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Il caso della comunità beduina è lo specchio delle
politiche di trasferimento forzato nel deserto del Naqab. Dove ora ai
villaggi mai riconosciuti si aggiunge la revoca della cittadinanza
israeliana
della redazione
Roma, 4 ottobre 2017, Nena News – Probabilmente è un record:
ieri il villaggio beduino palestinese di Al Araqib, nel deserto del
Naqab, sud dello Stato di Israele, è stato demolito per la 119esima
volta in sette anni. La prima distruzione da parte dei bulldozer
israeliani risale al luglio 2010: da allora si sono susseguite con
frequenza regolare e senza sosta.
La popolazione di Al Araqib resiste, con difficoltà: delle 35 famiglie che vivevano nel villaggio,
già ampiamente ridotto dalla Nakba e da decenni di abbandono da parte
dello Stato – sebbene si tratti di cittadini israeliani – ne sono rimaste una ventina, circa 220 persone.
Al loro posto, gradualmente, il Jewish National Found – organizzazione
sionista che dal 1901 opera per impossessarsi delle terre nella
Palestina storica – pianta alberi, attività che porta avanti dall’inizio
del secolo scorso e che ha permesso in molti casi di cancellare le
tracce dei villaggi palestinesi distrutti nel 1948.
Al Araqib è uno dei target: ieri mattina, alle 7.15, i
bulldozer si sono ripresentati al villaggio, scortati dalle forze armate
e dalla polizia antisommossa. Hanno distrutto le strutture presenti,
tende e poco più, vista l’impossibilità di costruire edifici permanenti: “Hanno perquisito e distrutto tutto, ogni edificio, ogni casa”, ha detto a Al Jazeera Siyah al-Touri, uno dei leader della comunità.
“Vogliono cacciarci con la forza e non capiscono che siamo cittadini
dello Stato. Non ci riconoscono e se lo fanno non garantiscono i nostri
diritti”, ha aggiunto ricordando che le prime costruzioni risalgono al
1914, dunque tre decenni prima della nascita dello Stato di Israele, e
che i sei pozzi storici della comunità sono inutilizzabili perché chiusi
dalle autorità.
Oltre a ricostruire, Al Araqib si è rivolta anche alla
giustizia, ma i ricorsi sono stati rigettati: la corte non riconosce la
proprietà delle terre. A monte la confisca di massa che fu attuata negli
anni Cinquanta, quando i villaggi e le città palestinesi in Israele
vennero dichiarati zone militari chiuse. Ma anche la
particolare mappatura che le neonate autorità israeliane fecero del
territorio: la prima missione di funzionari e ingegneri israeliani, poco
dopo il 1948, disegnò le mappe ufficiali di una terra che il nuovo
Stato non conosceva, registrando zone agricole, fiumi, montagne, zone
industriali, villaggi. Delle comunità palestinesi rimaste in
piedi, circa 300, ne registrarono la metà, 150. E quando fu realizzata
una seconda mappatura, pochi anni dopo, Israele accusò i 150 villaggi
non registrati di essere illegali, costruiti dopo la fondazione dello
Stato.
Da allora sono villaggi non riconosciuti, da sette decenni
privati di qualsiasi tipo di servizio pubblico – dall’acqua
all’elettricità, dalla raccolta rifiuti al sistema fognario – e di piano
infrastrutturale. Al loro posto demolizioni e trasferimenti
forzati che colpiscono in modo particolarmente duro i beduini del Naqab,
200mila persone di cui quasi la metà è oggetto dell’interesse del piano
Prawer, programma di ricollocazione di 45 villaggi non riconosciuti in
sette township, al momento sospeso dopo le tante proteste palestinesi e
internazionali.
L’ultima “beffa” è stata raccontata dalla stampa locale nelle ultime
settimane, sebbene si tratti di un fenomeno in essere da almeno sette
anni, nel silenzio quasi totale: Israele sta revocando la
cittadinanza di migliaia di beduini palestinesi, parlando di un errore
commesso tra il 1948 e il 1952 quando quella cittadinanza, agli avi, non
andava riconosciuta. Di spiegazioni non ne vengono date, ma
sarebbero – secondo l’associazione Adalah, che tutela la minoranza araba
in Israele – già 2.600 i beduini palestinesi privati della
cittadinanza. Nena News
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sabato 7 ottobre 2017
Storia di Al Araqib, il villaggio beduino palestinese raso al suolo per 119 volte.L'ultima pochi giorni fa
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