sabato 9 dicembre 2017

Libro. Sul voto di scambio politico-mafioso e altri racconti di questa nostra Italia.

"Molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più.
 

Vuole una conferma di quanto dico? Confronti il voto che gli italiani hanno dato in occasione dei referendum e quello delle normali elezioni politiche e amministrative. Il voto ai referendum non comporta favori, non coinvolge rapporti clientelari, non mette in gioco e non mobilita candidati e interessi privati o di un gruppo o di parte. È un voto assolutamente libero da questo genere di condizionamenti. Ebbene, sia nel '74 per il divorzio, sia, ancor di più, nell'81 per l'aborto, gli italiani hanno fornito l'immagine di un paese liberissimo e moderno, hanno dato un voto di progresso. Al Nord come al Sud, nelle città come nelle campagne, nei quartieri borghesi come in quelli operai e proletari. Nelle elezioni politiche e amministrative il quadro cambia, anche a distanza di poche settimane".
Ecco... queste le parole trentasei anni fa di qualcuno che certo non può definirsi "antipolitico", come Enrico Berlinguer nell'intervista che ha fatto storia su la questione morale.

La stessa intervista che, rileggendone brani sempre con la stessa emozione, trovo citata in un libro in uscita oggi sul tema più che mai attuale del "voto di scambio politico mafioso".
Libro presentato nella fiera dell'editoria indipendente a Roma "Più libri più liberi" alla Nuvola di Fuksas dal 6 al 10 dicembre.
Si tratta de "Il voto di scambio politico-mafioso" di Mario Michele Giarrusso e Andrea Leccese e, se solo si va oltre lo schema mentale che codifica il primo autore nella categoria dei senatori pentastellati, ma si amplia al fatto che sia un componente della Commissione Antimafia che di mafia ne sappia davvero, così come che Andrea Leccese sia scrittore di questi temi da sempre (già vincitore del Premio Borsellino), il breve e intenso pamphlet su un tema cosi scottante e attuale, riveste un interesse importante per chiunque abbia a cuore la rinascita politica del nostro paese.
Rinascita che ormai credo sia chiaro a tutti debba passare, in primis, da quella morale e, soprattutto, culturale.
"La mafia, è un fatto notorio, controlla gran parte dei voti in Sicilia", diceva Giovanni Falcone ma ad oggi, è notorio che la linea della palma si sia allargata e allungata a tutto il nostro paese e nei luoghi più impensati e insospettabili.
Così come è vero che, come sostiene Nando Dalla Chiesa: "La vera forza della mafia sta fuori dalla mafia".
Ecco, questo breve saggio, scritto in un linguaggio chiaro e comprensibile anche per i non addetti alle questioni politiche e normative più complesse della macchina amministrativa e legale delle nostre Istituzioni, punta il dito sul fatto che a oggi la criminalità di tipo mafioso ci appare come un sistema plutocratico basato su una fitta rete d'illecite relazioni di ogni genere.
Un sistema dove "se la mafia avesse potuto contare solo sui mafiosi, i tanti duri colpi subiti l'avrebbero azzerata".
Qualcosa, insomma, di cui tutti in primis dobbiamo sentirci responsabili per la permeabilità che con comportamenti complici e funzionali dello Stato ,ma anche di noi semplici cittadini viene fornita, facendo contare proprio il sistema mafioso su territori umani ben più estesi della stretta cerchia criminale.
Da qui la disamina delle vicende del 416 ter della legge 1992, all'indomani delle stragi di Capaci e via D'Amelio, che sanzionava la fattispecie del reato denominata "Scambio elettorale politico-mafioso", fino alla sua modifica, ritenuta inefficace e "zoppa", comprensiva di una proposta lanciata per renderla maggiormente incisiva e sulla quale è importante discutere.
Ma, il filo interessante del racconto è la rappresentazione lineare di quanto tutto questo fare e non fare delle nostre istituzioni debba essere sostenuto, a oggi, dalla presa di coscienza di tutti noi che non ci si possa più nascondere dietro un dito che la coabitazione tra mafia e politica, alimentata da consistenti vantaggi reciproci, è un male ormai "strutturale" e non accidentale.
Una convivenza che ha perfino caratterizzato vicende istituzionali al livello più alto del potere politico.
La considerazione importante, quindi, che la lotta alla mafia debba costituire una priorità assoluta per la politica, per la Buona Politica!
In primis colpendo con strumenti adeguati lo scambio elettorale politico-mafioso... quello che, come nelle parole storiche di Berlinguer citate all'inizio, ci mostra ancora cittadini liberi e rappresentanti di un paese moderno e culturalmente avanzato in situazioni come i referendum e diversi, completamente, in altre caratterizzate da voto legato a dinamiche territoriali e locali in altro tipo di consultazioni elettorali.
La descrizione di quello che appare dietro il mondo dello scambio di voto politico-mafioso anche come narrazione della storia attuale e recente della nostra Italia.
Storia purtroppo troppo spesso sconosciuta dalle generazioni dei nostri giovani, per esempio, e che non può non essere bagaglio per la formazione di un pensiero critico e politicamente corretto proprio per la nascita della "buona politica" e della "buona Italia" che vorremmo.
Basta provare a chiedere a un diciottenne che si appresta al voto se conosca, per esempio, Andreotti, la storia degli anni di piombo, le vicende di un maxi processo... o il significato di "trattativa Stato-Mafia"?
Sarà già un successo se il cuore del suddetto diciottenne sobbalzerà ai nomi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino... già sarà più difficile su quello di Peppino Impastato...
Diciamo che il suddetto battito tornerà normale e, purtroppo incolpevolmente indifferente, su quelli di nomi come Pio La Torre, Antonino Caponnetto, Beppe Alfano, Rosario Livatino, Dario Vassallo, Rocco Chinnici o decine e decine di altri ....
Troppo è stato dato per scontato. Troppo dimenticato, troppo non ricordato.
Quindi ben vengano libri come questi.

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