mercoledì 11 ottobre 2017

Migranti. Anche l'archeologia sfrutta i migranti.

L'ultimo esempio è quello dell'area archeologica di Rosellae, che rivive grazie lavoro gratuito dei richiedenti asilo. Che con sempre maggiore frequenza vengono impiegati nella cura e valorizzazione del nostro patrimonio. Dalle indagini di scavo, perfino subacqueo, alla manutenzione, fino all'assistenza alle guide.

L'Espresso Manlio Lilli

Anche l'archeologia sfrutta i migrantiC'è un'area archeologica nella quale manca chi si occupi di tagliare l'erba oppure di accogliere i visitatori? No problem! Ci sono i migranti. Per il sito di Rosellae, nel grossetano, la soluzione è stata trovata. A prendersi cura dei resti della città romana, delle mura alte fino a cinque metri, del foro, del cardo maximus, della basilica forense e delle residenze signorili, oltre che di parti dell'anfiteatro e di impianti termali, saranno i cittadini stranieri richiedenti asilo.

A metà settembre c'è stata la firma del protocollo d'intesa per lo svolgimento di attività sociale tra la Prefettura di Grosseto e la Soprintendenza archeologica, belle Arti e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo e i rappresentanti dei tre settori gestori del servizio di accoglienza per richiedenti asilo nel territorio comunale del comune toscano.

“L'impiego di cittadini richiedenti asilo, su base esclusivamente volontaria, in attività gratuita di attività sociale forma invero da tempo una consolidata e collaudata best practice di azioni intraprese a livello territoriale su impulso dei Prefetti”, si legge nel comunicato della Prefettura di Grosseto, nel quale si spiega come “Tali iniziative nel quadro di un'azione unitaria e di sistema fortemente perseguita dal Ministero dell'Interno, hanno ricevuto un rinnovato e decisivo impulso con l'entrata in vigore del più recente Decreto Minniti-Orlando … Nella presente occasione, tuttavia, per la prima volta, Prefettura e Soprintendenza … hanno congiuntamente ideato una inedita formula organizzativa per orientare le possibili attività volontarie di utilità sociale da parte dei richiedenti asilo in accoglienza al conseguimento di una finalità diversa e ulteriore, di particolare e qualificato valore socio-culturale, riconducibile ai compiti e alle competenze istituzionali della Soprintendenza stessa”.


Il sito archeologico (foto LepoRello,...
Il sito archeologico (foto LepoRello, WikiMedia, Creative Commons)

Tutto chiaro. Senza possibilità di fraitendimenti. L'impiego avverrà su “base esclusivamente volontaria”, senza prevedere alcun compenso. Le attività “Saranno caratterizzate da qualificati compiti di valorizzazione e cura dei diversi complessi monumentali presenti nel sito, più specificatamente, interventi di cura e manutenzione aree, supporto al personale professionale incaricato di interventi di manutenzione, scavo e restauro, collaborazione con il personale preposto per attività di accoglienza, orientamento e informazione ai visitatori del sito”. I nuovi occupati “prima dell'invio presso il sito di Roselle riceveranno una formazione ad hoc e lo svolgimento dell'intera iniziativa progettuale sarà constantemente monitorato da una cabina di regia istituita presso la Prefettura di Grosseto”.

Ancora prima che venisse siglato, l'accodo è stato investito da feroci critiche. Si sono contrapposti critiche e cenni di plauso. A parte don Enzo Capitani, direttore della Caritas di Grosseto, per il quale si tratta di “un'azione che mette insieme lo spirito volontaristico … con la cura di un bene comune così prezioso ...”, sono stati in molti ad esprimere le loro contrarietà.

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L'“inedita formula” non è piaciuta a Antonfrancesco Vivarelli Colonna, sindaco indipendente di centro-destra di Grosseto e da gennaio anche Presidente della Provincia per il quale “l’utilizzo dei richiedenti asilo sotto qualsiasi forma, anche quella che può sembrare lodevole, è un gesto pericoloso che, secondo noi, legittima sul nostro territorio la presenza di migranti economici”. Sulla stessa lunghezza d'onda Mario Lolini, capogruppo della Lega Nord in consiglio comunale e CasaPound. Una vicenda che comunque è abbastanza esemplificativa. Da un lato, delle incertezze che continuano a sussistere sulla liceità dell'impiego dei richiedenti asilo in attività socialmente utili. Dall'altro, della nouvelle vague dell'archeologia, che dopo i volontari italiani sembra voler coinvolgere i migranti.

A ben guardare quella di Roselle è tutt'altro che una novità. In altre occasioni, i migranti sono stati variamente utilizzati in aree archeologiche. Poche settimane fa, insieme a studenti, docenti e archeologi, hanno preso parte alla terza campagna di scavo nell'insediamento dell'età del Bronzo di Monte Croce Guardia, ad Arcevia, nell'anconetano. Un'iniziativa di studio, ricerca, accoglienza e integrazione che ha visto la collaborazione tra il Centro Accoglienza Straordinaria Richiedenti Asilo di Arcevia “Le Terrazze”, il dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università Sapienza di Roma, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche, il Comune di Arcevia, l’Unione Montana Esino–Frasassi e il Parco Regionale della Gola della Rossa e di Frasassi e la Prefettura di Ancona. Probabilmente davvero “la prima esperienza italiana” in materia, come ha detto il sindaco Andrea Bomprezzi.

Risale infatti al settembre 2015 il protocollo, firmato dalla Prefettura di Ancona e dal Comune, che prevede il coinvolgimento di migranti nello scavo di Arcevia. Al 2015 risale anche l'esperienza di Sestino, nell'aretino, dove il Comune, in accordo con la Regione Toscana, l’associazione locale “Amo Sestino”, la Cooperativa “Agorà” e la Soprintendenza ai Beni archeologici toscani, impiega i migranti presenti nel “mantenimento delle aree archeologiche affiancati da operatori incaricati dalla amministrazione comunale”.

Risultati raggiunti? Innanzi tutto il recupero e pulizia dell'area di scavo archeologico cosiddetta "della Venere", con percorso di visita tramite la realizzazione di balaustra sospesa, ma anche realizzazione di due edizioni delle Notti dell'Archeologia presso il locale Museo archeologico e la Pieve di San Pancrazio. Il nome del progetto, “Volontaria-mente Sestino”, ne chiarisce lo spirito e le finalità, non lasciando dubbi sulla gratuità delle attività. Già perché qui i migranti non si occupano soltanto della “Cura dei beni culturali ed archeologici”, ma anche della “Formazione e supporto alle guide turistiche”.

Accanto ad esperienze replicate negli anni, come quelle di Arcevia e Sestino, ce ne sono di più episodiche. A maggio migranti provenienti da Ghana, Costa d’Avorio, Iran, Mali, Pakistan e Guinea, ospiti di alcuni centri accoglienza Sprar del Trapanese, hanno partecipato alla campagna di scavi sull'isola di Mothia, di fronte le saline di Marsala. Anche qui un Protocollo d'intesa, sottoscritto in questo caso dal Consorzio Solidalia insieme all'Università di Palermo, Soprintendenza ai Beni culturali di Trapani e Comune di Marsala. Nell'estate 2016, 30 giovani migranti africani, nell’ambito del piano ideato dal Comune fiorentino di San Casciano, ma sostenuto e coordinato dalla Prefettura di Firenze, si sono occupati della manutenzione del verde all'interno delle aree archeologiche di Ponterotto e via Collina. A febbraio 2016 un gruppo di migranti coinvolti dall'Associazione Ce.Sto-Giardini Luzzati Nuova Associazione si sono messi al lavoro per ripulire l'area archeologica adiacente ai Giardini, a Genova. Archeologia terrestre ma anche subacquea. A febbraio di quest'anno il progetto dei Blue Helmets of the Sea, promosso dalla Confèdèration Mondiale des Activitès Subaquatiques, Miur di Salerno, Mibact e Comunità Europea. Un progetto che prevede il coinvolgimento dei ragazzi migranti nel recupero dei beni archeologici in mare.

Contestualmente all'impiego in aree archeologiche i migranti sono stati accompagnati in siti di riconosciuto rilievo. A novembre 2015 l’Amministrazione Comunale ha accompagnato agli Scavi di Ercolano 40 migranti, provenienti da Ghana, Gambia, Mali e Nigeria, oltre che da Bangladesh e Pakistan, ospitati presso il Cpt di Ercolano, allestito presso l’ex Hotel Belvedere. A settembre di quest'anno i migranti del centro di prima accoglienza di Chilivani e quelli del progetto Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati di Porto Torres, beneficiando del progetto di The Others, la cooperativa che gestisce il centro di accoglienza di Chilivani, hanno visitato i siti archeologici della Rete Thàmus di Sassari.

Indagine di scavo, perfino subacqueo, manutenzione di aree archeologiche, assistenza alle guide. I migranti con sempre maggiore frequenza vengono impiegati nella cura e valorizzazione del nostro patrimonio. Lavorano in virtù di protocolli e progetti che vedono coinvolte istituzioni locali e nazionali insieme ad associazioni e cooperative. Lavorano, soprattutto, senza compensi. Il dubbio che in fondo sia questo elemento, più che la sbandierata integrazione, a determinarne l'utilizzo dove viene a mancare forza-lavoro si rafforza sempre più. Mente si parla di ius soli come di una battaglia di civiltà, perseguire politiche di questo tipo nei confronti dei migranti sarebbe scellerato.

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