistema, alterando addirittura il rapporto fra prede e predatori, e limitano la biodiversità.”
Una perdita di biodiversità, in atto su tutto il pianeta, che è ormai nota come sesta estinzione di massa.
Il recente numero di Internazionale si occupa, in particolare, degli effetti di questo fenomeno sugli insetti. Limitazione di biodiversità (che, certo, non è ascrivibile solo ai fitofarmaci) vuol dire dispersione di diversità; ma, anche e soprattutto, perdita di quantità di “bio”, di vita presente sul pianeta. Ed è curioso che in un mondo nel quale uno dei dogmi più universali è quello della crescita, una delle poche forme di decrescita, non proprio felice, disinvoltamente tollerate sia quella che riguarda la vita.
Questo bollettino di guerra sancito in un documento ufficiale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite colpisce ancor più giacché nello stesso rapporto si legge anche che “si ritiene comunemente che l’agricoltura intensiva industriale, che si basa pesantemente sui pesticidi, sia necessaria per aumentare i raccolti per sfamare una popolazione mondiale in crescita”. Un pregiudizio, secondo gli inviati dell’Onu: “l’utilizzo di più pesticidi non ha niente a che fare con il problema della fame.” Hilal Elver spiegava che, “secondo la Fao allo stato attuale produciamo alimenti in grado di sfamare 9 miliardi di persone. Un ulteriore aumento della produzione potrebbe essere d’aiuto ma il vero problema rimane la povertà, le disuguaglianze e la mancata ridistribuzione”. Niente di nuovo sotto il sole.
In questo scenario esaltante, si può rinvenire, anche qualche segnale di reazione, se non ancora di resistenza, da parte di qualche, più o meno sparuta, minoranza etica.
Per stare a questo Paese, è ancora in corso una rilevante petizione on line (nei limiti propri dello strumento virtuale) che mira a “tutelare le persone che vivono nelle zone agricole da pesticidi e diserbanti”. A quest’iniziativa di cittadinanza attiva, comunque meritoria, ha fatto da sponda istituzionale la parlamentare Rossella Muroni, che ha recentemente presentato una mozione mirante a impegnare il Governo, tra l’altro, “ad assumere iniziative normative a livello nazionale, oltre che iniziative in sede di Unione europea, volte a vietare, in maniera permanente, l’utilizzo dei pesticidi e dei diserbanti, in particolare il dannoso glifosato, in ambito agricolo, al fine di salvaguardare l’ambiente, la biodiversità, nonché la salute pubblica”.
Naturalmente, non è il caso di riporre particolari affidamenti sulla sensibilità ecologica, se non ecologista, neanche di questo esecutivo, in ottima continuità con i suoi predecessori. Si sta parlando, infatti, del Governo che – per rimanere allo stretto ambito delle questioni ambientali – si è già coperto di gloria con l’autorizzazione allo sversamento dei fanghi tossici in agricoltura, creativamente occultata nel “decreto Genova”. Ma c’è altro.
Il ministero della Salute ha autorizzato anche la commercializzazione del diserbante Benta 480 SL, 48% Bentazone, da impiegare su mais e riso, bandito alla fine degli anni 80 e oggi vietato in alcune Regioni; e in altre potrebbe esserlo a breve. Un bando che probabilmente ha qualcosa a che fare, tra l’altro, con “la valutazione inter pares dell’Efsa che ha proposto di classificare la sostanza attiva bentazone tra quelle tossiche per la riproduzione.” Questo si legge nei “considerando” di una risoluzione, approvata poco più di due anni fa, con cui il Parlamento europeo chiedeva alla Commissione europea, sulla base di quel pronunciamento Efsa e di vari altri analoghi profili di rischio collegati a questa sostanza chimica, “di ritirare il progetto di regolamento di esecuzione (sull’approvazione del bentazone, nda) e di presentare al comitato un nuovo progetto”. Richiesta risultata tristemente vana giacché, anche in questo caso, la Commissione non negava il suo lasciapassare al prodotto chimico sub iudice.
La sesta estinzione di massa non sarà provocata esclusivamente dai pesticidi. Ma, forse, non è neanche solo colpa del destino cinico e baro.
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